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di Anna Maria Pasetti
Khodorkovskij ritratto da Gibney

Attenzione al “Citizen K”: potrebbe rivelare cose che voi (italiani) non vorreste sentire. Eccone una, esemplare: “Chi ha rapporti troppo vicini con il Cremlino si espone a rischi che neanche può immaginare. Il vostro ex vicepremier Salvini, ad esempio: avete visto che fine ha fatto!?”. Parole di Michail Borisovic Khodorkovskij, a corredo del documentario a lui dedicato, Citizen K, appunto, scritto e diretto da Alex Gibney, un Oscar (Taxi to the Dark Side) e talento da vendere. Il film è fuori concorso alla Mostra veneziana e il regista ha voluto presentarlo insieme al suo protagonista, che può circolare ovunque tranne che in madrepatria, dove è esiliato dal 2013 quando fu scarcerato. L’ex oligarca nonché fra gli uomini più ricchi di Russia è un perseguitato, una delle tante vittime di Putin, ma soprattutto è il suo peggior nemico: zar Vladimir lo ha affrontato, impoverito, minacciato, arrestato (ovviamente per frode fiscale) e infine spedito in Siberia per 10 anni. Lì, l’astuto ingegnere chimico è diventato filosofo, guru e attivista fondatore di Open Russia.

Citizen K è narrato come una spy story ma è anche una grande radiografia della Russia putiniana ab origine. Lontano dall’essere un santo, il signor K. ha sempre avuto l’intelligenza di cadere in piedi: da qualche anno residente a Londra - e non è un caso che nella capitale britannica si siano verificati diverse “morti incidentali” di expat russi - l’imprenditore usa la parola quale unica sua arma contro il nemico numero e a favore dei valori democratici. “La Russia non è solo uno stato autoritario ma è un Paese governato dalla mafia che controlla con la corruzione giri d’affari inimmaginabili: chi si pone di traverso ha il destino segnato. Bisogna essere prudenti, basta poco per essere arrestati, anche se l’omicidio di Stato per aver diffamato Putin o denunce sul suo operato ancora sono rari, temono i martiri come Anna Politkovskaja. Però la prigionia in Siberia si ottiene facilmente, basta partecipare a una manifestazione pacifica di dissenso al governo”. Il cittadino Khodorkovskij conosce la materia e non si risparmia. “Putin ha statalizzato ogni media, sa perfettamente controllare l’opinione pubblica anche se su Internet ci sono margini di libertà: probabilmente il dittatore e il suo staff non sanno come arginare totalmente il flusso della rete o non vogliono farlo. Il punto è che per fermare il regime attuale di repressione della libertà individuale è necessario che il mondo si faccia sentire: le istituzioni russe sono sensibili alle pressioni internazionali per non compromettere la reputazione”. E non c’è dubbio che la diffusione di questo splendido documentario dai tratti di una cautionary tale (fiaba che mette in allerta, ndr) potrà asservire la nobile causa.

Il Fatto Quotidiano

Foto © Afp Photo / Alexander Nemenov