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trump c reuters chris keaneL’accusa dei procuratori di Maryland e Washington Dc: “Conflitto di interessi, il suo hotel ospita governi stranieri”
di Alberto Flores D’Arcais
NEW YORK. Violazione della Costituzione. L’accusa che arriva contro Trump dai procuratori generali (entrambi democratici) di Maryland e Washington DC è di quelle che possono lasciare il segno: il presidente degli Stati Uniti avrebbe approfittato della sua posizione per ottenere benefici economici (milioni di dollari). L’ennesimo scoop di domenica notte del Washington Post ha avuto conferma a mezzogiorno di ieri quando Karl Racine (Distretto di Columbia) e Brian Frosh (Maryland) hanno annunciato - in una conferenza stampa comune - di avere citato in giudizio The Donald accusandolo di «un conflitto di interessi che viola la Costituzione degli Stati Uniti».
La denuncia è imperniata sulla cosiddetta emoluments clause della Costituzione, la clausola che impedisce ai pubblici ufficiali di «accettare denaro o regali da governi stranieri», senza aver avuto l’autorizzazione del Congresso. Per Frosh, Trump non ha separato i suoi interessi personali dai suoi doveri presidenziali, visto che la Costituzione dispone che «il presidente metta al primo posto gli interessi degli Stati Uniti e non i suoi interessi personali».
Spetterà ora alla Corte Distrettuale del Maryland (un tribunale federale) stabilire se accogliere o meno la richiesta. In caso positivo Racine e Frosh chiederanno come prima misura di poter visionare le dichiarazioni delle tasse che Trump non ha mai voluto svelare. Al centro della citazione in giudizio c’è la vicenda del Trump International Hotel, l’albergo aperto lo scorso anno nello storico edificio della Posta della capitale. Secondo i due procuratori la General Services Administration (Gsa) ha erroneamente permesso alla compagnia di Trump di continuare a prendere in affitto l’edificio - nonostante una clausola del contratto che esclude ogni persona con una “funzione pubblica elettiva” - dopo che The Donald ha proposto un aumento del bilancio per la stessa Gsa. L’hotel è stato usato da diversi governi stranieri (Kuwait, Arabia saudita e Georgia tra questi). Racine ha spiegato di essersi sentito obbligato ad agire anche perché il Congresso (controllato dai repubblicani) «non ha affrontato seriamente la questione del conflitto d’interessi» del presidente.
Quella iniziata ieri rischia di essere per la Casa Bianca una settimana particolarmente dura. Ieri un’altra Corte d’Appello (quella del nono circuito federale) ha confermato lo stop anche alla seconda versione del bando anti-musulmani voluto dal presidente. E questa mattina, davanti alla Commissione Intelligence del Senato (la stessa dove giovedì ha deposto l’ex Direttore dell’Fbi Comey) l’Attorney General Jeff Sessions dovrà rispondere pubblicamente (lo hanno chiesto i senatori democratici) alle scottanti domande sul Russiagate. Lo scorso febbraio il ministro di Giustizia aveva inizialmente tenuto nascosto al Congresso di aver avuto due incontri con l’ambasciatore russo in Usa Sergey Kislyak. Secondo quanto testimoniato da Comey ci sarebbe stato anche un terzo incontro, di cui finora non si era parlato.

La Repubblica

Foto © Reuters/ Chris Keane

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