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di Lorenzo Baldo
L’appello allo Stato della madre della 21enne uccisa dall’ex fidanzato: “Basta impunità!”

“Alle 21:15 di quel maledetto 31 luglio 2017 ho avuto una fitta al cuore e ho pensato subito: Nadia! L'autopsia avrebbe poi confermato che mia figlia era stata uccisa alle 21:30 circa”. E’ un dolore lacerante quello di Antonella Zuccolo, madre di Nadia Orlando, la 21enne di Vidulis di Dignano (Ud), uccisa due anni fa dall’ex fidanzato, il 37enne Francesco Mazzega, conosciuto presso l’azienda in cui entrambi lavoravano a San Daniele del Friuli. Dopo due anni di relazione, nella quale era emersa la palese possessività di Francesco, Nadia voleva lasciarlo, lui le aveva chiesto un ultimo incontro sul greto del fiume Tagliamento per chiarire. Ma quella occasione - come purtroppo accade sempre in questi casi - si è rivelata fatale per questa giovane ragazza morta soffocata dopo 15 minuti di agonia. Dopo averla uccisa Francesco Mazzega ha vagato senza meta per tutta la notte con il corpo esanime di Nadia sul sedile del passeggero. Alle 9 del mattino si è consegnato alla Polstrada di Palmanova ammettendo ai poliziotti: “Temo di aver commesso un omicidio”. Successivamente i periti faranno notare che poco prima di uccidere Nadia lo stesso Francesco ha effettuato alcune modifiche sulla rubrica telefonica del suo cellulare cambiando la dicitura riferita alla sua fidanzata. L’indicazione “amore mio” è stata cancellata e al suo posto è stato inserito il verbo “sparire”.
Per Mazzega si sono aperte quindi le porte del carcere di Udine. C’è stato poi un primo trasferimento al reparto psichiatrico dell’ospedale locale, piantonato 24 ore su 24 per il rischio che potesse compiere gesti estremi. Passato qualche giorno è tornato in carcere. Trascorso appena un mese il Tribunale del Riesame di Trieste gli ha concesso la scarcerazione in attesa del processo, nonostante il ricorso della procura di Udine e gli appelli della famiglia della vittima. La Cassazione ha confermato quindi i domiciliari presso l’abitazione dei suoi genitori a Muzzana del Turgnano (Ud) con braccialetto elettronico. Per i giudici Mazzega non è pericoloso e non sussisterebbe il rischio di reiterazione del reato. Può quindi attendere il processo di appello in famiglia.

