Questo sito utilizza cookie tecnici e di terze parti per migliorare la navigazione degli utenti e per raccogliere informazioni sull’uso del sito stesso. Per i dettagli o per disattivare i cookie consulta la nostra cookie policy. Chiudendo questo banner, scorrendo questa pagina o cliccando qualunque link del sito acconsenti all’uso dei cookie.

mogherini federica c ansadi Antonello Guerrera
"Federica Mogherini (in foto). L’Alto rappresentante europeo per gli Affari esteri è una delle poche persone che può salvare la vita di mio marito, forse l’unica. Spero che stavolta ci ascolti". Vida Mehrannia, iraniana di 43 anni, chimico, parla con la voce spezzata da Stoccolma, Svezia, dove vive con i suoi due piccoli figli Amitis e Ariyo. Vida vuole evitare la morte del suo compagno, Ahmadreza Djalali, il 46enne medico e ricercatore iraniano alla Karolinska di Stoccolma e con un passato all’Università del Piemonte Orientale di Novara, condannato a morte da Teheran perché "spia di Israele". Lui ha sempre negato ogni accusa, anzi: secondo Djalali, arrestato nel suo Paese nel 2016 durante un viaggio di lavoro e da allora rinchiuso nel famigerato carcere di Evin, l’Iran vuole ucciderlo perché si sarebbe rifiutato di spiare per conto di Teheran. Inoltre, il processo che ha deliberato la sua morte sarebbe stato una farsa, senza alcuna garanzia di difesa, né diritti, come ha ripetuto anche ieri Amnesty.
Tuttavia, martedì la Corte Suprema di Teheran ha confermato la pena capitale.

E ora che cosa si può fare, signora Vida?
"Ringrazio tutti per il sostegno ricevuto, soprattutto in Piemonte e in Italia. Ma ora bisogna fare pressione politica sull’Iran. L’Italia e l’Europa devono mobilitarsi per lui. Federica Mogherini, viste le sue buone relazioni diplomatiche con il governo iraniano e con il ministro degli Esteri Zarif, può essere decisiva. I nostri avvocati proveranno fino all’ultimo a salvare Ahmadreza con un ricorso alla decisione della Corte Suprema affinché il caso venga riesaminato. Ma le speranze sono pochissime e non basterà: mio marito è in serio pericolo".

Lei aveva già chiesto l’aiuto di Mogherini in passato.
"Sì, anche i miei figli lo hanno fatto pubblicamente. Ma non abbiamo ricevuto risposta. Spero che questa volta Mogherini dia un segnale perché forse è l’ultima chiamata per mio marito".

Come sta Ahmadreza?
"Ha problemi allo stomaco e non riesce a mangiare, quando è stato arrestato pesava 82 chili, oggi 63, anche per lo sciopero della fame.
Nelle ultime settimane ne ha persi addirittura otto. Dovrebbe essere ricoverato in ospedale, ma i suoi carcerieri non glielo permettono.
Almeno però adesso non è più in isolamento, ha lasciato il terribile braccio 209 della prigione di Evin, che è sotto il controllo del ministero dell’Intelligence e non lo torturano come successo nei primi mesi. Ora Ahmadreza mi chiama quasi tutti i giorni, anche se per poco, mentre prima poteva farlo solo ai parenti in Iran".

E cosa le dice al telefono?
"Che, nonostante il dolore, ama tutta la sua famiglia. Ma ora è in un incubo e la sua paura cresce sempre di più, mentre la morte si avvicina. A causa di questo terrore, oramai non dorme più: si sveglia ogni 15 minuti. Mio marito non ha fatto nulla di male e il processo è stato una pagliacciata.
Persino i miei bambini, che piangono ogni giorno, si sono esposti in prima persona sui social network, chiedendo anche l’aiuto del Papa alcuni mesi fa. Ma a oggi non è successo niente".
"Sogniamo ogni giorno il momento in cui potrai riabbracciarci", scrissero allora i suoi figli in una lettera aperta.
"Ogni giorno mi chiedono di Ahmadreza e vorrei tanto dirgli che loro padre è in viaggio per lavoro e che tornerà presto.
Purtroppo non è vero. E il tempo sta finendo".

La Repubblica

Foto © Ansa

ANTIMAFIADuemila
Associazione Culturale Falcone e Borsellino
Via Molino I°, 1824 - 63811 Sant'Elpidio a Mare (FM) - P. iva 01734340449
Testata giornalistica iscritta presso il Tribunale di Fermo n.032000 del 15/03/2000
Privacy e Cookie policy

Stock Photos provided by our partner Depositphotos