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Bangladesh, a Dacca 20 vittime civili e sei terroristi uccisi. Nell’assalto al ristorante e durante l’incursione delle “teste di cuoio” locali sono stati coinvolti italiani e altri stranieri, si pensa anche giapponesi. Il mite, accogliente e popoloso Paese asiatico è sempre più coinvolto in una spirale violenta, a causa della presenza della diffusione dell’islam radicale su cui giocano sia Al Qaeda che Isis.
Ad ottobre era già stato ucciso un italiano, Cesare Tavella, un onesto e capace cooperatore internazionale.

Nei mesi scorsi sono stati fatti letteralmente a pezzi giornalisti, intellettuali, professori solo perché laici o omosessuali. I terroristi hanno diffuso le immagini mentre dentro il ristorante massacravano con spade e pugnali alcuni ostaggi, magari ignari delle più piccole conoscenze di versetti del Corano.

Un altro Paese che ha perso la pace. Il mondo che fa? Reagisce, certo. Ma ancora siamo molto al di sotto della portata della sfida tragica e violenta che entra giorno per giorno nel quotidiano delle nostre vite. Ci svegliamo la mattina e le notizie ci mettono davanti ai nostri occhi immagini terrificanti. Il dolore inizia a ritmare le giornate di vaste popolazioni del “villaggio mondo”.

La sfida è globale, le reazioni sono ancora troppo locali. La sfida è culturale, mentre ci si limita ad alzare stupidi steccati di intolleranza e odio. La sfida è sociale ed economica e lasciamo ancora dilagare povertà ed emarginazione. La sfida è militare e richiede alti livelli di sicurezza. Invece, siamo fermi ad azioni deboli ed organizzate in modo frammentario e tutto dentro le dinamiche geopolitiche tradizionali.

Insomma se la sfida è globale la strategia deve essere altrettanto globale, cioè sistemica, integrata, vissuta nei territori e negli scenari dei conflitti in atto. In sostanza dobbiamo svegliarci, pensare e fare, fare e pensare, in modo progettuale e con piglio operativo. Prima lo si fa, meglio è!

Giuseppe Lumia

giuseppelumia.it

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