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sioux protesta oleodottoIl presidente ha subito dai via libera alla contestata opera. La tribù di Standing Rock farà causa

L'oleodotto non si deve fare. Anche se adesso alla Casa Bianca c'è il miliardario che in nome del business è pronto a sventrare gli Stati Uniti. Adesso, anche se mataforicamente, la tribù Sioux di Standing Rock è sul piede di guerra.
Una reazione fin troppo ovvia dopo la decisione del neopresidente Usa Donald Trump di riprendere la costruzione degli oleodotti Dakota Access e Keystone XL. Jan Hasselman, avvocato dei Sioux, ha annunciato i nativi americani faranno causa per difendere la decisione del genio militare che aveva scelto di fare uno studio sull’impatto ambientale del Dakota Access. La tribù dei Sioux si oppone da sempre al progetto, in particolare all’attraversamento del lago Oahe. Secondo gli attivisti, se si verificasse una perdita lì verrebbero inquinate le acque da cui dipendono i circa 8.000 membri della tribù e milioni di altri cittadini americani che abitano più a valle.
I Sioux hanno definito il decreto esecutivo firmato da Trump una violazione della legge. “La decisione politicamente motivata dell’amministrazione Trump viola la legge e la tribù si muoverà per combatterla”, ha dichiarato il capo tribù Dave Archambault II.
Trump aveva invece detto: "Vedremo se riusciremo a costruire questo oleodotto dal quale arriveranno molti posti di lavoro, 28mila". Posti di lavoro ma a quale prezzo per la gente che abita quei territori? E chi ci guadagnerà con questa gigantesca speculazione?

globalist.it

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