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di AMDuemila
Il lavoro in 'pool', la ricostruzione di flussi finanziari per individuare la "strada del denaro mafioso" e, soprattutto, cooperazioni per combattere le mafie a livello transnazionale. Punti cardine del 'metodo Falcone', come ricorda, a 28 anni dalla strage di Capaci, il procuratore nazionale antimafia Federico Cafiero de Raho. "Le mafie nascono, si sviluppano e muoiono, diceva Giovanni Falcone" ha detto il procuratore nazionale antimafia, secondo il quale l'insegnamento del giudice morto a Capaci “è di grande importanza per uno Stato credibile, impegnato e in grado di conseguire risultati importanti, di difendere i cittadini e di trainare un movimento culturale che deve portare alla liberazione dei territori dalle mafie”.
L’attenzione del magistrato, oltre a ricordare l’inchiesta sull’imprenditore Rosario Spatola, che fu una “delle prime in cui Falcone applicò il suo metodo per seguire i flussi finanziari", e "l'importanza del lavorare in pool, che poi ha portato all'istituzione della Dna e delle direzioni distrettuali antimafia", si è diretta in particolare sulle indagini sul traffico internazionale di stupefacenti a cui Falcone si dedicò, "esperienza che rese a lui chiarissimo che per il contrasto al crimine transnazionale era necessaria una convenzione come base di cooperazione internazionale" con "strumenti, squadre investigative, sequestri e una serie di norme per una disciplina omogenea", linea di pensiero che poi portò alla Convenzione firmata a Palermo nel 2000.
Secondo il procuratore nazionale antimafia, nella lotta alle mafie a livello internazionale, "certamente si deve fare ancora di più: le mafie hanno una 'struttura militare' fatta di manovalanza a cui vanno riferiti i reati tradizionalmente mafiosi, quali estorsioni, spaccio, violenze, e, allo stesso tempo, una 'struttura imprenditoriale', che si alimenta di rapporti con l'economia legale e che tende a infiltrarsi in vari settori, anche in altri Paesi dove la normativa è meno forte. I mafiosi sembrano essere 'cittadini del mondo' capaci di parlare lingue diverse, di colonizzare, ampliando i propri presidi per reinvestire in vari settori".
In conclusione, il capo della Dna ha ricordato presenza di mafie nel Nord, Centro e Sud America, e le reti nei maggiori porti del nord Europa. "Si tratta di un'organizzazione enorme nei cui confronti non si può muovere autonomamente un solo Paese ma tutti devono iniziare a cogliere le indicazioni di rischio. Occorrerebbe quasi - ha concluso - una legge sovranazionale che consenta il contrasto ovunque le mafie si trovino, con la cooperazione delle autorità giudiziarie superando i confini per interventi il più possibile rapidi".

Fonte: Agi

Foto © Imagoeconomica