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Colloquio con Giulietto Chiesa a cura di Ignazio Dessì - tiscali.it - 12 ottobre 2011
Dalle Ramblas spagnole alle piazze greche, dalle agli spazi di Wall Street i giovani si indignano e contestano le banche e tutti i poteri forti che in nome del debito strozzano il mondo ed i suoi abitanti.
     
Le stesse banche le cui speculazioni hanno determinato – dalla bolla Usa in poi – le crisi a seguito delle quali chiedono ai governi i nostri soldi. “Non se ne può più – dice a Tiscali Giulietto Chiesa, noto giornalista, scrittore e politico - e in tutto l’Occidente va diffondendosi la rivolta” contro questa mostruosità, con momenti di protesta in molti paesi capitalisti, come dimostrano da ultimi i giovani indignados statunitensi.

Anche in Italia ci sarà una grande manifestazione a Roma, il 15 ottobre, all’insegna di una precisa parola d’ordine: “Non paghiamo il debito” e rivendichiamo "equità, pace e cambiamento globale". Chiesa si accalora quando sottolinea la necessità di essere in tanti per respingere l’avidità di chi vuole appropriarsi del nostro domani. “Sarà una manifestazione europea (ma non solo) e l’appuntamento – dice - rappresenta una vera e propria dichiarazione d’intenti per il futuro”, il nostro futuro. L’occasione per dire ai potentati famelici della finanza “non deciderete più contro di noi”. Trovarsi in piazza insieme sarà un modo di iniziare un percorso di democrazia e giustizia sociale e “non smetteremo finché non avremo ottenuto ciò che vogliamo”, promette il giornalista.

Ci sono delle cose precise che i cittadini hanno diritto di sapere. Prima di tutto “chi sono i nostri creditori”, poi “come e perché questo debito è stato creato”. Inoltre c’è chi ha giocato pesante con i prodotti finanziari ed ora scarica sui cittadini il peso dei propri scellerati errori. “Vogliamo dire - sostiene l’ex parlamentare europeo - che se siamo indebitati è perché ci hanno truffato e continuano a dirci, ogni santo giorno, che dobbiamo continuare a indebitarci”. Fino ad affermare assurdità come quella dell’ex ragioniere generale dello Stato Andrea Monorchio che propone di ipotecare le case degli italiani.

Quanto alla Banca Centrale Europea, lesta a inviare lettere segrete ai governi per imporre le proprie scelte, “vogliamo annunciarle che il nostro obiettivo è nazionalizzarla”, precisa l’ex inviato dell’Unità e

della Stampa. Bisogna prendere coscienza infatti che possiamo rifiutarci di seguire le regole di questi organismi sovrannazionali, espressioni di poteri forti e discutibili. Da questo punto di vista, la famosa missiva di Draghi e Trichet al governo Berlusconi “è una vera aggressione, alla nostra sovranità e alla nostra vita”. Si tratta di una illecita interferenza che “bisogna rinviare al mittente”.

Anche in questi giorni gli annunci degli organismi Ue, del nostro esecutivo e di altri governanti europei sulla fragilità delle banche e sulla esigenza di ricapitalizzarle ancora una volta a nostre spese, dovrebbe indurre a dire che “non accetteremo di regalare altri soldi a banchieri falliti”. E’ un criterio inevitabile, se è vero che siamo in una economia di mercato e certi principi non valgono solo quando si tratta di spremere i cittadini: “Se il mercato vale, allora devono fallire”. Una cosa possibile, come ha dimostrato l’esperienza dell’Islanda, dove la popolazione si è rifiutata di pagare un debito di cui non aveva colpa ed ha costretto i propri rappresentanti a individuare una via alternativa e vincente per rimettere le cose a posto. La filosofia di Giulietto Chiesa si basa sulla logica e non fa una grinza: “Se le banche decotte non vengono lasciate fallire è perché il mercato non vale. Ma se il mercato non vale, non potete chiederci di pagare il debito”.

