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di Giorgio Bongiovanni e Karim El Sadi
Il Csm nomina magistrati alla Dna per meriti sul campo e non per favorire correnti. Roberto Sparagna, Giuseppe Gatti, e Domenico Gozzo. Sono questi i sostituti procuratori, rispettivamente di Torino, Bari e Palermo, nominati ieri dal Consiglio superiore della magistratura che presteranno servizio alla Direzione Nazionale Antimafia. Nomine, queste, che hanno scatenato non pochi dissidi. Il voto del plenum infatti è stato preceduto da un lungo e acceso dibattito tra il gruppo “Autonomia e Indipendenza” e “Unicost” avente come “casus belli” la nomina di Gozzo, sostenuto dai togati Nino Di Matteo e Sebastiano Ardita, che in passato si è occupato di stragi facendo riaprire da pm a Caltanissetta i processi sulle stragi di Capaci e via D'Amelio viziati dalla falsa testimonianza dell’ex picciotto della Guadagna Vincenzo Scarantino. Dopo il voto su Sparagna e Gatti, i due nomi proposti in tutte le delibere arrivate in plenum, per il terzo posto (con 11 voti a 8) Gozzo ha prevalso al ballottaggio con Catello Maresca, sostituto procuratore a Napoli (precedentemente inserito nella rosa). Nino Di Matteo e Sebastiano Ardita avevano proposto per tutti i 3 posti Gozzo "titolare di processi di straordinaria complessità nei confronti di Cosa Nostra ed anche sulle connivenze con politica e istituzioni, e sulle stragi che hanno segnato la storia del nostro Paese", ha ricordato Di Matteo.
Durante il dibattito il togato di "Unicost" Michele Ciambellini, relatore della proposta di maggioranza della commissione, che aveva escluso Gozzo dalla rosa dei nomi, ha sostenuto che ''la Dna non è il luogo in cui possono stare solo siciliani, perché l'antimafia si fa in tutta Italia'' e ha parlato di ''indagini antiche'' a proposito di quelle sulle stragi di mafia. “Le indagini sulle stragi devono considerarsi antiche? - ha replicato severo Di Matteo - Le indagini di Gozzo sono quelle che il procuratore nazionale ha ritenuto tanto importanti da avere istituito su questo un apposito gruppo di lavoro''. ''La mafia siciliana è quella che ha avuto rapporti collusivi di altissimo livello e che ha ucciso decine di magistrati, forze dell'ordine e giornalisti. Esigo rispetto per i magistrati che lavorano in Sicilia, anche per la dignità e per l'onore di quelli che sono caduti per mano della mafia. - ha continuato Di Matteo - Se poi vogliamo dimenticare le stragi come gran parte di questo paese vorrebbe - ha denunciato - dobbiamo avere il coraggio di dirlo, io non le dimentico''. Nel proporre il nome del sostituto procuratore generale di Palermo Gozzo, Ardita ha aggiunto che bisogna “difendere le professionalità, a prescindere dalle appartenenze culturali e senza logiche di gruppo e non si può dimenticare l'impegno di magistrati che hanno fatto la storia del contrasto a Cosa nostra, che operavano mentre i capi mafia erano tutti liberi, ne hanno coordinato le operazioni di cattura, hanno gestito i primi collaboratori, partecipato ai più importanti processi a cosa nostra e sul concorso esterno, come i processi e le indagini sulle stragi di mafia e sui depistaggio’’.
Ad appoggiare il passaggio di Gozzo in Dna anche il gruppo Area. Il togato Giuseppe Cascini, in riferimento al criterio adottato dalla Terza Commissione per cui maggior punteggio era stato dato ai candidati con competenze sia nell'antimafia che nell'antiterrorismo, ha fatto notare che ciò finisce per penalizzare magistrati che “più a lungo e nei territori più esposti si sono occupati di criminalità organizzata di tipo mafioso”. Ciambellini (Unicost) ha quindi 'difeso' la proposta di maggioranza della Commissione osservando che "era in favore di tre magistrati - Sparagna, Gatti e Maresca - tutti dotati sia di esperienza antimafia che antiterrorismo come dice la circolare attualmente in vigore".
Infine, a Palazzo dei Marescialli non è passata la proposta di minoranza della commissione sostenuta da Magistratura indipendente per il passaggio alla Dna di Calogero Piscitello, sostituto a Palermo e ex responsabile del trattamento dei detenuti al Dipartimento per l'amministrazione penitenziaria.

Foto © Imagoeconomica

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