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di Aaron Pettinari
Iniziata la requisitoria del magistrato: "Una rete di persone dietro la fuga dell'ex deputato"

"Come è possibile che un uomo con responsabilità elevatissime in ambito pubblico quale Claudio Scajola possa essersi determinato a porre in essere condotte di aiuto in favore di un soggetto che pacificamente sapeva essere latitante?". Con la volontà di dare una risposta a questa domanda è iniziata, dopo cinque anni di dibattimento, la requisitoria del procuratore aggiunto di Reggio Calabria, Giuseppe Lombardo, al processo "Breakfast" che si tiene davanti al Tribunale di Reggio Calabria presieduto da Natina Praticò. Scajola è infatti imputato per aver aiutato Amedeo Matacena, ex deputato di Forza Italia ed armatore oggi latitante a Dubai, a sfuggire all’esecuzione di una condanna definitiva come referente politico dei clan di ‘Ndrangheta e ad occultare il suo immenso patrimonio. Ma sul banco degli imputati ci sono anche la moglie di Matacena, Chiara Rizzo, la segretaria dei coniugi, Mariagrazia Fiordelisi, e il loro braccio operativo, Martino Politi, ma ovviamente la prima parte della discussione del pm è dedicata all'ex ministro degli Interni. "Siamo in presenza di un uomo di Stato con incarichi elevatissimi e in grado di rendersi conto cosa significhi agevolare la latitanza di un soggetto condannato definitivo di un grave reato come il concorso esterno di tipo mafioso" ha ricordato ancora rivolgendosi alla Corte.
Lombardo ha dapprima ricordato la genesi del procedimento, con le indagini che erano partite con una serie di attività di indagine stole su un altro soggetto, tale Bruno Mafrici, particolarmente noto alla Procura: "Si è lavorato sulla sua figura, già nota per essere inserita in un circuito sul quale la Procura ha lavorato per molti anni rendendo in parte noto il contenuto di quel lavoro con perquisizioni eseguite nel 2012. Contrariamente a quello che si è cercato di far credere in questo processo, i rapporti fra Amedeo Matacena e Bruno Mafrici sono legati alla perdurante attività finanziaria di Matacena. Parlavano di affari, attività finanziarie da compiere. Mafrici si è attivato per ottenere fondi a favore di Matacena. Emerge un reticolo relazionale di grande rilievo investigativo e oggi processuale che consente di ricostruire l’operatività permanente di Matacena in determinati ambiti, anche connessi al principato di Monaco. Vengono individuate schede telefoniche, anche francesi, attive ed in disponibilità di Matacena e della moglie, Rizzo. Si risale così alle figure di Martino, Fiordelisi, la madre di Matacena, i fratelli Fanfani ed altri interlocutori. Quindi si arriva ad un consistente traffico a due utenze intestate una al Ministero dell'Interno dipartimento di pubblica sicurezza ed una a Scajola".

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Amedeo Matacena


Il rapporto Scajola-Matacena-Rizzo
Analizzando la lunga serie di dialoghi intercorsi, durante la sua ricostruzione il magistrato ha cercato di spiegare la natura dei rapporti tra i coniugi Matacena-Rizzo e Claudio Scajola che andavano "oltre la semplice amicizia".
Secondo Lombardo Scajola si sarebbe adoperato in favore di Matacena ancor prima dell'arresto avvenuto il 28 agosto 2013, dopo circa un mese di latitanza, mentre si trovava a Dubai negli Emirati Arabi Uniti. Nella ricostruzione del pm ciò che avvenne non fu alto che un incidente durante le fasi di passaggio dalle Seychelles, dove l'ex deputato di Forza Italia si trova in precedenza, verso altro luogo. "Quel che è avvenuto a Dubai nel processo è divenuto centrale densa esserlo veramente - ha proseguito Lombardo - Qui assume rilevanza il colloqui in cui la Rizzo racconta 'che il marito è stato preso, che non era vero che poteva andare e che lo hanno mollato gli avvocati', qui si capisce che è successo quel che non doveva succedere". Il procuratore ha rimarcato come l’ex parlamentare aveva deciso di spostarsi in un luogo che gli consentiva di non essere estradato. Ma, "quando Amedeo Matacena arriva a Dubai succede qualcosa che nessuno aveva previsto. Lui aveva un programma che era del tutto indipendente da Dubai. Aveva programmato un’entrata ed un’uscita da Dubai. E questo ce lo dice, nelle intercettazioni, Chiara Rizzo, la quale ritiene di fare una serie di cose indispensabili a risolvere un problema che non era stato previsto. Tutti i protagonisti dell’opera di protezione di Amedeo Matacena lo fanno secondo uno schema predefinito e con ruoli precisi".
Per quanto riguarda l'operato di Scajola, Lombardo ha sottolineato come dalle indagini sia emerso qualcosa che va "ben oltre l’umana solidarietà". Un contributo che, diversamente da quanto sostenuto dalla difesa, "non è per la Rizzo, ma per Matacena".
Lombardo ha insistito nell'indicare al Tribunale "la presenza di una rete strutturata a protezione di Matacena, in cui tutti i protagonisti della vicenda avevano un ruolo preciso da assolvere. Scajola ha fornito un contributo importante a Matacena per sottrarsi alla legge in perfetta consapevolezza". In questo schema un ruolo importante lo ha avuto Vincenzo Speziali, parente acquisito dell’ex presidente della Repubblica Libanese Amin Gemayel, ben introdotto nell’entourage ex democristiano.
Secondo la ricostruzione dell'accusa è lui la pedina chiave, tutt'altro che ritenuta inaffidabile (come sostiene Scajola, ndr). Ancora una volta Lombardo si è affidato ai progressivi delle intercettazioni che mettono in evidenza una lunga serie di contatti tra Scajola e Speziali proprio nell'intento di aiutare Matacena e risolvere il problema Dubai. "In questi dialoghi mai una volta emerge il dato dell'inaffidabilità di Speziali. Anzi vi sono una serie di riferimenti chiari ad una procedura che viene avviata e per cui si attende una risposta". Speziali infatti, secondo quanto concordato, avrebbe dovuto assicurare a Matacena una latitanza dorata e piena operatività in Libano dove si sta formando un nuovo governo. Poi accadde un ulteriore intoppo come l'arresto di Marcello Dell'Utri, all'interno di un albergo di Beirut, proprio in Libano. Anche di questo episodio c'è traccia nei dialoghi tra Speziali e Scajola. Durante la requisitoria il procuratore aggiunto ha anche ricordato come per queste accuse Speziali ha già patteggiato una condanna ad un anno ("Non è una confessione ma ci andiamo molto vicino") ed anche la condanna a 1 anno e 6 mesi rimediata dalla storica segretaria dell’ex ministro, Roberta Sacco. Sentenza non definitiva ma che, ovviamente, può essere tenuta in considerazione dalla Corte. La discussione, con le conseguenti richieste di pena, salvo imprevisti dovrebbe proseguire il prossimo 28 ottobre.

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