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salvini matteo viminale c imagoeconomica"È finita la pacchia per i mafiosi", ripete Salvini. Ma i documenti ottenuti da L'Espresso dimostrano che il responsabile del Carroccio a Rosarno, dove il ministro ha registrato un risultato record alle ultime elezioni, è stato per anni in società con uomini legati alle cosche
di Giovanni Tizian e Stefano Vergine
Reggio Calabria, Rosarno, Lamezia Terme. Centrotrenta chilometri lungo i quali si snodano i legami pericolosi tra la Lega di Matteo Salvini e la 'ndrangheta. Dopo le recenti dichiarazioni di del ministro dell'Interno contro i mafiosi ("È finita la pacchia in Italia", ha detto domenica scorsa a Pontida promettendo "una guerra che combatteremo con tutte le armi che la democrazia ci mette a disposizione") L'Espresso pubblica un'inchiesta giornalistica, in edicola da domenica 8 luglio, sui leghisti calabresi che hanno garantito al ministro di farsi eleggere senatore e al suo partito di sfondare il muro della doppia cifra a Rosarno, il paese in provincia di Reggio Calabria feudo di potenti famiglie di 'ndrangheta e simbolo dello sfruttamento dei braccianti africani nei campi. Qui, alle elezioni del 4 marzo scorso, la Lega sovranista ha infatti raccolto il 13 per cento dei consensi. Cinque anni fa l'asticella si era fermata allo 0,25.
Un exploit possibile grazie al responsabile della sezione locale leghista, Vincenzo Gioffrè. Candidato non eletto alla Camera, Gioffrè è stato uno degli organizzatori della festa-comizio post elettorale con Salvini ospite d'onore nel liceo del paese. Il responsabile del partito di Rosarno custodisce però un segreto che L'Espresso, attraverso documenti inediti, è in grado di svelare. Per oltre dieci anni ha avuto rapporti d'affari con uomini sospettati di essere contigui ai clan locali. Gioffrè, classe '81, a soli 19 anni ha infatti fondato una cooperativa agricola con un personaggio legato clan Pesce, marchio doc della 'ndrangheta, con ramificazioni nel Nord Italia e in Europa, e leader nel narcotraffico internazionale. Secondo alcuni atti giudiziari, il partner d'affari di Gioffrè è stato tra gli armieri della cosca. Nel 2012 fu peraltro indagato dalla procura antimafia di Reggio Calabria per favoreggiamento della 'ndrina rosarnese, tuttavia quel filone non ha avuto finora uno sbocco processuale.
Ma questo non è l'unico legame pericoloso del capo dei leghisti di Rosarno. Gioffrè risulta infatti tra i fondatori di una seconda azienda, un consorzio di produttori agricoli. Tra gli azionisti, indicano i documenti societari, ci sono due uomini che l'antimafia collega direttamente alla famiglia Bellocco, alleata del clan Pesce. Insomma, amicizie borderline per la spalla del ministro dell'Interno in terra di 'ndrangheta. Dove il problema principale, sostengono i salvinisti di Calabria, sono gli immigrati.
Gioffrè ha aderito alla Lega nel 2016 dopo aver lasciato Fratelli d'Italia. Il primo a dargli il benvenuto ufficiale è stato Domenico Furgiuele, responsabile regionale del partito e, dal 4 marzo, deputato della Repubblica. Su Furgiuele pesa una parentela ingombrante. Come già raccontato dal nostro giornale, il suocero è infatti in carcere per estorsione aggravata dal metodo mafioso e ha i beni sotto sequestro su richiesta dell'antimafia: per i giudici di primo grado, l'uomo è contiguo alle cosche di Lamezia. Ora L'Espresso ha scoperto che nel congelamento del patrimonio societario e immobiliare è finita anche la moglie del deputato calabrese. A lei il tribunale ha sequestrato un immobile e una società.

espresso.repubblica.it

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