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di AMDuemila
Erano stati denunciati dal Grande Oriente d'Italia

Il Gip del Tribunale di Roma, Valerio Savio, ha disposto l'archiviazione del fascicolo d'indagine della Procura di Roma nei confronti degli ex vertici della commissione antimafia, la presidente Rosy Bindi, il vice presidente Claudio Fava oltre che dei commissari Davide Mattiello del Pd e Mario Michele Giarrusso degli M5S. L'inchiesta era stata aperta nel 2017 dopo la denuncia del Gran maestro del Grande Oriente d'Italia (Goi), Stefano Bisi in relazione al sequestro degli elenchi degli iscritti alla massoneria in Calabria e Sicilia svolto su richiesta della Commissione dagli uomini della Guardia di Finanza. Il giudice Valerio Savio ha respinto l'opposizione all'archiviazione avanzata dai denuncianti accogliendo la richiesta della Procura. I parlamentari erano finiti nel registro degli indagati per il reato di diffamazione mentre alla Bindi, difesa dall'avvocato Giorgio Beni, venivano contestati anche i reati di rivelazione del segreto d'ufficio e abuso d'ufficio.
Nelle sue motivazioni, il Gip Savio ha spiegato che "nelle dichiarazioni 'incriminate' degli indagati si fanno correlazioni in generale tra il mondo massonico 'deviato' e la mafia siciliana ma non si chiama mai in causa specificamente né Bisi né il Goi e che ogni assimilazione tra Goi e 'massoneria deviata' operata dai media non può essere imputata agli stessi indagati". Quanto all'ipotesi di abuso d'ufficio, secondo il giudice non può essere contestata a Rosy Bindi perché "la decisione di procedere a perquisizione e sequestro presso la sede di diverse istituzioni massoniche per acquisire gli elenchi di appartenenti alle logge calabresi e siciliane, anche cessate dal 1990 in poi, è un provvedimento adottato all'unanimità dei componenti della Commissione (25 deputati e 25 senatori)" e non può dipendere dalla volontà dell'allora presidente o di altri singoli componenti. Per il giudice, inoltre, "gli elenchi di una associazione privata (massonica o meno) non sono oggetto di 'segreto' giuridicamente opponibile all'autorità giudiziaria, e quindi anche ad una Commissione Parlamentare di inchiesta, quando, come in questo caso, la loro acquisizione sia funzionale e coerente con le finalità di una indagine volta ad accertare (anche) fatti di possibile rilevanza penale". E non ci sono infine neppure gli estremi per contestare una rivelazione del segreto a Rosy Bindi o arrivare a identificare il colpevole, per il fatto che un'agenzia di stampa aveva dato notizia delle perquisizioni nove minuti prima dell'inizio dell'attività investigativa. Infatti, per il Gip, quel decreto di perquisizione, oltre che ai 50 componenti dell'Antimafia, era noto dal momento della sua deliberazione anche al personale amministrativo e di segreteria e lo stesso atto è stato consegnato alla Finanza, e quindi a un certo numero di militari, "in un tempo variabile tra 30 e 60 minuti prima dell'inizio delle operazioni".

Foto © Imagoeconomica

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