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velasquez ivandi Daniele Mastrogicomo
Iván Velásquez è stato giudicato "persona non gradita". La reazione arriva il giorno dopo l'annuncio dell'apertura di un'inchiesta nei confronti dello stesso presidente da parte del Procuratore generale Aldana, che lavora a stretto contatto con il giudice delle Nazioni Unite

Alla fine è arrivata la vendetta. Il presidente del Guatemala, Jimmy Morales, ha ordinato l'immediata espulsione del magistrato colombiano Iván Velásquez, 62 anni, dal 2013 a capo della CICIG, la Commissione internazionale contro l'impunità del Guatemala, un organismo dell'Onu che è riuscito a raccogliere un imponente dossier sulla corruzione ormai dominante nel mondo politico del paese centroamericano. L'alto magistrato è stato giudicato "persona non gradita". In un breve video diffuso a rete unificate, il Capo dello Stato ha dichiarato: "Nell'interesse del popolo del Guatemala, del rafforzamento dello Stato di Diritto e delle Istituzioni, dichiaro il signor Iván Velásquez Gomez persona non gradita. Ordino che egli lasci immediatamente la Repubblica del Guatemala".

La reazione durissima di Morales arriva il giorno dopo l'annuncio dell'apertura di un'inchiesta per corruzione e frode nei confronti del presidente da parte del Procuratore generale del Guatemala, Thelma Aldana, che lavora a stretto contatto con il magistrato delle Nazioni Unite. Entrambi avevano dichiarato di aver raccolto "numerose e convergenti prove" che dimostravano come la campagna elettorale del candidato presidente nel 2015 fosse stata sostenuta con finanziamenti occulti, frutto di tangenti ricavati da soldi pubblici. Entrambi i magistrati avevano depositato il dossier alla Corte Suprema chiedendo che fosse tolta l'immunità di cui gode il Capo dello Stato: un passaggio obbligato in vista del pronunciamento del Parlamento che avrebbe dovuto dare il suo consenso con 2/3 dei voti.

Eletto con una maggioranza schiacciante, Jimmy Morales, 46 anni, era apparso ai guatemaltechi come l'uomo della speranza, il candidato in grado di far uscire il paese da una gravissima crisi morale e politica dopo la voragine nei conti pubblici provocata dalla gestione a dir poco criminale del suo predecessore, l'ex generale dell'esercito Otto Pérez Molina, esponente dell'ala dura della vecchia giunta militare arrivata al potere con un golpe.

Il nuovo presidente era noto soprattutto come comico. Non aveva alcuna esperienza politica né istituzionale. Facendo leva sulle sue battute e i suoi personaggi seguitissimi da un folto pubblico in un programma quotidiano in tv, riuscì a scalzare gli altri 12 candidati e superò trionfante il ballottaggio. Il suo motto era "Né ladri, né corrotti". Ma è stato proprio sulla corruzione che è scivolato neanche un anno dopo essere arrivato al palazzo presidenziale. La Procura generale ha arrestato il figlio Manuel, di 23 anni e il fratello di Jimmy, Sammy, di 49. Le accuse erano di frode: finti pranzi per oltre 500 invitati, fatturazioni fittizie per nascondere mazzette che alimentavano un giro di corruttele legato alla famiglia del presidente.

Davanti alle accuse del capo della CICIG e del Procuratore Generale, il capo dello Stato aveva reagito con una calma. Apparente. Si era detto fiducioso nella giustizia e aveva chiesto un processo equo. In realtà era furibondo. Ha chiesto al suo ministro degli Esteri, Carlos Raúl Morales,  (nessun legame tra i due), di intervenire presso il segretario generale dell'Onu Antonio Guterres per chiedere l'allontanamento di Velásquez. Ma l'incontro si era risolto in modo completamente diverso: sia Morales sia Guterres avevano solidarizzato con l'alto magistrato delle Nazioni Unite e avevano respinto la richiesta di Jimmy. Il presidente è andato su tutte le furie e ha licenziato in tronco il suo ministro degli Esteri. Poi ha decreto l'espulsione immediata del funzionario Onu.

Un gesto forte. Che avrà sicuramente delle ripercussioni. Iván Velasquez ha un alto profilo professionale e una carriera specchiata. Nato a Medellín,  dal 1991 al 1994 ha retto la Procura di Antioquia dove indagò sui casi più eclatanti di torture, esecuzioni extragiudiziarie, massacri dei paramilitari delle AUC. Fu lui a creare l'Organismo permanente dei Diritti umani e a rafforzare il Comitato inter istituzionale contro gli abusi alla popolazione civile di cui facevano parte organizzazioni sociali, esponenti della Curia colombiana e autorità governative. La sua ultima azione, forse la più incisiva, fu contro il governo di Otto Pérez, finito in carcere con la sua vice e altre 22 persone per quella che viene considerata "la più devastante azione corruttiva nella storia del Guatemala". Un vero saccheggio ai danni della popolazione e di un Paese già devastato da violenze, golpe e guerre civili. Un lavoro di indagine costante, pieno di testimonianze e prove cartacee, scandito da minacce e pressioni fortissime. Quello che avrebbe dovuto fare l'ex procuratore aggiunto di Palermo Antonio Ingroia. Lasciata la magistratura, il magistrato aveva annunciato di volersi dedicare proprio al Guatemala per sradicare la corruzione che l'affliggeva e tuttora l'affligge. Ha resistito pochi mesi poi ha preferito buttarsi in politica. In Italia. Con risultati deludenti.

