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buzzi carminatiPer il ras delle cooperative Buzzi chiesti 26 anni
Massimo Carminati
deve essere condannato a 28 anni di carcere. È questa la richiesta del procuratore aggiunto Paolo Ielo e dei sostituti Giuseppe Cascini e Luca Tescaroli alla X sezione penale del tribunale di Roma, al termine della requisitoria al processo per Mafia Capitale. L'ex Nar è ritenuto dalla procura il capo e l'organizzatore dell'associazione mafiosa. Quando il pubblico ministero ha chiesto 28 anni per Carminati, lui è rimasto immobile sulla sedia del carcere di Parma, dove è detenuto al 41 bis. Ma quando Tescaroli, sulla base dell'ex articolo 103, ha chiesto al tribunale di dichiararlo delinquente abituale, ha alzato entrambe le mani, con i pugni chiusi. Per Salvatore Buzzi, il ras delle cooperative considerato ai vertici di Mafia Capitale, sono stati chiesti 26 anni e 3 mesi di carcere. Mentre per Franco Panzironi, ex direttore generale di Ama, i pm hanno chiesto 21 anni. Per Luca Gramazio, ex consigliere prima del comune di Roma e poi della Regione Lazio, 19 anni e 6 mesi. Durante la requisitoria al maxi processo nell'aula bunker di Rebibbia, il procuratore aggiunto Paolo Ielo ha sostenuto che a Roma la cosa pubblica è stata gestita come 'fette di una caciotta da spartire', senza alcuna preoccupazione per il bene comune. "In nome dell'emergenza in questa storia si è passati troppe volte sopra alle regole", ha detto il magistrato.

Dopo le richieste dell'accusa, le udienze del 2 e 3 maggio saranno dedicate alle parti civili e dall'8 maggio inizieranno le arringhe difensive: ogni settimana verranno prese in esame 12 posizioni processuali, a cominciare da quelle con il minor numero di capi d'accusa. A giugno prenderanno la parola gli avvocati delle persone ritenute a capo della presunta associazione: il 5 e il 6 giugno, in particolare, sono previsti gli interventi degli avvocati Alessandro Diddi e Piergerardo Santoro, per gli imputati Salvatore Buzzi, la sua compagna Alessandra Garrone, il commercialista Paolo Di Ninno, e la sua collaboratrice Emanuela Bugitti. Mentre il 12 e il 13 giugno saranno gli avvocati Bruno e Ippolita Naso a parlare, davanti alla corte presieduta da Rosanna Iannello, per Massimo Carminati, e i suoi stretti collaboratori Fabrizio Franco Testa e Riccardo Brugia. Se verrà rispettato il calendario fin qui stabilito, la sentenza potrebbe arrivare entro la prima metà di luglio.Nel procedimento oltre all'ex Nar Massimo Carminati l'imprenditore delle coop 'rosse' Salvatore Buzzi, considerati i principali artefici della presunta organizzazione criminale al centro dell'indagine, figurano ex amministratori locali di diversi schieramenti politici, ex dipendenti pubblici e dirigenti di azienda: ci sono, tra gli altri, Giovanni Fiscon e Franco Panzironi in passato ai vertici dell'azienda romana dei rifiuti (Ama) come direttore generale e amministratore delegato; l'ex componente del tavolo di coordinamento per i rifugiati del Viminale, Luca Odevaine, e l'ex capogruppo Pdl in Regione Lazio Luca Gramazio; l'ex presidente dell'Assemblea capitolina, Mirko Coratti (Pd) e gli ex consiglieri comunali Pierpaolo Pedetti del Pd, e Giordano Tredicine del Pdl.

Negli anni, secondo la procura, il gruppo capitanato da Massimo Carminati, che in origine aveva stretti legami con la banda della Magliana, sarebbe cresciuto diventando più potente e ampliando il proprio raggio d'azione da gruppo criminale dedito all'estorsione, a organizzazione che si occupa del controllo di attività economiche, appalti e commesse pubbliche. A quel punto sarebbero scattati i legami con Salvatore Buzzi: l'associazione sarebbe ulteriormente cresciuta, sostiene l'accusa, arrivando a condizionare la politica e la pubblica amministrazione, senza però mai abbandonare la strada originaria, della violenza, dell'estorsione e dell'usura, perché da quella, sostengono i pm, trae forza la 'nuova mafia', proprio come quelle 'tradizionali'. "La fama criminale determina paura, assoggettamento e omertà, che sono le caratteristiche di un'organizzazione mafiosa", ha sostenuto l'accusa, secondo cui era questo aiuto che Buzzi si assicurava pagando il 50 per cento degli utili a Carminati: l'imprenditore aveva scelto il 'cecato' per il timore che incuteva il suo nome, per i suoi contatti con la destra romana, e soprattutto per avere un socio sempre pronto al 'lavoro sporco' fatto di minacce, e violenza contro chi non stava ai patti dettati dall'associazione. Le accuse per i 46 imputati, vanno, a seconda delle posizioni, dalla corruzione, alla turbativa d'asta, l'usura, fino all'associazione mafiosa. Il gruppo, secondo la procura di Roma, avrebbe condizionato per anni, con tangenti e minacce la gestione di appalti e risorse della pubblica amministrazione.

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