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"Se i siciliani si liberassero veramente dai problemi forti con cui sono costretti a convivere, avremmo di certo una Palermo che tutto il mondo ama" ha affermato la donna.

"La scelta di vivere anche qui a Palermo mi è costata molto psicologicamente. Mi sono detta sì, perché i miei genitori amavano molto questa città e perché qui lo sento vicina più che da ogni altra parte" ha dichiarato Rita Dalla Chiesa, a Palermo, alla fine della cerimonia di commemorazione del padre, il Generale dei Carabinieri Carlo Alberto Dalla Chiesa, assassinato nella strage di via Isidoro Carini mentre era in compagnia della moglie Emanuela Setti Carraro e dell'agente di scorta Domenico Russo, nel 33esimo anniversario della loro scomparsa. Ai cronisti che le facevano notare le persone affacciate ai balconi come segno di cambiamento, ha detto: "No, quella sera non c'erano persone affacciate. O sono cambiati gli inquilini o hanno preferito non vedere e non sentire". In merito alla denuncia dei giorni scorsi per un maggiore decoro e pulizia della lapide che in via Isidoro Carini ricorda la strage, ha sottolineato: "Io ho sempre avuto la sensazione che mio padre, amatissimo in tutta Italia, in realtà a Palermo sia una vittima di serie B rispetto a chi a Palermo ci ha messo la vita per difendere i siciliani, perché non era siciliano. Ma da quella sera dell'omicidio, molto è cambiato, i siciliani hanno iniziato a capire e a ribellarsi. Se i siciliani si liberassero veramente dai problemi forti con cui sono costretti a convivere, avremmo di certo una Palermo che tutto il mondo ama, dove per girare il mondo non c'è bisogno di prendere magliette con scritto "io sono mafioso".

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