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di AMDuemila

"Il 23 maggio 1992 io avevo solo dieci anni e fino ad allora non avevo mai sentito parlare di Cosa nostra, di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. Quando la notizia della strage fu diffusa, mi trovavo nella casa di alcuni amici di famiglia, che hanno avuto un ruolo straordinario nella mia formazione e nella mia vita di bambino e adolescente; la notizia interruppe la trasmissione televisiva che stavamo guardando, io cercai il loro sguardo per avere una sorta di orientamento sul significato da dare a quello che avevo appena ascoltato e nei loro occhi trovai un dolore e una disperazione che non dimenticherò mai”. E’ così che il magistrato antimafia, oggi vice capo del Dap (Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria), Roberto Tartaglia, in un’intervista all’Agi, ha ricordato quel 23 maggio di ventotto anni fa. “In pochi istanti - ha continuato con il racconto il pm - pur non conoscendo in quel momento nulla di Giovanni Falcone, sentii dentro che quella perdita era stata incalcolabile, mostruosa; in quel preciso momento avvertii la necessità di colmare quel 'vuoto di conoscenza', il desiderio di conoscere e capire le ragioni, i valori, le storie di quella esperienza così straordinaria: dal giorno successivo iniziai quindi a registrare su alcune vecchie Vhs tutte le strisce dei telegiornali, gli speciali, le interviste che venivano trasmesse quotidianamente. Conservo ancora quelle cassette, la prima registrazione è del 24 maggio 1992: mi è capitato tante volte di rivederle e di pensare che anche con quelle registrazioni, fatte quando avevo solo dieci anni, è inesorabilmente cambiata la mia vita, come quella di tantissimi giovani della mia generazione. Quelle Vhs sono oggi il segno indelebile di una memoria da onorare”.
Tartaglia da pm si è occupato di importanti indagini di mafia, tra cui una delle più importanti quella sulla Trattativa Stato-Mafia. Ad oggi il magistrato vive sotto scorta. "Sono sottoposto a misure di protezione dal 2012 - ha spiegato il vice capo del Dap - quindi questo periodo di particolare attenzione che stiamo vivendo dopo la nomina al Dap non è una novità. Non ho mai amato troppo i discorsi che riguardano i 'sacrifici' della vita sotto scorta, temo che possano avere l'effetto di scoraggiare le persone. Una scorta è la dimostrazione che lo Stato esiste e che è in grado di sostenere e proteggere il tuo lavoro; quelle eventuali limitazioni che ne possono derivare, sul piano ad esempio della riservatezza e delle scelte della quotidianità, sono ampiamente compensate dall'importanza e dal piacere di poter svolgere, in sicurezza, un'attività importante, che deve necessariamente essere portata avanti e che è in grado di controbilanciare ogni possibile limitazione”. Per Tartaglia, nonostante i limiti imposti dall’emergenza Coronavirus, "da Roma o da qualsiasi altro posto, alle 17.58 del 23 maggio il mio pensiero e il mio cuore sono all'Albero Falcone, dove negli anni scorsi sono andato per ogni celebrazione, immerso tra le migliaia di persone arrivate da ogni città d'Italia, per sentire addosso e intorno a me quel respiro pulito e sincronizzato che la memoria ha generato. Ho portato lì anche i miei figli, da quando sono arrivati: la prima volta che ho 'accompagnato' lì mio figlio, aveva solo 15 giorni e da allora - ora ne ha sei - non è mai mancato un anno. - ha concluso - Quest'anno è tutto diverso, chiaramente, ma viviamo adeguatamente questo momento di impegno: ad esempio aderendo all'iniziativa della Fondazione Falcone 'Palermo chiama Italia... al balcone', con l'esposizione ai balconi delle nostre case di lenzuoli e striscioni che siano in grado di sorreggere, anche se a distanza, questa rete della memoria e dell'impegno, che è uno dei tanti straordinari frutti che sono nati quel giorno e che non moriranno, ne sono convinto".

Foto © Paolo Bassani

VIDEO Roberto Tartaglia per #PalermoChiamaItalia al balcone!

Dossier Giovanni Falcone

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