mazzega francesco 2

L'ex fidanzato di Nadia, Francesco Mazzega



Il paradosso
E’ un dolore devastante, senza rimedio, che uccide lentamente un’intera famiglia, mentre l’assassino - condannato in primo grado a 30 anni di reclusione (in abbreviato) - chiede lo spostamento del procedimento fuori regione. La motivazione? Le manifestazioni in ricordo di Nadia, le fiaccolate, gli articoli sui giornali, i dibattiti sul suo caso, le 15.000 firme raccolte per chiedere alla Regione che si costituisse parte civile nel processo (cosa che poi è avvenuta), secondo l’imputato, potrebbero “turbare la serenità e l’equilibrio” dei giudici. La Cassazione dovrà quindi decidere se accogliere questa istanza di “legittima suspicione”. E intanto i tempi si allungano. Inizialmente fissata per il 12 aprile scorso, l’udienza davanti alla Corte di Assise di Appello di Trieste è stata poi spostata al 31 maggio. Data che è stata ulteriormente posticipata al 3 luglio quando gli ermellini decideranno se spostare il processo fuori dal Friuli.
Entrando a contatto con la sofferenza dignitosa di Antonella prende forma un ulteriore senso di rabbia, frustrazione e tanta disillusione nei confronti della giustizia italiana. Che, per l’ennesima volta, mostra il suo volto più iniquo e cinico.
Da anni è stata ormai superata la soglia dell’emergenza per questo cancro chiamato femminicidio. Ogni giorno si moltiplicano i casi di aggressioni, minacce, stupri e omicidi nei confronti di donne di ogni età e condizione sociale. In ogni angolo del pianeta il grido di queste donne si scontra contro la sordità di una giustizia che non è sufficientemente giusta nei confronti delle vittime e dei loro familiari. In un recente report del Sole24Ore si legge che secondo i dati del Ministero dell’interno “sono state 149 le donne vittime di omicidi volontari nel 2016 in Italia” e “quasi 3 su 4 di questi delitti sono stati commessi nell’ambito familiare: 59 donne sono state uccise dal partner, 17 da un ex partner e altre 33 da un parente”. “Oltre 100 donne in Italia vengono uccise ogni anno da familiari e persone conosciute - ha evidenziato recentemente il consigliere comunale di Firenze Donata Bianchi -. Nel 2017, ultimi dati disponibili, oltre 49mila donne si sono rivolte a centri antiviolenza per chiedere aiuto. Ad oggi, nel nostro Paese, 6 milioni e 788mila donne tra i 19 e i 70 hanno subito violenza fisica o sessuale nel corso della loro vita (praticamente una donna su tre). Sono dati che rappresentano solo la punta di un iceberg se si considera che il 90% delle donne vittime di violenza non denuncia e almeno una donna su tre non chiede aiuto”.
Un crimine efferato. Come tale deve essere trattato il femminicidio. Ma questo dato oggettivo non è poi così scontato per il mondo giudiziario. Nel caso di Nadia Orlando la decisione di concedere i domiciliari ad un assassino reo confesso, ma non per questo del tutto sincero, si commenta da sola. Eppure contestando l’aggravante dei futili o abietti motivi, la pm Letizia Puppa aveva motivato l’aggressione di Francesco Mazzega “non già perché ancora innamorato di lei, bensì per dare sfogo alla volontà punitiva nei confronti della vittima considerata come di sua appartenenza”.
Nella motivazione della condanna era stato di fatto confermato che Mazzega aveva ucciso Nadia per “punirla per la orlando nadia 2disobbedienza manifestatagli nell'aver voluto rivendicare il suo diritto di partecipare all'impegno della sagra in compagnia delle amiche, ma soprattutto per avergli ribadito, la sera del delitto, la ferma volontà di porre fine alla loro relazione”.
“Non è ammissibile questa impunità! Mia figlia è stata ammazzata e il paradosso è che il suo assassino attende il processo di appello a casa dei suoi genitori, non c’è giustizia in questo Paese!”. Le lacrime le solcano il viso lentamente, Antonella rivive l’ultimo giorno di vita di Nadia: la sua allegria, il suo ultimo saluto e quella fitta al cuore che le ha fatto presagire la tragedia. Sono ricordi nitidi. Che uniscono nel tormento il papà Andrea e Paolo, il figlio minore. Per tutti loro la vita è stata interrotta bruscamente due anni fa. E ad acuire quel dolore senza fine ci pensa una battaglia giudiziaria sfibrante. Che lascia intravedere le falle di un sistema giudiziario dove non c’è la certezza della pena. “Ci vogliono leggi più severe per chi commette questi crimini - continua Antonella -, se vengono dati 30 anni di carcere devono essere effettivi, senza sconti! Altrimenti questo senso di impunità consentirà ad altri assassini di uccidere altre donne per poi cavarsela, grazie a qualche cavillo burocratico, con pochi anni di galera, o addirittura aspettando i successivi gradi di giudizio ai domiciliari! Stiamo parlando di un omicidio! Mia figlia aveva tutta una vita da vivere, era solare, gioiosa, piena di amore per la sua famiglia e per i suoi amici! La sua vita è stata spezzata a 21 anni, così come quella della nostra famiglia. Non è giusto assistere a questo scempio! Non deve accadere più, a nessun altro...”. Mentre Antonella si asciuga gli occhi tornano in mente le parole di suo marito Andrea, il padre di Nadia, che in una lettera aperta, scritta di getto un mese dopo l’omicidio di sua figlia, aveva tracciato un solco profondo nella coscienza di tante persone. “La nostra Nadia era una ragazza buona, e per dimostrare il suo splendore nel tempo, non andava toccata. Quello che è successo a noi è giusto che non rimanga cosa quotidiana per un mondo di ‘uomini maschi’ (non lo scrivo in maiuscolo e mi sento, io padre, una nullità a essere uomo) che vedono l'allegria, la cordialità, il rapporto umano con tutti indistintamente come un modo per alimentare inutili gelosie”. E in un mondo dove troppi “uomini maschi” continuano a uccidere le donne, c’è un bisogno impellente di giustizia. Vera. E soprattutto giusta. Per Nadia. Per tutte le donne vittime di questo crimine, per le loro famiglie. Perchè questa guerra non è ancora finita.

Info Giustizia per Nadia: facebook.com

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