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di Karim El Sadi
Secondo alcuni sarebbe stata violentata e torturata fino alla morte dai Carabineros
Il suo cadavere in bella mostra sarebbe servito per scoraggiare i manifestanti dal scendere in strada contro Piñera

Domenica 20 ottobre 2019, a Santiago Del Cile viene ritrovato un cadavere appeso con una corda al collo ad una ringhiera nelle vicinanze del parco “André Jarlan”, nel comune di Pedro Aguirre Cerda. Si tratta di una donna, Daniela Carrasco (36 anni). In zona la conoscevano tutti. Si faceva chiamare “Mimo” perché amava vestirsi da clown durante le proteste che da oltre un mese inondano in massa tutto il Paese. Daniela Carrasco era un artista di strada, portava un po’ di gioia tra la gente disperata, stanca di un sistema neo liberale che per troppo tempo (quasi quarant’anni) ha soffocato il respiro economico e sociale di tutti. Un modo, il suo, per colorare con l’arte quelle piazze insanguinate dalla violenta repressione del governo Piñera che ad oggi conta oltre 20 morti, 3000 feriti e circa 26000 arrestati (fonte Indh). Una rivoluzione non violenta, artistica, la stessa di cui si faceva portavoce Victor Jara, il cantautore cileno assassinato nel ’73 da Pinochet e che come lui per questo motivo è stata torturata e uccisa. O almeno è su questa pista che si sta indagando perché a un mese di distanza ci sono alcuni elementi che non tornano e la versione ufficiale, il suicidio, sembra non convincere. Ieri i genitori della ragazza hanno ricevuto la perizia dei medici che hanno confermato la morte per soffocamento da impiccagione, avanzata in primo luogo dalla Procura, escludendo altresì lesioni fisiche attribuibili a violenze sessuali. Tuttavia l’ultima volta che “Mimo” è stata vista era il 19 o il 20 ottobre scorso, qualche ora prima del ritrovamento del suo cadavere. Era finita nelle mani dei Carabineros che l’avrebbero rinchiusa, torturata e uccisa. Non si hanno ancora prove in questo senso. Ma non sarebbe il primo né l’ultimo caso in cui i militari sguinzagliati da Sebastian Piñera si rendono protagonisti di tali crimini.

justicia para mimo striscione

Secondo il bilancio consegnato all’ONU dell’istituto nazionale per i diritti umani del Cile (Indh), infatti, nel Paese dall’inizio della rivolta si contano 19 denunce per abusi sessuali e 133 per casi di tortura. Numeri allarmanti destinati a salire. Che Daniela Carrasco abbia ricevuto questo tipo di violenze ne è certo il coordinatore di "Ni Una menos", il movimento in difesa dei diritti delle donne, il quale sostiene che “Daniela è stata violentata, torturata, nuovamente violentata fino al punto di toglierle la vita”. La terribile ipotesi più chiacchierata in questi ultimi giorni è quella di una morte “simbolica”, seguita a torture e violenze sessuali, che servisse come monito per le donne cilene che stanno continuando ad invadere le strade in segno di protesta contro il governo. Anche il sindacato Sidarte ha chiesto che venga fatta al più presto chiarezza: "dalla Commissione di genere, ci indigniamo e chiediamo che siano chiarite le circostanze della morte di Daniela Carrasco".
Al momento, il National Institute of Human Rights (NHRI) non ha ricevuto un reclamo formale per questo caso, che è ancora sotto indagine della Procura. Intanto la gente continua a scendere in piazza a manifestare e tra di loro spuntano striscioni in ricordo della giovane. “Justicia para Mimo” gridano. Una giovane con la faccia pitturata da clown e il naso rosso si fa fotografare mentre alza con fierezza un manifesto: “Non perdoniamo e non dimentichiamo! Esigiamo verità e giustizia per Daniela Carrasco “La Mimo””.

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