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di AMDuemila
Ieri sera, in diretta televisiva, il premier libanese, Hassan Diab (in foto), ha annunciato le dimissioni in blocco del suo governo, sotto la crescente pressione della piazza che incolpa la classe dirigente dell'immane disastro al porto di Beirut, dove martedì scorso due esplosioni hanno ucciso 164 persone e ferite oltre 6 mila.
"Oggi facciamo un passo indietro per dare ascolto al popolo e alle sue richieste di identificare i responsabili di questa tragedia", ha dichiarato il primo ministro, difendendo l'operato del suo governo e puntando il dito contro la classe politica tradizionale in cui, a suo dire, sono presenti "soggetti contrari al cambiamento". "Hanno cercato di incolpare il governo del collasso economico e del debito", è stato il suo affondo, "abbiamo combattuto con onore, ma eravamo soli contro di loro. Hanno usato tutte le armi in loro possesso, come la falsificazione della verità". Nel suo discorso Diab ha fatto un duro j'accuse contro "il sistema di corruzione che si è diffuso all'interno dello Stato", provando a prenderne le distanze. "Mi sono reso conto che questo sistema di corruttela è più grande dello Stato che, non è riuscito a combatterlo", ha continuato, "e l'esplosione a Beirut è il risultato di questa corruzione endemica".
Certo è che il popolo, nei giorni di protesta e non solo, è stato molto critico contro l'esecutivo. Infatti la decisione - ampiamente attesa dopo le dimissioni nelle ultime 48 ore di quattro ministri - arriva nel mezzo di una massiccia ondata d'indignazione popolare contro l'élite politica libanese dopo la devastante esplosione di un magazzino con 2.750 tonnellate di nitrato di ammonio, stoccato da anni nel porto della capitale senza misure di sicurezza. Nella giornata di sabato Diab aveva annunciato elezioni anticipate, ma la mossa non è servita a placare la piazza tanto che ieri si sono registrati nuovi scontri tra manifestanti e polizia nel centro di Beirut. Dopo il discorso alla nazione, in cui ha detto di volersi "mettere al fianco del popolo per combattere insieme e assicurare che ci posa essere una risposta nazionale", Diab si è recato al palazzo di Baadba per rassegnare le dimissioni nelle mani del presidente, Michel Aoun, che le ha accettate. In attesa della formazione di un nuovo esecutivo, quello dimissionario sarà responsabile della gestione degli affari correnti.
Nel frattempo tra le macerie si continua a scavare, ma la speranza di trovare sopravvissuti è scemata.
Sul fronte delle indagini, invece, la Direzione generale della sicurezza dello Stato ha confermato oggi di aver scoperto "falle nella sicurezza" riguardanti l'hangar numero 12 del porto di Beirut, in cui erano stoccate le 2.750 tonnellate di nitrato di ammonio e di aver avvertito le autorità. A riferirlo è un comunicato stampa dell'organo di sicurezza, diffuso all'indomani dell'interrogatorio del direttore della sicurezza dello Stato, il generale Tony Saliba. Il 20 luglio scorso il capo dello Stato, Michel Aoun, e il primo ministro, Hassan Diab, avrebbero ricevuto una missiva con cui sarebbero stati avvisati dei rischi per la sicurezza dovuti alla presenza di 2.750 tonnellate di nitrato di ammonio stoccate nel porto di Beirut, secondo i media locali. "La creazione di un ufficio per la Sicurezza dello Stato nel porto è avvenuta ad aprile 2019, con l'obiettivo principale di combattere la corruzione", si legge nel comunicato stampa. Durante le operazioni nel porto, le forze di sicurezza hanno rilevato la presenza di "carenze riguardanti la sicurezza dell'hangar numero 12 e hanno svolto indagini in merito". "Le relazioni sono state inviate al comando dell'istituzione, che ha disposto l'avvio di un'indagine giudiziaria", rende noto l'istituzione. I risultati dell'indagine sono stati trasmessi alla presidenza dell'amministrazione incaricata della gestione e degli investimenti nel porto, affinché fossero prese le misure per evitare qualsiasi incidente dovuto alla presenza di questi materiali pericolosi. Inoltre, "le autorità sono state messe a conoscenza della pericolosità di queste sostanze attraverso un rapporto dettagliato", ha fatto sapere la Sicurezza dello Stato, che, tuttavia, non ha specificato né i destinatari dell'informativa, né le tempistiche.

(del 11 agosto 2020)

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