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Il sostituto procuratore: "Specificate le ragioni per cui ritengo ingiusto il provvedimento di estromissione"
di AMDuemila

"Massima disponibilità a trovare una soluzione, con la migliore composizione della vicenda per il conseguimento dei risultati a cui aspira l'ufficio". Con queste parole il Procuratore nazionale antimafia Federico Cafiero de Raho si sarebbe espresso quest'oggi davanti alla Settima Commissione del Csm, presieduta dalla togata Loredana Miccichè, chiamata ad esprimersi sulla legittimità dell'atto con cui lo scorso maggio lo stesso Capo della Procura nazionale ha estromesso il sostituto procuratore Antonino Di Matteo dal pool che indaga sulle "stragi ed entità esterne nei delitti eccellenti di mafia", costituito i primi mesi del 2019.
Le audizioni di de Raho e Di Matteo, ascoltati separatamente, sono durate un'ora ciascuno.
Nello specifico la Commissione, che a quanto è dato sapere non presenterà le sue conclusioni prima della ripresa dei lavori dopo la pausa estiva, dovrà verificare, dal punto di vista tecnico, se il provvedimento con cui il capo della Dna ha tolto tali deleghe all'ex pm di Palermo sia in linea con le regole in materia di organizzazione - e dunque sia legittimo - oppure se vi sia stata qualche discrepanza con quanto previsto dalle norme. Anche se lo ritenesse fuori dalle regole, il Csm non ha il potere di annullarlo, ma potrebbe formulare dei rilievi di cui il procuratore nazionale non potrebbe non tenere conto.
Il provvedimento, "immediatamente esecutivo", era stato preso a seguito dell'intervista di Di Matteo alla trasmissione "Atlantide", condotta da Andrea Purgatori ed andata in onda su La7 in occasione delle commemorazioni della strage di Capaci.
Secondo de Raho con quell'intervista si sarebbe interrotto il "rapporto di fiducia all’interno del gruppo e con le direzioni distrettuali antimafia" impegnate nelle indagini sulle stragi.
Da parte sua Di Matteo, che ha presentato ricorso al Csm anche presentando una memoria, aveva ritenuto il provvedimento "profondamente ingiusto ed immotivato", come ha dichiarato anche pubblicamente.
Intercettato dai giornalisti all'uscita da Palazzo dei Marescialli ha commentato: "Non posso scendere nel contenuto dell'audizione che, peraltro, non era pubblica. Posso dire che ho semplicemente avuto modo di ribadire e specificare meglio le ragioni che mi fanno ritenere ingiusto il provvedimento di estromissione. Attendo le decisioni e spero arrivino presto".
Nella memoria il pm di punta del processo trattativa Stato-mafia, riferendosi alla motivazione con cui era stato allontanato, aveva definito lo stesso come "un giudizio grave, che mortifica 28 anni di impegno professionale speso sul fronte stragi e delitti eccellenti di mafia”. Inoltre evidenziava che nell'intervista non era stato "recato alcun pregiudizio" all'attività giudiziaria in quanto aveva parlato esclusivamente di circostanze già note e contenute in sentenze; senza divulgare valutazioni oggetto di confronto all'interno del pool, o violando il segreto istruttorio.
A sostegno di Di Matteo (che comunque è candidato alle elezioni suppletive per il Csm), si sono espressi ben 130 magistrati che le scorse settimane hanno sottoscritto una lettera inviata al Capo dello Stato Sergio Mattarella e al vicepresidente dell'organo di autogoverno delle toghe David Ermini in cui si chiedeva proprio di risolvere la vicenda. Firme che si aggiungono alle oltre novantamila che hanno firmato il nostro appello alle istituzioni competenti, lanciato sulla piattaforma di change.org., affinché il magistrato non fosse delegittimato.

Foto © Imagoeconomica

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