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Sono stati ricordati questa mattina con una cerimonia sul luogo dell’omicidio in via De Amicis, il giudice Cesare Terranova e il maresciallo, suo collaboratore, Lenin Mancuso, uccisi dalla mafia il 25 settembre del 1979.

Quella mattina di 37 anni fa, una scorta arrivò sotto casa del giudice per portarlo a lavoro. Terranova si mise alla guida, accanto a lui come sempre, il maresciallo Mancuso. Imboccata una strada secondaria, la trovarono chiusa con una transenna che indicava dei lavori in corso. In quel momento sbucarono alcuni killer che aprirono il fuoco. Il giudice fece soltanto in tempo ad ingranare la retromarcia nel tentativi di sottrarsi ai colpi, mentre il maresciallo Mancuso tentò con la sua Beretta di reagire, ma entrambi furono raggiunti dai proiettili. Il giudice morì sul colpo, mentre il fedele collaborato poche ore dopo in ospedale.

Francesco Di Carlo, di Altofonte, esponente di spicco del mandamento di San Giuseppe Jato e uomo di fiducia di Bernardo Brusca, indicò Luciano Liggio, come colui che ha decise l’assassinio del giudice e come esecutori materiali: Giuseppe Giacomo Gambino, Vincenzo Puccio, Giuseppe Madonia e Leoluca Bagarella. A dare il permesso di eliminare il giudice, perché stava per diventare giudice istrutture nella commissione antimafia: Michele Greco, Bernardo Brusca, Pippo Calò, Antonino Geraci, Francesco Madonia, Totò Riina e Bernardo Provenzano.

“Il giudice Terranova e il maresciallo Mancuso rappresentano un tassello importantissimo della storia di Palermo, della sua lotta e speranza di rinascita e di liberazione in anni in cui la nostra città era ostaggio di una serrata connivenza politico-mafiosa. – Ha dichiarato Leoluca Orlando – Proprio Terranova, nella sua esperienza parlamentare, contribuendo alla famosa relazione di minoranza della Commissione antimafia che raccontò, alla fine degli anni ’70, i legami e le indicibili connivenze fra Cosa nostra, l’imprenditoria e la politica, fu esponente di spicco della parte migliore e più attenta dell’arco politico che scelse di non tacere e non scendere a patti con la mafia”.

“Commemorarli oggi – ha continuato il sindaco – è un modo per ribadire la riconoscenza verso di loro e verso tutti i componenti della Magistratura e delle Forze dell’Ordine che ogni giorno si impegnano perchè la nostra città e la Sicilia tutta siano migliori”.

Leoluca Orlando ha anche voluto ricordare il giudice Antonino Saetta e il figlio Stefano. Oggi infatti ricorre il ventottesimo anniversario dall’omicidio. “Antonino Saetta – ha detto Olrando – fu magistrato integerrimo, che del contrasto ad ogni forma di illegalità eversiva, dalle Brigate Rosse alla mafia, fece una missione. Il suo lavoro a Caltanissetta e Palermo lo portò ad occuparsi di alcuni dei più efferati crimini che avevano insanguinato la nostra città e a restituire, almeno sul piano giudiziario, giustizia a Rocco Chinnici ed Emanuele Basile, i cui assassini furono da lui condannati. Un lavoro che pagò con la vita, ma che ancora oggi abbiamo il dovere di ricordare per l’insegnamento di professionalità e rettitudine che ha lasciato”.

Alla cerimonia erano presenti il Questore Guido Longo, il sindaco di Palermo Leoluca Orlando, le più alte cariche civili e militari, i familiari delle vittime, una rappresentaza dell’Anps di Monreale, guidata dal presidente Santo Gaziano e dal segretario economo Francesca Mannino e il sindacato di Polizia Coisp.

monrealepress.it

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