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diaScattate una trentina di perquisizioni in Calabria e Lombardia a caccia di flussi di denaro ripuliti sfruttando i grandi canali della finanza e della politica. Tra i protagonisti l'ex tesoriere della Lega
di Giuseppe Baldessarro - 25 giugno 2013
Reggio Calabria.
Banche, società di consulenza legale, aziende private e liberi professionisti. Torna a muoversi la Dda di Reggio Calabria da mesi a caccia dei soldi che la 'ndrangheta avrebbe riciclato sfruttando i canali della grande finanza e della politica. Gli uomini della Direzione investigativa antimafia sono a lavoro da questa mattina, impegnati in una trentina di perquisizioni sia in Lombardia che in Calabria.

Il filone è quello dei finanziamenti occulti e del trasferimento di denaro all'estero che vede tra protagonisti anche l'ex tesoriere della Lega, Francesco Belsito. Uno scandalo, quello del Carroccio che intreccia i canali sporchi della criminalità organizzata calabrese.  Per i magistrati Giuseppe Lombardo, della Dda di Reggio, e Francesco Curcio, della Dna (applicato all'inchiesta), esisterebbe una vera e propria organizzazione di cui farebbero parte faccendieri, emissari dei clan, colletti bianchi e rappresentanti istituzionali. Un'associazione a delinquere che si muoverebbe nel contesto "economico e finanziario, nel cui ambito si pianificavano complesse attività di riciclaggio e reimpiego di capitali di provenienza illecita e di controllo delle attività imprenditoriali riferibili alla cosca De Stefano".
In questo senso gli inquirenti ritengono gli indagati capaci di agire in "contesti politici e istituzionali, nei quali le relazioni personali, tra cui quella con Francesco Belsito, vengono sfruttate al fine di consolidare ed implementare la capacità di penetrazione e di condizionamento mafioso". Nella sostanza, vi sarebbe stato un patto di ferro tra i vertici del clan De Stefano di Reggio Calabria, rappresentato in Lombardia da Paolo Martino (arrestato tre anni fa dalla Dda di Milano) ed alcune lobby di potere. Secondo i magistrati infatti, "esiste una struttura criminale (connotata da segretezza) a carattere permanente", di cui però sarebbero già stati scoperti alcuni nomi. Tra questi vi sarebbero il procacciatore di affari Bruno Mafrici, l'avvocato Pasquale Guaglianone (titolare dello studio legale Mgim di via Durini a Milano) e Gioigio Laurendi, tutti noti professionisti di origini calabresi "inseriti in multiformi contesti politici". E ancora gli imprenditori reggini Michelangelo Tibaldi, Pietro Cozzupoli, i fratelli Mucciola e Giuseppe Sergi, ex consigliere comunale legato al governatore della Calabria Giuseppe Scopelliti e attualmente alla guida dell'Asi dell'Area dello Stretto. Della partita avrebbero fatto anche l'imprenditore Romolo Girardelli, l'investigatore privato Angelo Viola e Ivan Pedrazzoli con il ruolo di "Ausilio informativo". Da una parte i soldi dei boss, dall'altra una potente gruppo di affaristi che si facevano spazio in ambienti istituzionali a suon di dossier illegali. Personaggi che, sostengono i pm, si sarebbero mossi sull'asse Reggio-Milano per poi superare i confini nazionali, gestendo "operazioni politiche ed economiche che hanno consentito ad alcuni tra gli indagati di divenire il terminale di un complesso sistema criminale, in parte di natura occulta, destinato a acquisire e gestire informazioni riservate", e a "gestire una struttura imprenditoriale, prevalentemente impegnata in operazioni ad alta redditività nel campo immobiliare e finanziario, destinata al riciclaggio e reimpiego di risorse economiche di provenienza delittuosa riconducibili ad ambienti criminali legati alla cosca De Stefano".

Tratto da: repubblica.it