Tratto da: repubblica.it



Il commento di Antonio Ingroia*

In un articolo pubblicato questa mattina a pagina 14 di Repubblica di Daniele Mastrogiacomo si dice che io nel 2012 ero il Capo della CICIG (l'organizzazione delle Nazioni Unite denominata "Commissione Internazionale Contro l'Impunità in Guatemala") e che la lasciai per candidarmi alle politiche del 2013 senza fare ciò per cui ero stato nominato e che ha fatto invece il nuovo Capo della CICIG, il magistrato colombiano Ivan Velasquez Gomez.
L’articolo, sostanzialmente corretto sul ruolo di Velasquez Gomez, scrive alcune gravi inesattezze sul mio mandato in Guatemala e visto che Mastrogiacomo ne parla e che il pezzo è addirittura corredato da una mia foto mi preme chiarire tali gravi inesattezze che ritengo diffamatorie.
In primo luogo, non è vero che io ho operato in Guatemala soltanto due mesi. Io venni nominato già nel luglio 2012 ben prima di novembre. Fu il CSM, che ha tempi piuttosto lenti, a ratificare l’incarico nel novembre dello stesso anno.
Intanto però ero già stato, più volte nel corso del 2012, ancor prima della mia nomina formale, nel mio ufficio in Guatemala per alcune preliminari riunioni di lavoro ed organizzative, in modo tale da essere subito operativo appena ottenuta l’autorizzazione dal CSM.
La seconda rettifica importante da evidenziare è che non è vero che Velasquez Gomez è stato il “mio successore” alla CICIG. Io ero Capo del dipartimento Investigativo-Giudiziario della CICIG, mentre il capo dell'intera CICIG era allora un anziano magistrato del Costa Rica, Francisco Dall’Anese, al quale è poi nell'agosto del 2013, più di un anno dopo la mia nomina, succeduto il colombiano Velasquez Gomez.
La principale ragione per cui mi convinsi a lasciare la CICIG (e perciò mi resi disponibile ad accettare la proposta che mi venne fatta per "l’avventura in politica") fu proprio perché capii presto, dopo la mia nomina e soprattutto dopo il mio insediamento in Guatemala, che l’atteggiamento dell'allora capo generale Dall’Anese era ben diverso dall'intraprendenza dimostrata poi dal suo successore colombiano, di cui si parla nell’articolo di Mastrogiacomo. Ogni mio nuovo progetto investigativo sulla corruzione politica legata alla criminalità organizzata in Guatemala non veniva purtroppo avallato da Dall’Anese il quale sosteneva che era intenzione dell’ONU chiudere entro un anno la CICIG, perché quest’ultima aveva esaurito il suo ruolo, e che la CICIG non doveva invadere ambiti di competenza della magistratura locale. Dall’Anese aveva un atteggiamento rinunciatario che io non condividevo e che non condividevano in molti, tanto che nei mesi in cui ero lì assistetti a diverse rinunce d’incarico (ricordo, in particolare, le rinunce di due validi elementi, un magistrato spagnolo ed un investigatore della Guardia di Finanza italiana). Le cose fortunatamente sono andate diversamente dopo che Dall’Anese è andato via e Velasquez Gomez ha preso il “suo” posto. Da allora la CICIG ha dimostrato le straordinarie potenzialità che quell’organismo ha e aveva già in sé, potenzialità che furono di grande stimolo per me al momento di accettare quell’incarico, ma che non fui messo in condizioni di realizzare. Se Velasquez Gomez fosse arrivato un anno prima alla CICIG è molto probabile che io sarei rimasto in Guatemala potendo portare avanti un lavoro serio e concreto per la lotta contro la corruzione e la criminalità organizzata e sono certo che insieme avremmo fatto indagini importanti.
Leggendo in queste ore che il Presidente del Guatemala Morales, da lui indagato, intende espellere Velasquez Gomez dal Paese dichiarandolo “persona non gradita”, colgo l'occasione per esprimergli tutta la mia stima e solidarietà. E non posso non notare delle obiettive analogie fra i nostri destini professionali quando hanno “incrociato” due capi di stato: lui, espulso dal Guatemala, per avere “osato” indagare sulle presunte corruzioni del Presidente Morales; io, avversato in tutti i modi e perfino “esiliato” in Val D'Aosta, per avere osato “intercettare” l'allora Capo dello Stato Giorgio Napolitano...

Tratto da: facebook.com/antonio.ingroia.7/posts/10213888517357318

In foto: il presidente del Guatemala Jimmy Morales

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