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di Karim El Sadi
Tre insospettabili sudamericani sono arrivati in Italia diversi anni fa sotto mentite spoglie per rifarsi una vita. Dando un’occhiata alle loro foto qualcuno potrebbe facilmente scambiarli per comunissimi pensionati. La realtà però è che dietro a quei volti “innocenti” si nascondono dei veri e propri mostri appartenuti a un mondo che in Sudamerica non è mai del tutto tramontato. I loro nomi sono Carlos Luis Malatto, Nestore Jorge Troccoli e Walter Klug Rivera. Non si conoscono. Tutti e tre infatti, di origine italiana, vengono da tre Paesi diversi del Latinoamerica (Argentina, Uruguay e Cile), ma le loro vite un tempo erano collegate da un filo nero che porta il nome di “Plan Condor”. Un piano, appunto, frutto della mente sinistra e imperialista della CIA e del presidente Richard Nixon il cui obiettivo era quello di eliminare gli oppositori politici della sinistra di stampo marxista durante gli anni della dittatura in America Latina. Carlos Luis Malatto, Nestore Jorge Troccoli e Walter Klug Rivera furono gerarchi delle dittature di Argentina, Uruguay e Cile. Degli "angeli della morte" che hanno sequestrato, torturato e ucciso un vasto numero di dissidenti dei rispettivi regimi militari. Solo da qualche anno le loro identità sono state smascherate e a loro carico sono stati avviati processi.

Il “Tenente Malatto”
Il più conosciuto dei tre in Italia è Carlos Luis Malatto. Il suo nome è salito alla ribalta a giugno scorso quando i colleghi di La Repubblica, Emanuele Lauria e Giorgio Ruta, hanno fatto uno scoop individuando l'abitazione in cui vive l'ex militare della dittatura argentina a Portorosa, un porto turistico in provincia di Messina. Prima della Sicilia Malatto viveva in Abruzzo (L’Aquila) e poi in Liguria (Genova). Oggi settantenne calvo e bonario con un fare gentile viene difficile credere che abbia partecipato alla più feroce repressione militare della storia recente. Il “Tenente Malatto” in Argentina deve rispondere di sequestri, torture e sparizioni di avversari politici. Anche in Italia è indagato per 4 omicidi, sempre risalenti al periodo in cui era tenente nel Reggimento di Fanteria di Montagna dell'esercito argentino, grazie alla denuncia presentata dalla Onlus "24marzo", guidata da Jorge Ithurburu. Tra questi l’omicidio di Juan Carlos Cámpora, fratello dell'ex presidente della República Argentina Héctor José Cámpora, e rettore dell'Universidad Nacional de San Juan. L’assassinio della modella franco-argentina Marie Anne Erize Tisseau, coraggiosa donna che aiutava gli argentini a fuggire in Francia durante la dittatura torturata e violentata durante la prigionia. E l'omicidio di Jorge Alberto Bonil, un ragazzo che faceva il militare nel reggimento comandato da Malatto; per la morte di José Alberto Carbajal, vicino ai montoneros ed ai peronisti. A fine agosto sono arrivate nuove denunce a suo carico da parte di un gruppo di parenti di vittime della dittatura che lo accusano di essere coinvolto in altri sequestri e uccisioni.

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Jorge Nestor Troccoli
Negli anni settanta anche l’uruguayano Jorge Nestor Troccoli ’70 torturava oppositori politici e gente comune per avere legami con questi ultimi. Troccoli vive da tempo in Italia e possiede un passaporto italiano. La sua tranquilla vita da bisnonno emigrato, l’ex esponente della Marina uruguayana, la trascorre vicino alle bellissime spiagge di Marina di Camerota, nel Cilento. Anche lui si è dovuto presentare in aula a Roma per rispondere di quegli anni violenti della dittatura. In particolare del sequestro a Buenos Aires il 21 settembre 1977 dei coniugi Dossetti: reclusi nel Centro operativo tattico n.1 quindi trasferiti nel Pozo de Banfield per essere ancora interrogati e torturati, infine fatti sparire. Inoltre è accusato del rapimento e dell’uccisione, nel dicembre di quell’anno, di Alda Celia Sanz Fernandez, che aspettava una bimba (nata prematuramente in prigione a seguito di atroci torture), assieme alla madre. Per questi crimini nel processo italiano sul “Piano Condor” Troccoli è stato assolto in primo grado. Ma la sentenza è stata ribaltata in Appello e l’ex militare uruguayano è stato condannato all’ergastolo insieme ad altri 23 imputati perché, come ha spiegato alla rivista “7” l’avvocato di parte civile Arturo Salerni, la Corte ha riconosciuto che, non solo i vertici delle dittature, ma tutti gli apparati medio-alti del regime erano consapevoli dell’esito fatale di sequestri e interrogatori. Quelle atrocità Troccoli le ha giustificate cinicamente in un libro autobiografico, di scarsa fattura, pubblicato in Uruguay nel 1998. Ne “L’ira di Leviathan”, questo il titolo del volume, l’ex militare dice di non pentirsi di quello che ha fatto (seppur non ammettendo mai esplicitamente di aver torturato prigionieri) e aggiunge, in sostanza, di aver servito lo Stato in una guerra in corso tra due visioni del mondo, ciascuna delle quali, a suo dire, poteva portare a una dittatura di segno opposto. “Una guerra è una situazione di violenza estrema, dove i valori umani del tempo di pace, sono alterati e violentati […]. Una guerra non ammette l’odio, ma l’esercizio calcolato della violenza con il rischio continuo di eccedere i limiti di quanto è umanamente tollerabile.

L’ex colonnello Rivera
L’ultimo dei latitanti sudamericani in Italia è il cileno Walter Klug Rivera. Stabilitosi in Germania dopo la fine del regime di pinochetista, è stato arrestato in un hotel a Parma a giugno 2019. Sulla sua testa pendeva un mandato di cattura internazionale emesso in Uruguay nel 2015, dopo una condanna a 10 anni per sequestro di persona. Il crimine risale al 18 settembre 1973, sei giorni dopo il golpe che rovesciò il governo di Salvador Allende.
Klug Rivera è stato condannato per aver sequestrato un militante comunista, Jaime Araya Palominos, poi “scomparso” come altre migliaia di persone in quegli anni in Cile, Argentina, Paraguay, Uruguay e Brasile. Insieme a Palominos, Rivera è inoltre accusato di aver assassinato, o fatto assassinare, altri 7 connazionali e averne fatti sparire altri 16 nel corso della sua militanza presso il famigerato campo di prigionia nella caserma del 3° reggimento di fanteria di montagna “Los Angeles” che lui stesso organizzò nel 1973, al seguito della quale venne promosso a grado di Colonnello. Lo scorso dicembre la Cassazione ha approvato l’estradizione respingendo il ricorso dell’avvocato.
(28 marzo 2020)

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