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di Maria Luisa Abate
20 ottobre, sala Tinozzi della Provincia di Pescara, gremita di studenti dell’Istituto Alberghiero di Pescara, per ascoltare il giornalista Giuseppe Lo Bianco scrittore insieme alla giornalista Sandra Rizza del libro L’Agenda Rossa in cui si narra de: “Gli ultimi 56 giorni nel racconto di familiari, colleghi, magistrati, investigatori e pentiti”

lo bianco premio borsellino 2017

La prima edizione del libro fu fatta nel 2007 nel quindicesimo anniversario della morte di Paolo Borsellino (1992-2007), con l'aiuto di ex colleghi magistrati, familiari, pentiti, amici, i due giornalisti ricostruirono gli ultimi 56 giorni di Paolo Borsellino.

Il giornalista Lo Bianco è cronista di giudiziaria da 27 anni, è autore di scritti sul rapporto mafia e politica. Oltre a L’Agenda Rossa di Borsellino, testo scritto nel 2007 e ripubblicato nel 2017, ha scritto altri libri quali: Profondo nero nel 2008, e L’Agenda nera della Seconda Repubblica nel 2010. Ha lavorato al Diario, al Giornale di Sicilia, e a L’Ora di Palermo. Dopo la chiusura de L’Ora, è stato assunto all’ANSA di Palermo dove ha lavorato come capo servizio aggiunto fino a dicembre del 2009. Ha collaborato con L’Espresso e con Micromega e scrive per il Fatto Quotidiano.

Insieme a Lo Bianco la Preside dell’Istituto Alberghiero Alessandra Di Pietro, Gemma Andreini, Presidente della FIDAPA di Pescara e della Commissione Pari opportunità della Regione Abruzzo, la coordinatrice del progetto, prof. Rosa de Fabritiis, sulla legalità che la scuola sta portando avanti già dal 2016 e la giornalista di Rai 3 Abruzzo Daniela Senepa, che ha raggiunto l’assemblea dopo aver ricevuto da Maria Falcone, in una parallela manifestazione tenutasi a Montesilvano, un premio proprio sul giornalismo giudiziario che lei porta avanti da diversi anni.

Alessandra Di Pietro ha dato inizio ai lavori parlando del progetto sulla legalità, svolto nell’ambito del Premio Borsellino, che ha dato e dà agli studenti la possibilità di conoscere fatti che altrimenti, data la loro giovane età, non avrebbero mai conosciuto negando di fatto la possibilità di essere informati e di poter conoscere quale possa essere il nemico da sconfiggere per portare avanti una vera e cosciente lotta alla criminalità, usando uno stile di vita ed atteggiamenti consapevoli sulla legalità.

“Parlarne è importante - ha detto introducendo i lavori Alessandra Di Pietro - ed è il compito della scuola oltre insegnare le materie del corso scolastico, è anche quello di recuperare e manutenere la memoria storica che è l’identità del nostro Paese Il libro L’Agenda Rossa di Paolo Borsellino affronta il tema della trattativa Stato-Mafia, ovvero l’ipotesi di una negoziazione e di accordi che si ritenne fossero stati fatti dallo Stato italiano con esponenti e boss della mafia per evitare che proseguissero le stragi dei primi anni ’90 evitando gli aspetti più pesanti del 41 bis, ossia del carcere duro”.

“L’Istituto Alberghiero – ha aggiunto la professoressa Rosa De Fabritiis – ha iniziato l’anno scorso un percorso di conoscenza sulla realtà sociale dalla strage di Capaci di 25 anni fa, alternando i grandi eventi di incontro con le attività laboratoriali”.

Gemma Andreini ha ribadito il concetto e l’importanza sulla conoscenza dei fatti accaduti 25 anni fa, ma che tuttora accadono, perché è solo con la conoscenza che si può formare una sana coscienza civile dei giovani.

