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LA SPEZIA.
Si è svolto questa mattina, sotto la Prefettura, il presidio in sostegno di Gianfranco Franciosi, il testimone di Giustizia che nel 2008 aiutò le forze dell’ordine a fermare un traffico internazionale di stupefacenti: furono sequestrati, nell’operazione Albatros, 9 tonnellate di cocaina purissima, per un valore di 720 milioni di euro. Franciosi, dopo questa operazione, aveva deciso di tornare alla sua vita normale, alla sua officina navale a Bocca di Magra. Ma il 18 settembre scorso, un avvertimento: un incendio, doloso, che brucia le sue barche, già pronte per essere esposte al Salone Nautico di Genova (dove comunque Franciosi è andato, con solo due mezzi, ricevendo solidarietà e molti contatti).

In un primo momento, l’incendio è stato classificato come “incidente“, poi come “dispetto della concorrenza“: ma, dice Franciosi “il mio unico concorrente diretto è a Genova e siamo amici“. Poco plausibile, quindi. Più plausibile, invece, che qualcuno non abbia dimenticato ciò che il testimone di Giustizia ha fatto.

Il presidio inizia verso le 10: non c’è molta gente, spicca un gruppetto di Agende Rosse provenienti da Milano (dove sarà organizzato un evento per Franciosi sabato prossimo), poi ci sono attivisti del MoVimento 5 Stelle e, assieme a loro, i consiglieri comunali spezzini Ivan Mirenda e Marcella Ariodante: in tarda mattinata arriva anche il consigliere regionale Francesco Battistini. Ci si chiede dove siano le altre forze politiche, ad esempio tutti i consiglieri comunali spezzini che, appena dopo l’incendio, votarono per esprimere piena solidarietà a Franciosi. Ci si chiede perché non sia intervenuto l’Assessore Regionale Giacomo Giampedrone, ex Sindaco di Ameglia, perché del fatto non si sia occupato anche il Governatore Giovanni Toti, che nel borgo marinaro ligure è di casa. L’unico esponente del Comune di Ameglia a essersi interessato è l’Assessore al Turismo e Commercio, Emanuele Cadeddu, che, in una visita al cantiere assieme al testimone di Giustizia Ignazio Cutrò, ha portato anche i saluti del Sindaco, Andrea De Ranieri.



Verso le 11 Franciosi telefona in Prefettura per chiedere un appuntamento con il Prefetto, dottor Mauro Lubatti: gli viene risposto che sarà ricevuto verso mezzogiorno, perché è in corso una riunione. Il tempo passa, il presidio si assottiglia perché la gente torna al lavoro e, pochi minuti dopo l’una, Franciosi viene ricevuto dal Prefetto. Il colloquio dura pochi minuti: il dottor Lubatti ha detto che “lui non può farci nulla“, che “ha fatto tutto quello che era in suo potere” e che “dipende dal Ministero dell’Interno“. Franciosi chiama il Ministero dell’Interno, che dice di aver già inviato al Prefetto la comunicazione di predisporre, a casa e cantiere, la protezione 24/24. Ma (pare) il prefetto non ne sa nulla: eppure anche secondo il NOP (Nucleo Operativo di Protezione della Liguria) questa comunicazione è partita. Dopo mezz’ora e più di telefonate, arriva l’ufficialità dal Vice Ministro dell’Interno: da questa sera Franciosi avrà la protezione che gli spetta. La protezione, quindi, arriverà direttamente dal Ministero, scavalcando il Prefetto e da Roma si attiveranno poi per sapere cosa non ha funzionato nella macchina organizzativa.

Si sono fatte ormai le 14:30, ma lo zoccolo duro del presidio è giunto fino in fondo a questa assurda e convulsa mattinata, dalla quale emerge che, in pieno 2015, in epoca super tecnologica, una comunicazione da Roma a La Spezia sembra quasi impossibile.

(7 ottobre 2015)

laspeziaoggi.it
 
   

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