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di Lorenzo Baldo
Dalle dichiarazioni di Di Matteo alla replica di Bonafede

“La maggior parte delle parole comunemente adoperate dagli uomini politici sono soprattutto notabili per la mancanza di contenuto”. Analisi - asciutta e attualissima - dell'ex presidente della Repubblica Italiana Luigi Einaudi. Non c’è molto altro da aggiungere in merito alle dichiarazioni del ministro della Giustizia Alfonso Bonafede al programma di Massimo Giletti dopo la telefonata del consigliere del Csm Nino Di Matteo. Se è vero che “un uomo vale quanto la sua parola e se alla parola non seguono i fatti uomo non è”, quello che è successo ieri sera si commenta da solo. E lascia sul campo un pesante senso di sconfitta per ognuno di noi. Basta rileggere la minuziosa ricostruzione di come si sono svolti i fatti per comprendere la gravità.
E se un ministro mette in dubbio la parola di chi ha impostato la propria vita sull’onestà intellettuale - pagando prezzi altissimi - abbiamo perso tutti noi. Perché in questo scontro non solo si sovraespone pericolosamente un servitore dello Stato, ma, perdendo di vista il vero obiettivo, si riduce il dibattito ad una mera polemica. Che viene immediatamente cavalcata da squallide manovre politiche e mediatiche, con tanto di sciacalli bipartisan. L’occasione è ghiotta, il Paese è allo sbando dopo una quarantena sfibrante, le incognite sono moltissime: dai rischi per la ripresa economica, fino all’ingerenza della criminalità organizzata nella fase della ricostruzione. Nel mezzo ci sono le vite di milioni di cittadini prostrati, disorientati, impauriti, disillusi. Che chiedono stabilità, serietà, certezze, senso dello Stato. Quello stesso Stato che magistrati come Di Matteo hanno deciso di servire onorando da sempre la Costituzione. Tutto il resto sono solo parole a dir poco “funzionali” ad una subdola strategia. “Montagne di parole - scriveva più di 100 anni fa il mistico russo Grigorij Rasputin - si spenderanno per niente e trappole di parole insidieranno le strade del buonsenso. Molti uomini verranno distrutti dalle pestilenze, molti uomini verranno distrutti dalle armi e moltissimi verranno distrutti dalle aride parole”. Che, con una forza sempre più dirompente, sortiscono oggi l’effetto di indebolire e isolare chi si ostina ad avere il coraggio di dire la verità. E se non ci attiviamo immediatamente per arginare questo fenomeno - pretendendo con ogni forma di protesta civile la massima coerenza e onestà da chi ci governa e sostenendo efficacemente chi viene ingiustamente isolato - oggi sarà la volta di Nino Di Matteo, domani il turno di qualcun altro, dopodomani di un altro ancora. E noi continueremo a perdere.
Nel frattempo il nodo delle gravissime scarcerazioni di boss efferati continua ad essere minimizzato, o peggio ancora strumentalizzato. Più o meno colpevolmente. E se anche un intellettuale come Roberto Saviano arriva a definire quelle scarcerazioni “l’atto antimafia più potente”, siamo davvero messi male.
Paradossalmente siamo però ancora in tempo per giocare un ruolo attivo in questa partita, anche se troppe volte appare truccata. Una partita dove il “fuoco amico” mescola sapientemente il falso e il vero. “Il falso è un’illusione che ci piace - cantava nel 2003 Giorgio Gaber - il falso è quello che credono tutti, è il racconto mascherato dei fatti. Il falso è misterioso e assai più oscuro se è mescolato insieme a un po’ di vero. Il falso è un trucco, un trucco stupendo per non farci capire questo nostro mondo”. Che, per essere compreso realmente, deve essere vissuto fino in fondo con maggiore consapevolezza. Perchè, in un momento in cui tutti reclamano il bisogno di “normalità”, è bene ricordare, come ha fatto l’architetto Stefano Boeri, che “tornare a una normalità che ha al suo interno le cause e le concause di questa tragedia sarebbe un suicidio collettivo”. All’interno della “tragedia” a cui si riferisce Boeri c’è però molto di più di tutto quello che ha generato il Covid-19. Ci sono la nostra indifferenza alle ingiustizie, le nostre omissioni, tutte le volte che abbiamo lasciato qualcuno da solo a lottare anche per noi. Se questa volta non vogliamo perdere definitivamente, abbiamo la possibilità - ma soprattutto il dovere morale - di invertire la rotta.

Foto © Imagoeconomica

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