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schede elettorali c ansaIndagato il ras delle preferenze Edy Tamajo, che sosteneva Micari L’inchiesta è destinata ad allargarsi: ''Forse altri politici nella rete''
di Riccardo Arena

I prezzi sono calati: 25 euro a voto. Dimezzati, rispetto ai livelli del 2008, quando la corruzione elettorale si pagava con 50 euro. In ogni caso, a meno di una settimana dalle regionali di domenica scorsa, sono due i parlamentari siciliani non ancora insediati e già indagati. Prima il messinese Cateno De Luca, che aderisce al centrodestra, in appoggio al neopresidente Nello Musumeci. Adesso il più votato tra i candidati palermitani del centrosinistra: Edmondo Tamajo, detto Edy, 41 anni e 13.984 preferenze, prese per la maggior parte nel capoluogo dell’Isola, 8038.
Tamajo, del Patto dei democratici per le riforme-Sicilia futura, lista nata sotto l’egida dell’ex ministro Totò Cardinale, in appoggio al candidato presidente Fabrizio Micari, è accusato di associazione per delinquere finalizzata alla corruzione elettorale: avrebbe cioè comprato una parte dei tantissimi consensi ottenuti sei giorni fa. A un prezzo che appunto, per effetto della crisi, sarebbe drasticamente calato: una manciata di euro per ciascuna preferenza, secondo gli accertamenti della Guardia di Finanza, che ha già sentito elettori comprati e disposti a confermare le accuse. Reati elettorali, dunque: mentre De Luca risponde di associazione per delinquere finalizzata a violazioni fiscali. E in un altro processo che già pendeva su di lui e che era tra le cause della sua "impresentabilità", ieri a Messina il deputato, che si trova ai domiciliari da martedì scorso, è stato assolto, tra le lacrime e gli applausi: non commise cioè gli abusi edilizi che gli erano stati contestati, mentre sulle accuse di falso e tentata concussione è calata la scure della prescrizione.
Il caso Tamajo apre invece scenari imprevedibili anche sulla regolarità del voto: perché le intercettazioni a tappeto negli ambienti politici, partite dall’inchiesta sul candidato sindaco di Palermo Fabrizio Ferrandelli e poi via via sganciate da quegli accertamenti e da quell’indagato, rischiano di scatenare un terremoto. Altri politici sarebbero finiti infatti nella rete tesa dagli investigatori e dal procuratore Francesco Lo Voi, che con l’aggiunto Sergio Demontis e il sostituto Fabiola Furnari hanno disposto intercettazioni a tappeto.
Parlava di "premio alla mia onestà e trasparenza", dopo il successo ottenuto, Tamajo. E invece già prima delle elezioni la Finanza stava ricostruendo questa storiaccia. Per non suscitare allarmi e per avere la conferma che il patto si fosse consumato, solo all’inizio della settimana sono scattati perquisizioni e sequestri. Con mister Preferenze, che verrà interrogato nei prossimi giorni, sono nel mirino tre suoi galoppini: si tratta di Giuseppe Montesano, Cristian D’Alia, Nicolina D’Alia. Ma ce ne sono molti altri, lasciano intendere gli investigatori. L’incubo degli indagati sono i sistemi di ascolto di ultimissima generazione, utilizzati dagli investigatori e che non prevedono più necessariamente la collocazione di microspie, ma agiscono attraverso i trojan, virus-spia che trasformano telefonini, apparati elettronici, computer e tablet in "macrospie". È così che sarebbero venute fuori irregolarità in serie: prima sul fronte della presentazione delle liste, con nuovi casi di firme false, del tipo di quelli contestati al M5S a Palermo. Poi sono stati individuati gli obiettivi ritenuti giusti per isolare i fenomeni di compravendita di voti e i galoppini.
Suonano beffarde, adesso, le parole con cui Tamajo aveva salutato la propria elezione a furor di popolo: "Sono felice - aveva detto -, la gente ha risposto a chi sta vicino al territorio, sono stato premiato per la mia trasparenza e onestà. C’è stato un lavoro costante di supporto a tutte le amministrazioni locali vicine a noi. La vicinanza, il parlare senza fronzoli, pagano sempre". Pagano, appunto.

La Stampa

Foto © Ansa

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