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falcone borsellino poster spalle c ansadi Leo Nodari
“Gesù è più forte della camorra”, il libro di Don Aniello che esce il 30 settembre – con una nuova edizione – aprirà il 23° Premio Borsellino che si svolgerà come da consuetudine da giovedi 11 a sabato 27 ottobre. Anche quest’anno tanti incontri, il ricordo di Rita Borsellino, libri, 3 proiezioni del film “Sulla mia pelle” con Ilaria Cucchi, le foto di Letizia Battaglia, 9 procuratori di 8 diverse procure, 4 spettacoli musicali di beneficenza, 3 produzioni teatrali inedite. E naturalmente Don Aniello con "Gesù è più forte della camorra" (prime presentazioni in 6 città 11/12/25 ottobre) il racconto di vita di don Manganiello, un coraggioso prete di frontiera che si batte da oltre vent'anni per sconfiggere la camorra e a favore dei più deboli. Senza reticenze né ipocrisie. Una figura sempre al fianco delle persone bisognose, che si mischia tra gli ultimi e si impegna con quotidiana perseveranza nella difesa della giustizia, ma anche nella ricerca di redenzione e dialogo con i camorristi di cui denuncia, al tempo stesso e senza indugio, l'azione criminale. Questo diario raccoglie la testimonianza della sua intera missione che a partire dalle strade di Scampia (a Napoli) raggiunge attualmente gran parte del territorio nazionale tramite l'associazione "Ultimi contro le mafie e per la legalità". E’ il diario in prima linea di don Aniello, ma è anche un richiamo forte a chi propone parole nobili – legalità, moralità, non violenza – eppure si tiene lontano dalla realtà del quartiere. Una testimonianza necessaria per capire cosa significa nascere, vivere e morire a Scampia. Ci sono due modi di intendere la missione apostolica in un territorio difficile come Scampia: uno è chinare la testa, non esporsi, parlare solo se interrogati; l’altro è quello del padre guanelliano don Aniello Manganiello. Consiste nel vivere fianco a fianco con gli abitanti del quartiere e condividerne i problemi, spostandosi sempre a piedi perché “in macchina non puoi verificare se il tuo passo è cadenzato su quello dei ragazzi”. Sin dal primo giorno, don Aniello presta aiuto ai malati di Aids e ai tossicodipendenti, conduce battaglie sociali a favore di famiglie troppo frettolosamente etichettate come malavitose, visita le case di camorristi veri e li ascolta, ne ottiene la fiducia e talvolta vede persino compiersi conversioni e ripensamenti radicali. Con questi metodi, però, diventa un personaggio scomodo: nel quartiere è oggetto di continue minacce, fuori si fa nemici nell’Amministrazione comunale e negli alti ranghi ecclesiastici, a suo giudizio non sufficientemente impegnati – nonostante i proclami – dalla parte dei più deboli.

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