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di AMDuemila
Il pm, oggi consulente della Commissione parlamentare antimafia, intervistato da "Il Fatto Quotidiano"

"I filoni da approfondire? Certamente le intercettazioni di Giuseppe Graviano in cella nel 2016 quando al compagno di detenzione racconta di avere concepito suo figlio in cella come aveva fatto anche il fratello Filippo. Erano entrambi reclusi allora a Palermo". E' il sostituto procuratore antimafia Roberto Tartaglia, il più giovane membro del pool che ha condotto l'accusa al processo trattativa Stato-mafia ed ora consente della Commissione Parlamentare antimafia a rispondere alla domanda del giornalista Marco Lillo in un'intervista pubblicata oggi su "Il Fatto Quotidiano". Per la prima volta il pm parla delle stragi e degli aspetti che dovrebbero essere approfonditi dalla magistratura ma anche dall'organo parlamentare. Quando il giornalista ricorda la sentenza Trattativa secondo cui in quel dialogo del boss di Brancaccio, in cella, si parla di Berlusconi come di un "traditore", Tartaglia aggiunge: "Questo è un altro passaggio importante delle intercettazioni. Graviano fa tutte quelle confidenze al suo compagno di detenzione perché sa che Adinolfi potrebbe uscire di cella e gli vuole affidare un compito: inviare tramite un terzo soggetto un messaggio minaccioso a Berlusconi. Sarebbe molto interessante individuare chi sia il soggetto vicino a Berlusconi che potrebbe essere a conoscenza dei segreti di quel periodo".


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Roberto Tartaglia © Paolo Bassani


Quanto ai punti che 27 anni dopo le stragi sono ancora da chiarire emerge che "Graviano in cella parla dell'urgenza e probabilmente fa riferimento alla ragione dell'accelerazione della strage di via d'Amelio in cui fu ucciso Borsellino, 57 giorni dopo Falcone. La sentenza mette in relazione l'urgenza alla consapevolezza di Borsellino della Trattativa. Io penso che sulle ragioni di quell'urgenza dobbiamo lavorare - sottolinea - Un'altra traccia che andrebbe esplorata è il ruolo di Matteo Messina Denaro nell'elaborazione della strategia politica di Cosa Nostra e nella trattativa. Secondo il collaboratore Giuffrè, era lui la creatura di Totò Riina, l'uomo che potrebbe avere ereditato i suoi segreti".
Analizzando le ragioni ch portarono alle stragi Tartaglia sottolinea come "potrebbe esserci stata una convergenza di interessi tra realtà diverse come Cosa Nostra e alcuni esponenti dei Servizi che temevano per la loro sorte in uno scenario politico mutato. Al tramonto della Prima Repubblica queste forze volevano ribaltare l’ordine in modo eclatante per poi accelerare e guidare il processo di transizione. A questo punto abbiamo la risposta anche all’altra domanda, cioè perché le stragi sono finite. Certo, i fratelli Graviano che avevano attuato la politica stragista erano stati arrestati nel 1994 ma restavano liberi altri boss. Credo di più a una risposta diversa. Le stragi terminano quando il nuovo assetto si è determinato".
Nell'intervista il pm si augura che tutti questi aspetti, a partire dalla ricerca della verità dei cosiddetti mandanti esterni, possano essere affrontati in Commissione Antimafia ed auspica anche una sinergia con la Procura nazionale antimafia che su questi punti ha istituito un pool specifico che vede la presenza di magistrati come Antonino Di Matteo, Francesco Del Bene e Franca Imbergamo.

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