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Ci sono due tipi di storie nella gestione dei beni sequestrati e confiscati alla mafia. Ci sono storie in cui chi ottiene il bene che lo Stato ha tolto alle cosche fa il furbo, gestisce il bene allegramente, non tutela i lavoratori, se si tratta di aziende, e non rispetta quella regola di base della restituzione in forma positiva alla comunità di un bene ottenuto o gestito illegalmente prima. E poi ci sono quei casi in cui associazioni e cooperative si vedono messi i bastoni tra le ruote nella gestione del bene, dallo Stato o dagli stessi personaggi a cui sono stati confiscati. 

E in questo secondo caso c’è la cooperativa Spazio Libero. La Cooperativa nasce nell’aprile 2015 per concretizzare e stabilizzare il progetto di collaborazione nato tra l’associazione antiracket LiberoFuturo e il Tribunale di Trapani con l’obbiettivo di coadiuvare gli amministratori nel difficile compito di gestione dei beni sequestrati al fine di mantenerli e se possibile migliorarli e renderli produttivi creando ricchezza e posti di lavoro sia nell’eventualità che tornino nella disponibilità dei proposti, sia che vadano a confisca definitiva.

La cooperativa si è messa a disposizione intervenendo anche nella fase in cui il bene risultava sequestrato, una fase tipicamente incerta. Nei suoi quasi quattro anni di vita ha gestito con grandi criticità alcuni immobili e terreni avuti in affitto sin dalla fase di sequestro, nella convinzione che sia “eticamente corretto e strategicamente importante spendersi accanto allo Stato per la sana gestione dei beni sequestrati alla mafia e nella speranza di poter fare qualcosa per evitare che la legge sui sequestri naufraghi nell’ignavia e nella mala gestio”, raccontano oggi i soci.
Ma non tutto è andato bene. Raccontano episodi di mala burocrazia, di ostruzionismi, di sforzi anche economici per recuperare dei beni e dare lavoro risultati vani.

L’ultimo caso riguarda la gestione di un vigneto a Castellammare del Golfo
. Un vigneto ammalorato preso in affitto dalla cooperativa. Viene stipulato con l’amministrazione giudiziaria del bene un contratto d’affitto per dieci anni, rinnovabile per altri dieci. Un periodo lungo che consentirebbe alla cooperativa di rimettere in sesto il terreno e renderlo produttivo. Il vigneto è in pessime condizioni perchè è stato distrutto prima dell’arrivo della cooperativa da un incendio e dal pascolo abusivo. Allora si predispone l’espianto e il reimpianto che viene finanziato dalla Regione con circa 50 mila euro su un progetto di 100 mila euro. Il Comune di Castellammare, con l’allora sindaco Nicola Coppola, sottoscrive il progetto e la richiesta alla Regione firmando il progetto di finanziamento OCM per estirpazione e reimpianto. “Dopo l’assegnazione del finanziamento si decide però che il nostro contratto d’affitto non è più valido e che bisogna assegnare il bene attraverso un bando ad evidenza pubblica”. SpazioLibero accoglie la decisione del Comune, chiede una proroga dei termini per la presentazione della fideiussione alla Regione partecipa al bando e si aggiudica il vigneto. Ha corso il rischio di vedere perso il terreno, ma questo era stato deciso dall’alto. Nel frattempo, però, Spazio Libero perde il finanziamento regionale. Una beffa, che si unisce anche ai ritardi nell’assegnazione. Dopo un anno dall’aggiudicazione provvisoria, infatti, ancora non c’è nessuna risposta nè dal Comune, né dalla Prefettura di Trapani sull’assegnazione definitiva del bene. Insomma, la cooperativa vorrebbe cominciare a lavorare quelle terre sequestrate ai boss, ma la burocrazia sta frenando tutto. Ed è tempo prezioso quello che si sta perdendo. Perchè nel frattempo la Regione ha pubblicato un nuovo bando per espianto e reimpianto vigneto al quale Spazio Libero non può partecipare senza assegnazione definitiva, per questo ha scritto una Pec urgente al Comune, ma ancora nessuna risposta.

Questo è solo l’ultimo caso di una serie di errori e gestione poco attenta dei beni confiscati che non fanno stare sereni gli enti e le cooperative che ottengono l’assegnazione.

