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di AMDuemila
Ieri pomeriggio il plenum straordinario del Consiglio superiore della magistratura ha approvato le linee guida per l'organizzazione degli uffici giudiziari alla luce dell'emergenza coronavirus. Il Csm ha votato a larga maggioranza, con soltanto due voti contrari, la delibera della settima commissione che stabilisce indicazioni sulla base delle misure disposte dal governo. La delibera, come ha spiegato la relatrice, la togata di Area Alessandra Dal Moro, "individua quali direttrici del proprio intervento, alla luce della normativa emergenziale: l'esigenza di contenere il contagio evitando i contatti personali e limitando la mobilità" e "l'importanza del ricorso al lavoro agile, alla flessibilità di svolgimento della prestazione lavorativa, nonché a strumenti per la partecipazione da remoto a riunioni e incontri di lavoro, sistemi di videoconferenza e call conference". Le indicazioni fornite riguardano "le modalità di rinvio e di svolgimento delle udienze civili e penali, nonché alle relative camere di consiglio, mediante collegamenti da remoto; i criteri cui ispirarsi nella dichiarazione d'urgenza per quelle non considerate indifferibili ex lege; la trasmissione degli atti urgenti, per limitare l'accesso agli uffici giudiziari e i contatti personali, suggerendo la possibilità di adottare protocolli interni, tra uffici giudicanti e requirenti, che prevedano che gli atti siano portati a conoscenza dell'ufficio cui sono diretti mediante trasmissione con modalità telematiche". Infine si prevede "opportunità per i dirigenti di programmare tempestivamente l'attività di seconda fase, ivi compresa la decisione dei rinvii delle udienze, alla luce di dell'esigenza prioritaria di contrastare il contagio e con criteri di efficienza, curando di evitare plurimi rinvii dello stesso procedimento, e relativo aggravio delle cancellerie, nonché di salvaguardare la sospensione dei termini di prescrizione e di durata delle misure cautelari come disciplinata dalla normativa".
Diversamente, per quanto concerne le carceri, il Csm ha bocciato il Cura Italia definendo le misure previste nel decreto come "inadeguate" a raggiungere gli obiettivi che l'esecutivo si è posto. E questo anche per "l'indisponibilità" dei braccialetti elettronici a cui è stata subordinata la concessione della detenzione domiciliare a chi deve scontare pene residue sino a 18 mesi.
Il parere espresso dal plenum non è stato unanime ed è stato approvato a maggioranza. Il tutto accompagnato dalla richiesta di interventi per differire alla fine dell'emergenza l'ingresso in carcere di nuovi condannati a pene brevi per reati non gravi.
"Attualmente in carcere ci sono circa 60 mila detenuti e circa 60 mila persone vi accedono ogni giorno per lavorarci. Nelle attuali condizioni è impossibile garantire quel distanziamento sociale che tutti gli esperti ci dicono essere l'unico presidio efficace contro la diffusione del virus", ha sottolineato nel suo intervento il togato di Area Giuseppe Cascini. Il Csm, ha ammonito, "ha il dovere di dire con chiarezza che questo provvedimento non può in nessun modo conseguire l'obiettivo dichiarato di ridurre la popolazione penitenziaria. E ha il dovere istituzionale di indicare le soluzioni idonee a garantire gli obiettivi perseguiti". Critico sul parere il laico della Lega Stefano Cavanna: "non si delineano solo le criticità, si indicano anche al legislatore le soluzioni politiche da assumere, avventurandosi in pericolose valutazioni di merito di scelte che sono riservate dalla Costituzione esclusivamente all'esecutivo e al legislativo, il tutto al fine di supportare tesi che, nella sostanza, implicano svuota carceri indiscriminati ed indulti neanche tanto mascherati".

Foto © Imagoeconomica

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