Giuseppe Lo Bianco, parlando del suo libro è intervenuto dicendo:

“Gli ultimi 56 giorni di vita di Paolo Borsellino sono la cronaca di un martirio istituzionale, se l’istituzione ecclesiastica, la Chiesa, avesse avuto tra i suoi rappresentanti Borsellino, uomo di profonda fede, oggi egli sarebbe considerato un martire della legalità. Borsellino dalla strage di Capaci sapeva che il prossimo ad essere ucciso dalla mafia sarebbe stato egli stesso ed è per questo che volle scrivere sulla famosa agenda rossa tutto quello che accadeva e i suoi pensieri e considerazioni. L’agenda era un dono ricevuto a Natale, mai utilizzato, ma dopo la morte del collega ed amico Falcone, cominciò ad annotare frasi, riflessioni, pensieri e appunti investigativi che dovevano restare lì. Segreti, appunti anche pesanti su uomini che ricoprivano ruoli istituzionali. L’Agenda rossa, luogo e custode delle riflessioni più intime, più importanti, definite da Travaglio La Scatola Nera della seconda Repubblica, era un vero e proprio diario che conteneva anche riflessione sulle istituzioni politiche ed amministrative dello Stato italiano che era nella fase di passaggio dalla prima alla seconda Repubblica”.

Molti furono i morti in quegli anni e Borsellino credeva di poter dire cose e fatti all’autorità Giudiziaria, come magistrato e conoscitore dei fatti, ma non fu mai ascoltato.

“E poi - continua lo Bianco - la vicenda umana che si intreccia a quella del magistrato: il 19 luglio chiama un parroco in ufficio per farsi confessare; e cosa mai fatta prima, la sera del 18 luglio, lasciando l’ufficio, saluta con un bacio sulla guancia i 3 colleghi che erano con lui prima di andare a casa e fa lo stesso col portinaio. Borsellino aveva fissato gli appuntamenti per interrogare un pentito in Germania, perché era determinato ad andare avanti. Borsellino ha sempre avuto il senso dello Stato in primo piano, per lui e Falcone il senso dello Stato era il rispetto della Legge. La lezione di legalità di Borsellino, sempre attuale, è quella che ci invita a selezionare la nostra classe politica dirigente, a considerare non votabili persone che, seppure non ancora condannate, comunque sono rinviate a giudizio”.

“Ma che fine ha fatto l’agenda rossa?” ha chiesto un’alunna dell’Istituto Alberghiero.

“L’agenda rossa – ha risposto il giornalista Lo Bianco - non è mai stata trovata. Si sa dell’agenda perché Paolo Borsellino, dalla strage di Capaci dove morì Falcone, scrisse su questa agenda tutto quello che riteneva opportuno per giungere ad una verità. Gli amici. I collaboratori e i parenti lo vedevano annotare quotidianamente sull’agenda pensieri e fatti, ma l’agenda non è mai stata trovata anche se c’è certezza che lui quel giorno l’avesse con se nella borsa, Qualcuno, subito dopo l'attentato, si affrettò a requisirla e questo libro spiega perché”.

Il Presidente Di Marco, raggiunti i relatori, ha voluto portare un saluto ed un suo pensiero sulle tristi vicende narrate dal giornalista Lo Bianco.

“Più volte mi sono chiesto come fosse stato possibile, ad appena due mesi dalla morte di Falcone, che si arrivasse anche all’omicidio di Borsellino. E come se l’Italia si fosse presa una lunga vacanza. Fare un’analisi del periodo storico non è facile, ma le Istituzioni erano distratte e rilassate: inconcepibile e inaccettabile. E oggi è importante tenere la guardia alta. È sbagliato pensare che vada tutto bene solo perché non vediamo saltare in aria persone e cose. Dobbiamo capire quale sia la strategia moderna dei professionisti del male per poterli combattere”.

Leo Nodari istitutore del Premio Borsellino ha poi fatto un intervento importante, anche per rispondere alle numerose domande poste dai ragazzi presenti parlando di mafia e di illegalità, rivolgendosi ai presenti e agli studenti, per far capire loro l’importanza della memoria che deve essere la base di un modo di vivere legale con l’appartenenza alla società civile per formare anche una classe politica efficiente e non corrotta. Soli i giovani possono far cambiare rotta al perpetrarsi delle ingiustizie che coinvolgono in primis loro stessi e inficiano il futuro. Conoscere e studiare sole le chiavi di volta per una vita di legalità.

pescaranews.net

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