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mangiardi roccoParla Rocco Mangiardi
di Massimo Alberti
“E’ come se un chirurgo chiedesse al suo paziente di portarsi le forbici”. Rocco Mangiardi è uno dei due imprenditori calabresi – l’altro è Pino Masciari – testimoni di giustizia contro la ‘ndrangheta a cui il governo ha comunicato che dovranno comprarsi l’auto per la scorta.

Titolare di un negozio di autoricambi a Lamezia Terme, nel 2006 subì un tentativo di estorsione che immediatamente denunciò, testimoniando in tribunale e facendo condannare i boss della ‘ndrangheta. Per questo dal 2009 è stato messo sotto tutela.

Ha continuato a ricevere minacce ma via via si è visto ridurre la scorta: prima un’auto blindata, poi una non blindata con due agenti, poi un solo poliziotto. Nelle scorse settimane a Mangiardi e Masciari è stato comunicato che dal 1° settembre avrebbero dovuto procurarsi da soli l’auto necessaria alla loro tutela.

La decisione è contenuta in una circolare del ministero dell’interno. Grazie ad un ricorso al Tar il provvedimento è stato sospeso almeno fino a fine anno. Ma questo non cancella l’amarezza di Mangiardi: “Non mi hanno dato alcuna spiegazione, lo stato si prenda la responsabilità di dire se ho ancora diritto o meno alla tutela”.

“La guerra contro la ‘ndrangheta non è finita – continua Mangiardi – per cui non so su quali basi abbiano preso questa decisione… Il rischio c’è: ora sono parte civile in un altro processo dove ho denunciato un boss sanguinario che non si è nemmeno mai pentito: la percezione del rischio c’è, posso girare anche senza tutela ma se ne devono prendere la responsabilità”.

L’imprenditore racconta la sua storia, con orgoglio: “Ho denunciato i mafiosi, gente che terrorizza i cittadini: in tribunale li ho indicati uno a uno, ho puntato il dito contro di loro dicendo a quei boss che non li avrei mai pagati: con quei soldi loro adescano i ragazzini per fargli mettere le bombe sotto le serrande dei negozi. Li ho capito che il nostro dito puntato in tribunale è più forte delle loro pistole. Ne vale la pena, ne vale la pena”.

Il tono di Mangiardi è pacato, ma le parole sono scoraggiate: “ Io non ho chiesto nulla allo stato, vivo del mio lavoro, però mi sento un uomo di stato, e ora devo andare con un avvocato e fare ricorso contro lo stato stesso, che vuole togliere la tutela ad un suo cittadino che ha denunciato questi mafiosi? Qualcosa lo devono cambiare, ma per tutti i testimoni di giustizia che ci sono in Italia.”

Se ci sarà necessità, la comprerà, questa macchina? “No. Se devo restare senza tutela, è una responsabilità dello stato. Ma quell’auto non la comprerò. Anche perché – Mangiardi chiude con una battuta – non guido da 10 anni, sarei più preoccupato di questo”.

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