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di Aaron Pettinari - Intervista
E' notizia dei giorni scorsi che un tribunale dell'Ecuador, a Quito, ha condannato ad otto anni di carcere l'ex presidente della repubblica Rafael Correa riconoscendolo colpevole di corruzione aggravata e all'inibizione per 25 anni da incarichi pubblici nell'ambito del processo noto come "Sobornos 2012-2016" (Tangenti 2012-2016). Stessa condanna è stata inflitta anche all'ex vicepresidente ecuadoriano Jorge Glas, diversamente già detenuto dal 4 ottobre 2017, e ad altri imputati nello stesso processo, le cui indagini sono durate un anno.
Secondo i giudici Correa avrebbe guidato una rete di corruzione che fra il 2012 e il 2016 ottenne "contributi indebiti" nel palazzo presidenziale di Carondolet per il finanziamento del suo movimento politico (Alianza País) in cambio di contratti di Stato per imprenditori ecuadoriani. E prima di leggere la sentenza, il giudice Ivan León avrebbe affermato che è stata provata l'esistenza di una struttura di corruzione e che la vittima è lo stesso Stato.
Tuttavia non mancherebbero, nel processo, "anomalie" che fanno pensare che, dietro alla condanna, possa esservi stata una forte componente "politica".
Lo stesso Correa, che è da tempo esule in Belgio, ha commentato via Twitter: "Bene, era quello che cercavano. Ottenere manovrando la giustizia quello che mai hanno potuto avere dalle urne. Io sto bene. Mi preoccupano i miei compagni". Una chiara accusa all'attuale presidente Lenin Moreno ed al suo governo.
Antonio Ingroia, ex magistrato ed oggi avvocato, ha assistito nel recentissimo passato, assieme ad altri legali sudamericani ed europei, su richiesta della Fondazione privata Instituto de Conocimiento Político y Económico, come osservatore internazionale, l'ex presidente dell'Ecuador Rafael Correa, per il caso Balda-Correa, un procedimento in cui l'ex presidente è accusato di un caso di sequestro di persona.
Lo abbiamo raggiunto per comprendere meglio la sostanza delle accuse rivolte contro il politico ecuadoriano.

Avvocato Ingroia mentre il mondo affronta l'emergenza coronavirus, in Ecuador è arrivata questa sentenza. L'accusa nei confronti dell'ex Presidente Correa è di quelle pesanti.
"Prima di tutto va chiarito che siamo in presenza della sola notizia del dispositivo di sentenza, comunicato in via telematica all'avvocato di Correa in Ecuador e nulla più.
Per via dell'epidemia, infatti, non si è tenuta alcuna udienza. Ed è proprio questo uno dei primi aspetti "singolari". Mentre il procedimento "Correa-Balda" è stato sospeso per assenza dell'imputato. Il giudice aveva disposto la comparizione, davanti a sé, di Correa. Ma ciò non è stato possibile in quanto l'ex presidente si trova, come noto, in Belgio in sostanziale esilio visto che, qualora tornasse nel Paese, verrebbe portato direttamente in carcere.

Contro Correa, nel luglio 2018, fu emesso un mandato di cattura internazionale.
Le autorità ecuadoriane avevano esteso quel loro ordine di cattura, ma il carattere di internazionalità è stato revocato dopo il ricorso che i difensori di Correa hanno presentato in Francia all'Interpol. Così quel procedimento si è fermato. Adesso siamo di fronte ad un altro con accuse ancor più grandi. Perché qui c'è l'associazione per delinquere e la corruzione, assieme a tutti gli altri vertici dello Stato ecuadoriano del tempo. Ma leggendo le carte ci si accorge che vi sono grandi anomalie.

Cioè?
Come ex magistrato, che ha sempre tutelato l'autonomia e l'indipendenza della magistratura, e uomo di diritto e di legge, come mi sento, si ha il dovere di evidenziare come la magistratura ecuadoriana, in questa fase storica, abbia violato le regole dello stato di diritto. Io ho fatto il pm e mi sono occupato di casi di mafia e corruzione, ma non ho mai sottoposto ad indagini o addirittura arrestato persone sulla base di un'indagine che nasce da fonti anonime.
Perché è così che è accaduto in questo processo: delle fonti anonime hanno riferito di presunti contribuzioni a sostegno del partito di Correa, con finalità correttive. E sulla base di queste fonti anonime, riprese dagli organi di stampa e poi dalla polizia giudiziaria, sono state arrestate delle persone, non direttamente vicine ma comunque di articolazioni politiche statali che facevano riferimento a Correa. Dopo l'arresto hanno avviato un percorso di "colaboración eficaz", la collaborazione efficace, simile a quella dei collaboratori di giustizia, ma con un sistema tutt'altro che garantista. In Italia, la magistratura antimafia cerca riscontri, verifica l'attendibilità e comunque non si patteggia l'impunità o la libertà del collaboratore di giustizia. In questo caso, invece, i collaboratori sono stati sbattuti in galera. Dopodiché hanno patteggiato la libertà e la futura impunità con l'organo dell'accusa, in cambio di dichiarazioni e rivelazioni che hanno incastrato il livello superiore. Ma non parliamo ancora della figura di Correa. Perché sulla base delle dichiarazioni del "collaboratore" si sono legate le contribuzioni di denaro al fatto che certe aziende si erano aggiudicati dei lavori pubblici. Ma eventualmente queste sono questioni che potrebbero coinvolgere chi si è occupato della vicenda degli appalti pubblici.

