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aula tribunale5Palermo. Tre condanne e un'assoluzione: è l'esito del processo, celebrato in abbreviato davanti al gup Maria Cristina Sala di Palermo, a carico di quattro persone accusate a vario titolo di rapina e ricettazione. Il procedimento ruota attorno alla rapina del deposito Tnt di Campobello di Mazara del 2013. Per rapina sono stati condannati il mafioso Giorgio Provenzano (8 anni), Alessandro Rizzo (3 anni e 4 mesi) e Michele Musso (6 anni e mesi). Assolto Domenico Amari, difeso dagli avvocati Raffaele Bonsignore e Antonio Gargano, accusato solo di ricettazione. L'inchiesta, condotta dalla Dda di Palermo, svelò i legami tra il clan mafioso di Bagheria e quello di Castelvetrano, paese del capomafia latitante Matteo Messina Denaro, complici nel colpo. Il commando fece irruzione nel deposito della Tnt: l'immobile era di proprietà di una ditta riconducibile al mafioso Cesare Lupo. Quando Francesco Guttadauro, nipote di Matteo Messina Denaro e mente del colpo lo seppe, si preoccupò, poi scoprì che il bene era sotto sequestro e in amministrazione giudiziaria. Nessun torto dunque era stato fatto a Lupo. Dal deposito vennero portati via 600 colli di merce e 17 mila euro in contanti. I componenti del commando si travestirono da poliziotti. "Colui che ha investito un po' dei soldi sulla rapina è stato Provenzano Giorgio di Bagheria... per fare i giubbottini della Polizia, perché la rapina è stata fatta vestiti da poliziotti, con passamontagna, vestiti da poliziotti...", racconta il pentito bagherese Morsicato. Una percentuale del bottino sarebbe andata ai mafiosi di Castelvetrano per curare la latitanza di Messina Denaro. Nel villino, base d'appoggio della banda, secondo un collaboratore di giustizia sarebbe stato ospitato mesi prima del colpo proprio il padrino ricercato.

ANSA

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