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paiola federicaLa notizia pubblicata oggi dal quotidiano Gazzetta del Sud a firma di due giornalisti esperti come Francesco Celi e Leonardo Orlando (paradossalmente anche loro sotto processo per aver rivelato nel 2016 la notizia ancora coperta dal segreto istruttorio) è di quelle clamorose. La chiusura di un’indagine delicatissima e l’individuazione dei presunti responsabili. I magistrati contestano agli indagati l’aver pianificato nel carcere di Messina un attentato contro il magistrato Federica Paiola, condannata a morte e che doveva “saltare” in autostrada, come 26 anni fa Giovanni Falcone, la moglie e gli agenti di scorta. Un’altra Capaci insomma. Ma questa volta nel tratto di A20 compreso tra Milazzo e Barcellona. L’indagine sull’attentato alla vita della giovane magistrata torinese, in servizio alla Procura di Barcellona Pozzo di Gotto, è stata chiusa dopo due anni dalla Procura distrettuale di Reggio Calabria. Sei le richieste di rinvio a giudizio, firmate dal procuratore aggiunto Gerardo Dominijanni e dalla sostituta Sara Amerio. A tenere l’udienza preliminare sarà il prossimo 11 giugno il gip Valentina Fabiani. Eccoli i sei che"volevano uccidere il magistrato in autostrada, in maniera spettacolare ed evocativa, con la finalità di agevolare le associazioni mafiose (compiere l’omicidio per un miglioramento all’interno della criminalità organizzata)", scrivono i magistrati reggini nell’atto di chiusura delle complesse indagini, nate da un’intercettazione ambientale all’interno del carcere di Messina. Si tratta di Antonino Corsaro, reggino di 49 anni, residente a Santo Stefano d’Aspromonte, attualmente ai domiciliari; Salvatore Veneziano, milazzese ventiquattrenne, detenuto a Caltagirone; Gaetano Scicchigno, palermitano di 62 anni, detenuto a Messina; Carmine Cristini, nato a Cosenza 35 anni fa e attualmente detenuto a Padova; Giovanni Fiore, milazzese di 29 anni, ristretto nel carcere di Messina; e Marco Milone, 39enne di Barcellona, detenuto nella casa circondariale della città del Longano. In particolare il reggino Antonino Corsaro, “in qualità di istigatore e ideatore, chiedeva” al milazzese “Salvatore Veneziano di fornirgli targa e macchina” della dottoressa Paiola, “provvedendo poi a trasmettere tali informazioni” al palermitano “Gaetano Scicchigno. Il quale”, come ricostruito dai magistrati della Direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria, “le comunicava - avvalendosi dell’attività di commesso/magazziniere da lui svolta all’interno della casa circondariale di Messina - ad altri soggetti rimasti ignoti”. Inoltre, “Corsaro prometteva a Veneziano di procurare le armi per commettere l’omicidio (Kalashnikov)”, mentre il cosentino “Cristini, in qualità di partecipe, forniva suggerimenti in ordine alle modalità di azione (scaricare l’arma sull’autovettura)”. C’è di più: “Veneziano, in qualità di esecutore materiale, chiedeva altresì il consenso per l’omicidio” al milazzese “Giovanni Fiore” e al barcellonese “Marco Milone, ristretti in carcere a causa” di inchieste e “richieste cautelari della Paiola”. I due - puntualizzano gli inquirenti - fornivano il consenso a realizzare l’attentato.
Di cosa rispondono? In concorso tra loro, compivano atti idonei e diretti in modo non equivoco a causare la morte della dottoressa Paiola, “evento” che non si è verificato “per cause indipendenti dalla loro volontà”, poiché il progetto “criminoso veniva scoperto”. I magistrati contestano anche il reato di associazione mafiosa, per aver “commesso i fatti con le modalità tipiche dell’associazione di cui all’articolo 416 bis del codice penale (uccidere il magistrato in autostrada in maniera spettacolare ed evocativa), nonché con le finalità di agevolare le associazioni mafiose (compiere un omicidio per un miglioramento all’interno della criminalità organizzata)”. La Procura distrettuale reggina ha potuto contare sul supporto in territorio messinese della squadra mobile della questura peloritana e del commissariato di Barcellona. L’11 giugno l’udienza preliminare nella quale si dovrà decidere l’eventuale rinvio a giudizio dei sei.

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