Palermo. Saranno sentiti dagli inquirenti la prossima settimana i commercianti - una ventina - che non hanno ammesso di aver ricevuto richieste estorsive da parte dei clan di San Lorenzo e Resuttana e che, spesso, non hanno neppure denunciato le intimidazioni subite. Storie, quelle delle vittime che hanno scelto il silenzio, emerse nel corso dell'ultima inchiesta della dda di Palermo che, ieri, ha portato all'arresto di 25 tra boss ed estortori. I magistrati - da tempo la Procura segue questa linea - sentiranno le vittime che non hanno collaborato come testimoni, una posizione che, però, potrebbe cambiare. Quando il silenzio ostacola le indagini, infatti, può ipotizzarsi il reato di favoreggiamento. La lista dei commercianti, degli imprenditori e dei titolari di locali che, secondo la Dda che ha coordinato l'indagine, per anni hanno pagato il pizzo e che si sono rifiutati di ammetterlo è lunga. Molti nomi sono noti in città: come quello della pasticceria Cappello di via Garzilli, nel centro di Palermo, il parrucchiere Piero Caccamo di viale Strasburgo,il pub "Shamrock" di via Campania, supermercati come la Sisa di via Croce Rossa, il gommista Gammicchia, la pizzeria Savoca, il bar Golden, lo storico bar Alba con la passata gestione. I vecchi proprietari, emerge dall'inchiesta, avrebbero addirittura anticipato le mosse degli estortori andando a chiedere come "mettersi a posto" per il locale nuovo che avrebbero dovuto aprire. Le cifre riscosse dai clan erano variabili: da poche centinaia di euro ad alcune migliaia l’anno.
ANSA
Estorsioni: interrogatori vittime dalla prossima settimana
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