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gdf-web26 marzo 2015
Reggio Calabria. Beni e società per un valore stimato di oltre 11 milioni di euro sono stati sequestrati dai finanzieri del comando provinciale di Reggio Calabria e del Servizio Centrale Investigazione Criminalità Organizzata, con la collaborazione del Ros e del comando provinciale dell’Arma dei Carabinieri. Gli inquirenti hanno eseguito 10 decreti di sequestro emessi, su richiesta della sezione misure di prevenzione della Procura della Repubblica di Reggio Calabria, dal locale Tribunale. Contestualmente al sequestro dei beni sono state irrogate nei confronti di 9 elementi di vertice delle cosche anche misure di prevenzione personali della sorveglianza speciale. I provvedimenti eseguiti, nello specifico, hanno portato al sequestro di: 17 attività commerciali e quote societarie; 28 beni immobili (terreni, fabbricati, complessi immobiliari); 4 autovetture; 8 fra conti correnti, depositi, buoni postali; 15 polizze assicurative. Si tratta, secondo gli inquirenti, del patrimonio mobiliare, immobiliare e societario, intestato o riconducibile a vari personaggi, posti ai vertici della ‘ndrangheta, nella sua articolazione territoriale della “società” di Rosarno e Polistena nonchè dei “locali” di Laureana di Borrello, Oppido Mamertina e Bagnara Calabria, facenti parte del mandamento tirrenico della Provincia di Reggio Calabria, già destinatari di una sentenza di condanna nell’ambito dell’operazione “Il crimine”. Quest’ultima attività investigativa aveva consentito di evidenziare come la mafia calabrese sia un’organizzazione di tipo mafioso, segreta, fortemente strutturata su base territoriale, articolata su più livelli e provvista di organismi di vertice, insediata nella provincia di Reggio Calabria, dove è suddivisa in tre aree, denominate mandamenti (tirrenico, città e jonico), nel cui ambito insistono società e locali, composti a loro volta da ‘ndrine e famiglie. Ai vertici di tale organizzazione è posto un organo collegiale, con compiti, funzioni e cariche proprie, definito “Provincia” o anche “Crimine”, quest’ultimo termine riferito anche alle singole articolazioni associative e, in altre occasioni, all’intera associazione i cui organi direttivi sono costituiti dal “capocrimine”, dal “contabile”, dal “mastro generale” e dal “mastro di giornata”. I provvedimenti adottati dalla Sezione misure di prevenzione sono stati emessi al termine di un’accurata rielaborazione dei dati reddituali, effettuata dalle Fiamme Gialle, che hanno eseguito oltre 200 accertamenti economico-patrimoniali a carico di persone fisiche e giuridiche tra i quali anche l’intero nucleo familiare del “Capocrimine” Domenico Oppedisano, 85 anni, del “Mastro di Giornata della Società di Rosarno” Michele Marasco, del “Capo del Locale” di Laureana di Borrello Rocco Lamari, del “capo del locale” di Oppido Mamertina, Antonio Gattellari, e del capo del locale” di Bagnara Calabra, Rocco Zoccali. Le indagini, sottolineano gli inquirenti, complicate a causa della capacità degli indagati di mascherare la reale intestazione dei beni mobili e immobili e delle attività economiche intestate a terzi, ma da loro gestite da anni.

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