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di AMDuemila
Il Consigliere togato intervistato da Il Fatto Quotidiano

Le iniziative della nuova riforma del Csm? “Alcune importanti, come quelle che prevedono la separazione tra vita politica e attività giudiziaria. Altre utili. Qualcun’altra potrebbe tradire le finalità che si ripropone”. E’ così che interviene il consigliere togato del Csm, Sebastiano Ardita, in un’intervista rilasciata a Gianni Barbacetto per il giornale “Il Fatto Quotidiano”, riguardo la nuova proposta di legge che regolamenterebbe l’organo di autogoverno della Magistratura. Secondo il magistrato se si dovessero votare i membri del consiglio in venti piccoli collegi, c’è il rischio “di far sparire i candidati indipendenti e anche una realtà come la nostra che raccoglie il consenso sparso di chi non condivide il sistema delle correnti. Forse il ministro non sa che alcune correnti hanno reti locali che prendono in carico i magistrati dal loro ingresso in magistratura e li accompagnano fino alla pensione. - ha proseguito - Più ristretto è il collegio e più facile è intercettare il voto. Nessun magistrato, se non sostenuto da un gruppo, verrebbe mai eletto. Falcone non fu eletto quando si presentò in un piccolo collegio di Palermo. Oggi non sarebbe al Csm Nino Di Matteo.Una riforma così rafforzerebbe la logica dei gruppi più forti e farebbe sparire le minoranze”.
Per Ardita all’interno del Consiglio superiore della magistratura “non dovrebbero esistere sigle o gruppi, anche se per essere eletti ci si è riconosciuti in un programma comune. E poi occorrerebbe tutelare chi non è sostenuto da alcun gruppo. Con gli eletti di Autonomia e indipendenza e Nino Di Matteoabbiano provato a fare questo, votando spesso in modo difforme tra di noi, proprio in nome della autonomia delle scelte”.
Riguardo alla previsione del doppio turno, con la seconda votazione dopo 24 ore, il consigliere togato ha detto che sarebbe “una disposizione inutile, perché le grosse correnti prevedono già tutto. E sanno in partenza chi andrà al ballottaggio”.
Secondo il consigliere togato, qualora fosse approvato il nuovo disegno di riforma, le correnti “avranno la magistratura nelle mani e non sarà un gran servizio per la giustizia. E poi non dite che non l’avevamo detto...E poi la politica avrebbe invece tutto il tempo per varare una riforma, anche costituzionale, che preveda una forma di sorteggio che preceda l’elezione”.
Proprio sulla proposta del sorteggio si è dibattuto a lungo negli ambienti giudiziari.
“Prima ero scettico, - ha affermato - ma adesso non più. È ciò che auspica la maggioranza dei magistrati italiani e che fa paura a molti esponenti importanti dei gruppi che puntano solo alla propria autoriproduzione. Come ulteriore proposta ci sarebbe la possibilità di prevedere, dopo un rigoroso vaglio di idoneità, la rotazione di alcuni incarichi semidirettivi. Anche questo potrebbe togliere spazio al meccanismo che alimenta il sistema clientelare”.
Per quanto riguarda la proposta per cui i “laici” del Csm non possano essere scelti tra i politici eletti in Parlamento, la stessa non è vista negativamente dal magistrato catanese ("Quando i 'laici' sono espressione dell’Accademia o dell’avvocatura la loro indipendenza è certamente maggiore"). Tuttavia nella riforma vi sarebbero anche altri punti deboli, in particolare laddove si prevedono "poteri più penetranti del Csm rispetto ai capi degli uffici, attraverso gli strumenti di organizzazione (tabelle, criteri di assegnazione, deleghe) con tanto di responsabilità disciplinare dei magistrati che non si adeguano"."Questi strumenti - ha concluso Ardita - se applicati in modo burocratico nelle Procure, rischiano di essere un freno alla competenza e alle iniziative dei singoli magistrati. La magistratura verrebbe ulteriormente gerarchizzata e controllata. Non penso che qualcuno potrà mai più avere l’autonomia che ebbero negli uffici Giovanni Falcone o Paolo Borsellino.

Foto © Imagoeconomica

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