Questo sito utilizza cookie tecnici e di terze parti per migliorare la navigazione degli utenti e per raccogliere informazioni sull’uso del sito stesso. Per i dettagli o per disattivare i cookie consulta la nostra cookie policy. Chiudendo questo banner, scorrendo questa pagina o cliccando qualunque link del sito acconsenti all’uso dei cookie.

domenico creadi Domenico Crea - 15 dicembre 2012
Reggio Calabria. E' stato condannato anche in appello, anche se ad una pena inferiore, l’ex consigliere regionale della Calabria Domenico Crea, accusato di concorso esterno in associazione mafiosa nell’ambito del procedimento chiamato «Onorata sanità». I giudici della Corte d’appello di Reggio Calabria, infatti, lo hanno condannato a 7 anni e sei mesi di reclusione contro gli undici anni e tre mesi inflitti in primo grado, il 22 dicembre 2010, dal Tribunale, perchè alcuni dei reati sono caduti in prescrizione, mentre per altri lo hanno assolto. Il pg del processo, Fulvio Rizzo, aveva chiesto una condanna a otto anni ed un mese di reclusione. Il processo è scaturito da un’inchiesta riguardante presunti intrecci tra politica e 'ndrangheta nella gestione del settore della sanità nel reggino che, nel gennaio del 2008, portò ad una serie di arresti tra cui quello di Crea. Quest’ultimo era entrato in Consiglio regionale subentrando, come primo dei non eletti, a Francesco Fortugno, il vice presidente dell’Assemblea ucciso in un agguato a Locri il 16 ottobre del 2005.  
Ribaltando la sentenza di primo grado, i giudici della Corte d’appello di Reggio Calabria hanno poi condannato a sei anni di reclusione per associazione mafiosa uno dei collaboratori di Crea, Paolo Attinà, che era stato assolto in primo grado. I giudici hanno poi confermato la condanna a tre anni e tre mesi di reclusione per il figlio di Crea, Antonio, mentre hanno assolto la moglie del politico, Angela Familiari, accusata di truffa, e l’ex direttore dell’Azienda sanitaria di Reggio Calabria poi divenuto collaboratore di Domenico Crea, Antonino Iacopino, entrambi condannati a nove mesi in primo grado. La Corte d’appello, infine, ha disposto l’interdizione dai pubblici uffici per Paolo Attinà ed ha confermato la confisca decisa dal Tribunale del patrimonio sequestrato tra cui la clinica della famiglia Crea, Villa Anya.

tratto da: ilquotidianodellabasilicata.com