Come sarebbe entrato in gioco l'ex Presidente?
L'accusa si basava su una teoria, quella del "dominio del fatto" dello studioso di diritto penale tedesco, Roxin. Di questo si parla nella bizzarra perizia criminologica che costituisce il substrato dell'impianto accusatorio. In Ecuador, infatti, non è il pm ad occuparsene con una requisitoria o un atto scritto. Ma si nomina un perito che redige una relazione. Ed è qui che si cita la teoria di Roxin laddove si afferma che, se riesci a dimostrare che c'è un'organizzazione gerarchica, dove il capo dell'organizzazione gerarchica ha il dominio, il controllo del fatto e delle condotte poste in essere dai componenti dell'organizzazione, il Capo dell'organizzazione è responsabile di tutti i fatti commessi dai componenti dell'organizzazione. Una teoria che fu applicata al processo di Norimberga per condannare i gerarchi nazisti, e applicato per condannare il Presidente del Perù Alberto Fujimori. Ma in questi due casi parliamo di violazioni gravissime dei diritti umani e genocidi. Come si può sostenere, nell'accusa, che il caso Fujimori è simile a quello di Correa?
Un'impostazione aberrante. Adesso, però, dovremo attendere di leggere le motivazioni della sentenza per capire il principio applicato dai giudici che, al momento della lettura del dispositivo, hanno fatto delle dichiarazioni pubbliche da cui si evince la modifica della contestazione contro l'ex Presidente: da associazione per delinquere e concorso in corruzione, sotto il profilo del controllo dell'organizzazione gerarchica, a quella di un presunto concorso in corruzione proprio, lo chiamano istigazione alla corruzione.
Pur affermando che non era provata la tesi della Procura hanno affermato che era provato il concorso in corruzione materiale, senza spiegare in base a quali prove. Ancor di più per questo motivo si dovranno attendere le motivazioni della sentenza.

Un altro elemento che salta all'occhio sono i 25 anni di interdizione ai pubblici uffici.
Esattamente. Una condanna accessoria enorme. E' evidente quale sia la posta in gioco in una sentenza simile. Siamo di fronte ad una specie di ergastolo per impedire che Correa possa candidarsi alle ormai prossime elezioni presidenziali, previste per il 2021. Dunque Il presidente della Repubblica attuale, Lenin Moreno, può essere definito in termini tecnici come un "traditore politico" di Rafael Correa, in quanto suo ex strettissimo collaboratore. Un soggetto che ha disconosciuto tutte le politiche "correiste" che aveva sostenuto fino a qualche anno fa e che, ovviamente, una volta sedutosi su quella poltrona non vuole più lasciarla. Tra un anno, con la popolarità che Correa ha tutt'oggi nel Paese, avrebbe avuto un grandissimo problema. Ed ecco quindi la chiave per capire il motivo che si nasconde dietro al processo: impedire definitivamente una candidatura. Altrimenti non si capirebbe l'emergenza di giungere ad una conclusione del processo in questo tempo in cui il Paese è in cima all'emergenza coronavirus. C'è anche chi sostiene che sia stata necessaria per tacitare le proteste contro il Governo che in questo momento sono condotte dalla popolazione.
Certo è che non sarebbe la prima volta che in Latino America assistiamo a manovre in cui la magistratura si presta ad azioni "politiche". E' accaduto con Lula, in Brasile, o con la Kirchner, in Argentina. Si può capire il perché, nella parte più avanzata e progressista del mondo giuridico latino americano si stia parlando di un processo di progressiva, ahimè, strumentalizzazione della magistratura, da parte del potere in carica, usata per eliminare oppositori politici.

Qualcuno le dirà che il tema della politicizzazione della magistratura riguarda anche l'Italia.
Ma l'argomento è totalmente diverso. Perché in Italia la magistratura è un organo indipendente rispetto al potere legislativo. In Latino America, in molti paesi, gli uffici della Procura dipendono dal Procuratore generale che a sua volta è sotto il diretto controllo del potere in quanto si parla di una nomina di tipo politico-governativa.
Inoltre, per quanto ho avuto modo di vedere in Ecuador, in certi processi si respira un clima estremamente rigido, quasi dittatoriale.
Quando assistetti all'udienza preliminare sul sequestro Balda ho visto con i miei occhi i militari armati che passeggiavano davanti al pubblico. Ho visto persone, evidentemente già schedate e ritenute vicine a Correa, essere espulse dall'aula dal giudice. In un caso ho visto l'avvocato chiedere l'allontanamento di una signora solo perché, a suo dire, era stato guardato male, con un'occhiata minacciosa.

Foto © Imagoeconomica

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