Ma è davvero possibile pensare di far fallire le banche, nazionalizzarle e magari mandare davanti ai giudici i responsabili dei default? C’è chi non ha dubbi, almeno a leggere i commenti sul blog dello stesso scrittore. Andrea09, per esempio - col quale Chiesa si dice totalmente d'accordo - , spiega come si potrebbe “garantire il rimborso del capitale solo ai detentori privati italiani applicando un ripudio/negoziazione al resto”. Riservando tale trattamento al debito estero è vero che “i mercati non accetterebbero più nostre emissioni” ma Andrea09 indica “alcuni importanti effetti” che meritano di essere riportati per intero: “uno stock di debito notevolmente ridotto, con effetti positivi sulla quota interessi, anche a fronte di un rialzo dei tassi richiesti; un intervento per una forte riduzione di sprechi, privilegi e spese non necessarie, fino ad ottenere un avanzo primario sufficiente a coprire anche le residue spese per interessi annuali; una manovra redistributiva, anche tramite una patrimoniale sui contribuenti più agiati, considerato che in Italia il 10% delle famiglie detiene quasi il 50% della ricchezza”. Di questo passo avremo la possibilità di “emettere” a livello locale, fino a quando l’avanzo primario avrà cancellato completamente il debito” senza lasciare residui di “deficit strutturale”. Mentre “la quota degli interessi risulterà fortemente ridotta e l’impatto dei tassi sopportabile”. Questo presuppone ovviamente la possibile fuoriuscita dall'euro sia pure in maniera temporanea, ma "anche questo non sarebbe un disastro ingestibile".

Certo, resta da stabilire con quali strumenti si possa evitare completamente di scaricare su altri il peso di una simile scelta, ma con la nazionalizzazione e le opportune riforme strutturali, “una cosa è sicura – fa notare il blogger che evidentemente mastica, e molto bene, i bocconi impegnativi della scienza finanziaria -: a pagare il conto sarebbero coloro che hanno beneficiato di una finanza sregolata e arrogante, con prestiti e/o investimenti irresponsabili e ad alto rischio”. Ovvero gli investitori istituzionali e non i comuni cittadini . Il default, d’altro canto, "comporterebbe sì pesanti perdite sui titoli alle banche italiane, ma c’è da considerare che la ricapitalizzazione prevede la conversione in conto capitale, con la sostanziale nazionalizzazione delle istituzioni finanziarie coinvolte e successive riforme strutturali, a partire dalla separazione tra banche commerciali e d’investimento”.

Gli effetti di medio termine di queste scelte sarebbero sicuramente positivi, e in ogni caso “preferibili alle misure suggerite dal Fondo Monetario Internazionale che generano solo recessione, conflitti sociali e disuguaglianze, ipotecando il futuro delle prossime generazioni e consegnando il patrimonio del Paese ai soliti avvoltoi”. La crisi diventa infatti il pretesto per smantellare i servizi pubblici, lo stato sociale, la scuola, per annullare diritti e appropriarsi dei beni comuni. Si tratta allora di non sottostare più agli appetiti dei signori del denaro e “per questo motivo – come sottolinea con forza Giulietto Chiesa - c’è necessità di formare un movimento dal basso per imporre le nostre scelte ad una classe politica che si preoccupa solo di conservare privilegi e poltrone invece di risolvere i nostri problemi”.

I piani di pochi banchieri famelici possono essere scombussolati dalla presa di coscienza generale. “La posta in palio – spiega Chiesa – è il patto sociale con il quale l’Europa è stata creata”. Non esiste altra via che difendersi dall’aggressione. L’aggressione di un “gruppo di irresponsabili che sono i veri padroni del pianeta e dell’Europa”. Quel trader pronto ad evidenziare come al mondo comandi Goldman Sachs sarà pure risultato una mezza bufala, ma probabilmente bufala non era ciò che ha affermato. Non c’è quindi scelta e a partire dal 15 ottobre “bisogna scendere in piazza per difendere i nostri diritti … e le nostre vite”.

Fonte: notizie.tiscali.it

Tratto da:
megachip.info

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