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di Jean Georges Almendras
A Roma, nello storico processo sul Piano Condor, condannato il repressore Jorge Tróccoli

Ventiquattro ergastoli (per 13 militari dell'Uruguay e 11 militari di altri paesi), sono stati inflitti a Roma nel processo d’appello sul Piano Condor. La notizia ha fatto il giro del mondo, in particolare in America Latina, dove le vittime del sinistro piano genocida hanno seguito con attenzione tutte le fasi del processo che si è svolto nella capitale italiana. Le agenzie stampa, dalle prime ore di lunedì 8 luglio, hanno informato con svariati modalità il verdetto della giustizia italiana riguardo il destino dei militari della Bolivia, Cile, Peru ed Uruguay, tutti accusati di essere gravemente coinvolti nella sparizione di cittadini italiani durante l'Operazione Condor messa in atto negli anni ‘70 e ‘80. Tra i militari condannati si trovano Jorge Tróccoli e José Nino Gavazo.
Da informazioni provenienti dall'Italia, il Tribunale d’Appello di Roma ha di fatto ribaltato la sentenza pronunciata a gennaio 2017, quando la Corte stabilì solo otto ergastoli, furono invece 19 gli imputati assolti per prescrizione del reato.
Dei militari uruguaiani condannati, l'unico presente era Jorge Tróccoli, che risiede libero in Italia da quando riuscì a sfuggire alla giustizia uruguaiana nel 2007. Da segnalare che in precedenza era stato assolto.
Lo scorso 18 marzo 2019, la Procura di Roma aveva chiesto di riformare le sentenze di primo grado richiedendo la condanna di carcere a vita per i 24 membri delle dittature militari dei paesi sopra citati. Con il verdetto del 17 gennaio 2017 furono condannati i cileni Hernán Jerónimo Ramírez e Rafael Ahumada Valderrama, l'uruguaiano Juan Carlos Blanco, i boliviani Luis García Meza e Luis Arce Gómez, ed i peruviani Francisco Morales Bermúdez, Pedro Richter Prada e Germán Ruiz Figueroa, mentre i restanti imputati furono assolti, inoltre la Corte dispose archiviazioni.
Lo scenario è radicalmente mutato questo lunedì 8: condannati all'ergastolo Jorge Tróccoli, l'ex tenente Ricardo Eliseo Chávez, l'ex colonello Pedro Mato Narbondo, l'ex capitano José Ricardo Arab, l'ex Colonello José Nino Gavazzo Pereira, il marinaio Juan Carlos Larcebeau, l'ex capitano Luis Alfredo Maurente Mata, l'ex militare Ricardo José Medina, l'ex Colonello Ernesto Ramos Pereira, l'ex Granatiere José Felipe Sande Lima, l'ex Colonello Gilberto Vázquez Bisio e gli ex militari Jorge Alberto Silveira ed Ernesto Soca.
Come dato complementare a queste condanne dobbiamo menzionare che lo scorso 13 maggio il segretario della Presidenza Miguel Ángel Toma partecipò ad un'udienza di appello dove furono presentate prove che dimostravano la partecipazione ed il coinvolgimento di 13 militari uruguaiani in delitti di lesa umanità. Ovviamente, le prove raccolte sono state consegnate alla Corte d’Assise d'Appello di Roma.
Tutti i condannati citati erano imputati di omicidio volontario e dovranno inoltre farsi carico delle spese processuali. Il processo in questione al centro dell'attenzione dell'opinione pubblica italiana ed in particolare di quella dell'America Latina ebbe inizio circa vent’anni fa: nel 1999, praticamente un anno dopo che il giudice spagnolo Baltasar Garzón disponesse l'arresto del dittatore cileno Augusto Pinochet.
Gli ex militari cileni condannati all’ergastolo sempre l’8 luglio sono: Pedro Octavio Espinoza Bravo, Daniel Aguirre Mora, Carlos Luco Astroza, Orlando Moreno Vásquez e Manuel Abraham Vásquez Chauan.
Fra 90 giorni, a Roma, saranno rese pubbliche le motivazioni delle sentenze emesse a carico dei militari dell’Uruguay e degli altri paesi.
La stampa internazionale e i notiziari di radio e tv hanno dato ampio risalto alla notizia, riportando che il Segretario della Presidenza del governo uruguaiano Miguel Ángel Toma, presente a Roma, ha dichiarato ai giornalisti di sentirsi profondamente emozionato dalla sentenza in virtù delle prove presentate: nove sentenze in Uruguay, fascicoli di militari come Jorge Tróccoli (ed in particolare prove sulle sue attività repressive nel FUSNA), José Gavazzo e Luis Maurente.
Da parte sua l'avvocato uruguaiano Andrea Speranzoni ha dedicato la sentenza "ai combattenti sociali e alle persone che ripudiano i crimini di lesa umanità. Le prove esistono e la documentazione è stata prodotta ed i testimoni hanno parlato”.
Vogliamo inoltre annunciare che l’8 luglio l'Osservatorio Luz Ibarburu (OLI), insieme alla Segreteria di Diritti umani e Politiche Sociali del PIT CNT ha previsto una video-conferenza con gli avvocati italiani impegnati nel processo, con il proposito di analizzare la sentenza. La video-conferenza si svolgerà nell'anfiteatro del PIT CNT di Jackson 1283, alle 17:00, ingresso libero.

Foto di copertina: www.elmuertoquehabla.com (Jorge Tróccoli)