Sempre Spazio Libero aveva preso in affitto un appartamento a Marinella di Selinunte che venne dissequestrato dopo pochi mesi. Può succedere, ma la cooperativa aveva speso tempo e denaro per rimetterlo in sesto. Altro caso è quello della presa in comodato d’uso gratuito di un vigneto ormai improduttivo a Paceco. nonostante le ripetute richieste agli amministratori giudiziari del bene, per un’assegnazione a lungo termine che consentirebbe un effettivo miglioramento del bene, la cooperativa è costretta ad attuare interventi minimi senza poter intervenire sui progetti per l’espianto e il reimpianto.

E poi c’è un altro caso, molto grave ed eclatante. E’ il 2015 e la cooperativa prende in affitto due ville sequestrate al boss di Castellammare del Golfo Mariano Saracino. Le rende immediatamente utilizzabili mettendo mani in tasca e cacciando fuori circa 50 mila euro. Ma succede subito qualcosa di assurdo. Il giorno dopo l’inaugurazione si scopre che le ville affittate dall’amministratore giudiziario non sono state mai sanate, sono abusive. “Veniamo assicurati che la situazione sarà risolta tempestivamente. Ma la sanatoria non viene avviata”. Le ville vengono poi confiscate. E’ la volta buona, forse. Si riuscirà a sanare le ville. Invece no. Arriva dall’Agenzia nazionale beni sequestrati e confiscati la notifica di sfratto. E’ il luglio 2017, dopo un anno, ad agosto, l’ANBSC intima la cooperativa a liberare il bene. I soci di SpazioLibero hanno presidiato ininterrottamente le ville notte e giorno per tre anni e mezzo, le hanno salvate da un devastante incendio il giorno dopo la confisca definitiva, hanno subito intimidazioni e difficoltà di ogni sorta di cui hanno regolarmente informato i Carabinieri di Castellammare. “Ma ci ritroviamo oggi espropriati del nostro investimento e dei nostri sforzi dallo Stato”, dicono con amarezza. L’ANBSC sostiene infatti che i contratti decadano automaticamente una volta sopraggiunta la confisca definitiva. “Ma in verità la norma fa riferimento ai rapporti instaurati prima del sequestro, mentre altra cosa sono i rapporti posti in essere dall'Amministratore dopo il sequestro, al fine di salvaguardare il bene”, sottolineano i soci della cooperativa.

Lo Stato sfratta la cooperativa che tutelava il bene. Il primo ottobre 2018 i soci della di Spazio Libero consegnano le chiavi delle villette. Un trasloco fatto in fretta e furia, perchè quel bene era stato trasformato in una struttura ricettiva e fino a due giorni prima c’erano degli ospiti.
“Abbiamo investito tutto quello che avevamo e siamo di fatto "rovinati" da quella che sembra una burocrazia ottusa e priva di buon senso, se non peggio. Lo Stato non vuol essere aiutato dalla società civile e probabilmente si sente minacciato da chi prova a far funzionare le cose - dicono oggi con amarezza i soci di Spazio Libero. Ci siamo convinti che per qualcuno il modo migliore per far naufragare la legge La Torre sia proprio non farla funzionare”.

SpazioLibero inoltre commercializza e valorizza i prodotti provenienti dalle aziende sequestrate con il marchio Extraetico, un marchio che nasce proprio per dedicarsi ai prodotti che guardano all’etica oltre che alla qualità. In questi anni la cooperativa si è attivata sia per promuovere nel circuito del Consumo critico i prodotti degli imprenditori antiracket che quelli provenienti dalle aziende sottratte alla mafia.

L’idea di creare un marchio dedicato prevalentemente ai prodotti provenienti da aziende in amministrazione giudiziaria deriva dall’esigenza di valorizzarli commercialmente per il bene delle aziende stesse che sono un bene collettivo. Sia che vadano in confisca o che ritornino al proposto è bene che restino produttive ed efficienti e che non si perdano posti di lavoro, anzi se possibile se ne creino di nuovi. “Tutto questo però è in pericolo, siamo fragili e lo Stato dovrebbe aiutarci invece che maltrattarci come ha mostrato di fare in più di un’occasione”.

tp24.it