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lumia giuseppe web2Fazzalari, boss della ‘Ndrangheta, è stato finalmente catturato. Un ottimo risultato. Complimenti alle forze dell’ordine e alla Procura antimafia di Reggio Calabria. Non era facile catturarlo e sono stati necessari tanto impegno e raffinata professionalità. Un apprezzamento va ai Carabinieri del Comando provinciale di Reggio Calabria e al Reparto speciale dello Squadrone Cacciatori, la cui presenza nei Nebrodi avevo già invocato dopo il terribile agguato a Giuseppe Antoci. Li ho conosciuti bene in tante mie missioni nei territori più impervi di questa regione e ne ho apprezzato il sacrificio per le ore di lavoro che sono in grado di sopportare in mezzo ai boschi e nei territori più ostili. Bravi e ancora bravi. Chiederò che siano sempre più utilizzati anche qui in Sicilia. Ma torniamo a Fazzalari. La cattura del boss della ‘Ndrangheta è una vera notizia che merita di essere descritta e valutata. Intanto è un boss ai vertici della lista dei più ricercati, secondo dopo Matteo Messina Denaro. Poi è stato latitante per ben vent’anni. Latitanza che solo le mafie più forti riescono a garantire. Non deve sfuggire che è stato catturato nel suo territorio, rispettando la regola aurea di matrice tanto cara a Cosa nostra, secondo la quale bisogna stare sul posto per mantenere un ruolo di leader nel controllo asfissiante  del territorio. Ha agito per tanti anni  nella  piana di Gioia Tauro, tra Taurianova, Amato e San Martino. Anche questa è una zona che ho conosciuto bene,  durante la mia esperienza di presidenza della Commissione parlamentare antimafia. Molti ricorderanno il livello di inaudita violenza che raggiunse, proprio a Taurianova, la ‘Ndrangheta durante la faida dei primi anni ’90 che vedeva contrapposti gli Avignone-Lombardo, i Giovinazzo-Zagari e i Viola-Fazzalari. Allora in risposta all’omicidio del boss Rocco Zagari ne furono uccisi quattro per vendetta. Tra questi un salumiere, Giuseppe Grimaldi, venne ucciso in un modo macabro, gli fu tagliata la testa che poi fu lanciata in aria per farne tiro a segno. Il tutto a due passi  dalla piazza  principale del paese.

Il boss catturato e tanti altri boss di primo piano della ‘Ndrangheta ne hanno fatto di strada per mettersi alle spalle questa stagione e trasformare la mafia calabrese in una delle più potenti organizzazioni mafiose al mondo. Per prima cosa hanno imparato proprio da Cosa nostra a mettere da parte le faide che li dissanguavano  e indebolivano in una lotta fratricida senza fine. Capirono, inoltre, che bisognava abbandonare la rischiosa ed impopolare economia dei rapimenti  in favore del più lucroso traffico di cocaina, imparando anche su questo aspetto da Cosa nostra, ma correggendo gli errori che la mafia siciliana fece con l’eroina. La cocaina per loro è diventata opportunità per globalizzarsi ed estendere una fitta rete nel centro-nord d’Italia e d’Europa e di altri diversi Paesi del mondo. Sono riusciti a creare un collegamento diretto con i narcotrafficanti colombiani e messicani. Ma il salto di qualità lo hanno fatto grazie al riciclaggio messo a servizio anche dei diversi cartelli della droga, utilizzando i giovani rampolli cresciuti in diverse università italiane. Dal “Dio denaro” al “Dio potere” il passo è stato breve.

Adesso pertanto la sfida è più difficile e richiede un’azione integrata sul versante repressivo e giudiziario, come pure su quello sociale e culturale, politico-istituzionale, economico-finanziario, tanto agendo sul territorio che nel contesto della globalizzazione. Una sfida tremenda e inedita che va affrontata facendo della lotta alle mafie una delle prime priorità del Paese e della stessa Europa da ricostruire.
In testa alla classifica dei latitanti rimane Matteo Messina Denaro. Ne ho tratteggiato il sistema di potere in diverse interrogazioni parlamentari, presto ci ritornerò sopra.

 

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