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intercettazioni cuffia 610Roma. Ci sono troppe "lacune" nella riforma delle intercettazioni e preoccupazione per lo svolgimento delle indagini e il rispetto del diritto di difesa, per questo i capi di alcune Procure importanti hanno ribadito il loro allarme - già manifestato nei mesi scorsi - sulle nuove norme, approvate dal Consiglio dei ministri a fine anno e volute dal Guardasigilli Andrea Orlando. Lo hanno fatto durante il convegno organizzato dalla Camera penale di Roma e svoltosi oggi nella sala Europa della Corte d'Appello della capitale. "Non ho soluzioni pronte, ma ho la convinzione che sia fondamentale il bilanciamento degli interessi in gioco, che sono la tutela della riservatezza e le garanzie difensive: un rinvio dell'entrata in vigore prevista per luglio mi sembra sia auspicabile, almeno fino a quando non saranno perfettamente funzionanti le strutture previste dalla legge", ha sottolineato Luciano Panzani, presidente della Corte d'Appello di Roma riferendosi anche all'allestimento degli archivi riservati dove devono confluire le intercettazioni ritenute ininfluenti nelle indagini, e che devono essere 'ascoltabili' dagli avvocati che però non possono averne copia. Giovanni Salvi, Pg della Corte d'Appello capitolina, ha rilevato le "ricadute organizzative" dovute alla normativa nonostante sia stata modificata nel lavoro svolto dal Parlamento e dal ministero in accoglimento di alcune proposte di bilanciamento. Giuseppe Pignatone, capo dei pm romani, ha puntato il dito sulle "tante lacune" - tra le quali ha ricordato l'assenza di risorse - di una riforma che pure rappresenta un passo avanti rispetto "allo schema che ci era stato inizialmente presentato". "Riteniamo che entro il dodici luglio non sia possibile che la riforma entri in vigore", ha detto il Procuratore capo di Napoli Giovanni Melillo, aggiungendo inoltre che "l'accesso all'archivio riservato deve essere possibile solo per le parti, mentre oggi non è così dal momento che il server è accessibile da remoto alle aziende che forniscono il sistema". Per Melillo, si tratta di "logiche aziendali non interamente controllabili dalla pubblica amministrazione, e la giurisdizione non può dipendere dalle logiche aziendali altrimenti perde di credibilità", e ha citato l'indagine in corso sulla trasmigrazione di dati da Facebook a Cambridge Analytica. Per il Procuratore capo di Palermo Francesco Lo Voi è condivisibile la finalità della riforma ma, come Melillo, anche lui non crede nella "realisticità" della sua entrata in vigore "in mancanza del decreto che descriva le funzionalità dell'archivio segreto". In sostanza, servono regole uguali in tutta Italia per l'accesso degli avvocati agli archivi riservati, i tempi, il personale di servizio da dedicare, le sale d'ascolto da allestire. Ad avviso del Procuratore capo di Firenze Giuseppe Creazzo la riforma finisce per creare una "sperequazione involontaria tra abbienti e non abbienti perchè, ad esempio, solo chi può permettersi un grosso studio legale avrà la possibilità di difendersi bene in un maxiprocesso”.

ANSA

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