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Ospite della puntata dedicata ai cronisti 'sotto tiro', il segretario generale della Fnsi ribadisce la posizione del sindacato in tema di intercettazioni. E sulla libertà di stampa in Italia osserva: «Governo e Parlamento non hanno ancora fatto nulla in tema di minacce e 'querele temerarie'».

«Le nuove norme sulle intercettazioni possono essere un limite al lavoro dei giornalisti che fanno inchieste. Certa politica cerca da sempre di regolare i conti con la stampa che parla troppo, che fa venire a galla troppe cose che nuocciono all'immagine di qualche politico. Il tentativo di regolare i conti c'è, perché con questa riforma si tenta di non far venire a galla le notizie scomode».

Ospite della trasmissione "Tg3 Fuori Tg" nel corso della puntata dedicata ai cronisti "sotto tiro", il segretario generale della Fnsi, Raffaele Lorusso, ribadisce la posizione del sindacato dei giornalisti in tema di intercettazioni.

«In questo provvedimento – prosegue – è come se ci fosse un'equazione secondo la quale deve avere rilevanza pubblica, e quindi essere pubblicabile, solo ciò che ha rilevanza penale. Ma così non è: ci sono notizie di rilevanza pubblica e di interesse generale che possono non avere rilevanza penale».

Commentando poi i dati di Reporter Senza Frontiere sulla libertà di stampa nel mondo, Lorusso ricorda che «tra le cause del poco lusinghiero 52° posto dell'Italia ci sono anche le "querele temerarie". Un problema tutto italiano – spiega – con cui devono fare i conti quei giornalisti che subiscono vere e proprie minacce o intimidazioni sotto forma di richieste di risarcimenti milionari che poi si rivelano infondate e che servono solo a limitare la libertà del cronista. Un problema che la Federazione della Stampa ha più volte portato all'attenzione di Parlamento e governo, che finora però a tale riguardo non hanno fatto nulla».

E in chiusura di trasmissione, riflettendo sulle storie dei cronisti sotto scorta Paolo Borrometi e Marilena Natale, Lorusso rileva: «L'opinione pubblica ha chiara la consapevolezza dell'utilità del buon giornalismo per la società. Una consapevolezza che la politica dimostra di non avere, perché oggi i giornalisti italiani devono fare i conti, oltre che con norme bavaglio, anche con condizioni di lavoro sempre più precarie».

fnsi.it