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munoz portal carlos narcosCarlos Munoz Portal, fotografo e producer, stava cercando la location migliore per alcune scene della serie tv: forse qualcuno non ha gradito che stesse scattando foto in una delle zone più pericolose del Paese, dove negli ultimi 5 anni ci sono statti 104 mila omicidi
di Guido Olimpio
Non sappiamo ancora perché sia stato ucciso Carlos Muñoz Portal, assistente di produzione di 37 anni. Come non sappiamo perché siano state assassinate molte delle 104.062 vittime degli ultimi 5 anni della narco guerra messicana. Molti erano dei criminali, ma tante erano persone che si trovate nel posto sbagliato nel momento sbagliato.

La storia di Carlos ha una notizia in più: cercava e fotografava luoghi dove poi avrebbero girato dei film. Questa volta era in missione perché doveva individuare posti per Narcos, la famosa serie diffusa da Netflix. È come se i due sentieri, quello reale e la fiction, si fossero incontrati in una regione «calda»: San Bartolomé Actopan, Stato di Mexico, nella parte centro-meridionale, al confine con Hidalgo.Portal stava recuperando del materiale per il programma e si spostava in auto. La società gli copriva le spese di viaggio e lui, da buon free lance, sgobbava. In questi anni aveva collaborato a film di successo: Men on fire con Denzel Washington, Apocalypto di Mel Gibson, Spectre, Sicario, Fast & Furious. I suoi capi gli avevano spiegato che la prossima «stagione» del telefilm avrebbe avuto come tema il cartello di Juarez e il Signore dei Cieli, Amado Carrillo Fuentes, uno tra i più famosi trafficanti. Non è però chiaro il motivo che lo abbia portato proprio in quella località e se esista un legame diretto con la sua professione.



La polizia ha trovato il suo corpo senza vita all’interno dell’auto. Sul mezzo i segni delle pallottole. Molte. Poi i resti di cactus. Gli investigatori non escludono che ci sia stato un inseguimento, forse il producer ha cercato di scappare. Quanto al movente tante ipotesi. Carlos potrebbe aver fotografato un edificio senza sospettare che avrebbe causato una reazione spietata. Oppure è stato testimone scomodo di un fatto e lo hanno eliminato. O ancora il delitto è una sorta di monito.

L’area è tra le peggiori del Messico: solo in luglio i killer hanno colpito 182 volte. Se estendiamo il calcolo al periodo 2012-2017 il conto dei morti nello Stato di Mexico dice 12.785. Dati che ritornano anche in altri settori geografici, compresi quelli affollati dai turisti. La Baja California è un campo di battaglia. Solo pochi giorni fa hanno recuperato in un terreno 100 chili di ossa, resti di persone fatte sparire. A García, Nuevo León, in un vecchio edificio hanno invece trovato 149 mila frammenti ossei, sempre di desaparecidos. Acapulco è un’arena sanguinosa per gang. Perfino lo Yucatan, con Cancún e Playa del Carmen, segnato è dalla violenza. I cartelli della droga si spaccano, l’estradizione negli Stati Uniti di El Chapo ha ampliato i dissensi dando forza ai rivali di Jalisco Nueva Generación, organizzazione che vuole diventare emergente. I network trattano di tutto, dalla droga alla benzina, dagli immigrati ai minerali. E poi i gruppi sono sempre meno basati sul clan familiare, con il vecchio leader che «teneva» i ranghi. Oggi i piccoli boss vogliono diventare padrini in fretta, non hanno pazienza. E per arrivarci usano il Kalashnikov.

(Qui lo speciale, in 14 puntate, dedicato da Guido Olimpio alla Narco-guerra in corso in Messico, tra violenze efferate, collusioni tra forze dell’ordine e cartelli, e rotte internazionali di stupefacenti)

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