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mattarella sergio 4Giovanni Falcone diceva "che la mafia non è affatto invincibile" ma che era "un fenomeno terribilmente serio e grave che si può vincere non pretendendo l'eroismo dei cittadini ma impegnando tutte le forze migliori della società"

I riconoscimenti internazionali e nazionali ricevuti da Giovanni Falcone "ci fanno capire" come il magistrato ucciso dalla mafia 25 anni fa "rappresenti un punto di riferimento per la legalità in Italia e all'estero". Lo ha detto il presidente della Repubblica Sergio Mattarella nel suo intervento al Csm, riunito in seduta straordinaria per ricordare la figura di Giovanni Falcone.

Mattarella, per Falcone non era invincibile
Giovanni Falcone diceva "che la mafia non è affatto invincibile" ma che era "un fenomeno terribilmente serio e grave che si può vincere non pretendendo l'eroismo dei cittadini ma impegnando tutte le forze migliori della societa'". Per il capo dello Stato il modo migliore per rinnovare la memoria e ricordare tutta l'importanza della lotta alla mafia sta nel riprendere "lo spirito e i criteri dell'impegno di Falcone". "Come interprete e capofila di queste energie migliori lui ha svolto con coraggio e determinazione la sua opera, poiché era convinto che perché una società vada bene basta che ognuno faccia il suo dovere. Per questo motivo ha affrontato pericoli di cui conosceva la gravità, per riaffermare la dignità del suo ruolo di magistrato".

Falcone credeva in indipendenza magistratura
Il giudice Giovanni Falcone conosceva "l'importanza del lavoro in pool che ha condiviso con Paolo Borsellino" e soprattutto "aveva ben presente il valore dell'indipendenza e dell'autonomia della magistratura". Lo ha sottolineato il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, aprendo oggi a Roma il Plenum straordinario del Consiglio superiore della magistratura. "Giovanni Falcone - ha aggiunto il Capo dello Stato - era inoltre attentissimo alla consistenza del materiale di prova" e "questo scrupolo conferiva grande solidità alle sue inchieste".

Legnini, Falcone modello di magistrato nel mondo
Giovanni Falcone "è assurto alla statura del mito, dell'esempio per antonomasia di dedizione, integrità morale, di intelligenza e rigore estremo nel condurre la lotta contro le mafie, fino ad essere percepito, in Italia e nel mondo, come archetipo e modello di magistrato". Lo ha detto il vicepresidente del Csm Giovanni Legnini, nel corso del plenum, presieduto dal Capo dello Stato Sergio Mattarella, dedicato alla memoria di Falcone, alla vigilia del 25esimo anniversario della strage di Capaci. Oggi il Csm rende pubblici gli atti dei fascicoli personali di Falcone e di sua moglie Francesca Morvillo, "il migliore contributo che il Csm - osserva Legnini - potesse fornire per alimentare la memoria collettiva e per contribuire a completare la ricostruzione della vicenda professionale ed umana di un magistrato così straordinario". Il vicepresidente dell'organo di autogoverno delle toghe ricorda il "rapporto molto difficile", "sofferto" tra Falcone e il Csm: quelli desecretati oggi sono "atti che raccontano l'attività professionale del magistrato più amato, anche se all'epoca fatto oggetto di non poche critiche ed ingenerosi attacchi personali". In uno di questi, un parere del 1984, Falcone veniva definito "un magistrato che si distingue tra tutti": ciò "fu probabilmente all'origine del suo isolamento, di certe accuse infamanti o talvolta velate, di sconfitte, di dolorose incomprensioni", rileva Legnini.

Legnini, da lui insegnamenti preziosi per il Csm
Le intuizioni di Giovanni Falcone sugli strumenti investigativi e processuali da utilizzare nella lotta alla mafia sono divenute "gli architravi nella strategia di contrasto delle organizzazioni criminali mafiose". Lo evidenzia il vice presidente del Csm Giovanni Legnini, che è convinto che anche dal rapporto difficile e contrastato di Falcone con il Csm dell'epoca, l'attuale Consiglio superiore possa trarre "insegnamenti preziosi". "Mi riferisco - dice- al conferimento degli incarichi direttivi, all'antico dualismo tra anzianità senza demerito e specializzazione delle funzioni poste a concorso; alla non rara diffidenza verso esperienze giudiziarie fortemente innovative, soprattutto quando si è in presenza di forti e autorevoli personalità; ai dubbi e ai sospetti che spesso circondano le esperienze fuori ruolo, specie se conferite dal potere politico".

rainews.it

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