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di Karim El Sadi
A dare le informazioni sui movimenti del giudice era stato Salvo Lima"

L’omicidio Scopelliti, il ruolo di Matteo Messina Denaro e le stragi di mafia all’ombra di un patto tra Cosa nostra e ‘Ndrangheta. Sono questi gli argomenti trattati nel corso della deposizione del pentito Maurizio Avola sentito al Processo “Gotha” in corso a Reggio Calabria. Rispondendo alle domande del procuratore aggiunto della Dda di Reggio Calabria, Giuseppe Lombardo, il collaboratore di giustizia Maurizio Avola, ex sicario della cosca Santapaola e autore di decine di omicidi, ha in particolare confermato quelle dichiarazioni che hanno permesso alla Procura di riaprire le indagini sulla morte del giudice Scopelliti, ucciso il 9 agosto del 1991 a Villa San Giovanni, e che ha permesso il ritrovamento di un fucile calibro 12, nel catanese, su cui ora sono in corso gli accertamenti per verificare se sia effettivamente quello utilizzato per compiere il delitto.
Nel nuovo fascicolo riaperto dalla procura sono 18 gli indagati; tra questi, nomi di boss illustri come il superlatitante Matteo Messina Denaro che Avola ha inserito tra i membri del gruppo di fuoco che uccise il magistrato. “C’era anche Messina Denaro, che ha commesso con me materialmente l’omicidio - ha ripetuto in aula - Fu Salvo Lima a fornire ogni utile informazione sui movimenti del giudice Scopelliti a Salvatore Ercolano, cugino di Nitto Santapaola”.
A detta del collaboratore quell'attentato rientrerebbe in uno scenario più grande di quello del semplice omicidio di prevenzione (il magistrato, secondo Avola, era stato designato da Giovanni Falcone come giudice di Cassazione al maxi processo), ovvero quello di un patto occulto stipulato agli inizi degli anni ’90 tra boss di Cosa Nostra e ‘Ndrangheta. Un patto che includerebbe, appunto, anche la collaborazione tra le due organizzazioni criminali nella cosiddetta strategia stragista.
Una strategia che non sarebbe piaciuta a Nitto Santapaolaperché gli omicidi eccellenti fanno rumore e disturbano i rapporti con certi ambienti”, i quali lo storico boss catanese era solito frequentare.

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"Paolo De Stefano uomo di ‘Ndrangheta e Cosa nostra"

Parlando della stretta cooperazione tra le due potenti mafie, in particolare tra il clan Santapaola e quella della cosca di ’Ndrangheta De Stefano, il collaboratore ha affermato: "Andavo con Salvatore Ercolano, che era cugino di Nitto Santapaola, a incontrare Paolo De Stefano a Reggio Calabria nel 1984. Inizialmente ci andava Salvatore Santapaola, perché insieme ai De Stefano stavano aspettando una nave di fumo. Ma i rapporti erano precedenti. Paolo De Stefano era un uomo d’onore, era Cosa Nostra, era stato fatto dai palermitani. Era il rappresentante di Cosa Nostra a Reggio. So che i De Stefano erano amici di Cosa Nostra”. Amicizia confermata dal ruolo determinante di un altro personaggio coinvolto nell’assassinio avvenuto il 9 agosto del ’91, quello del boss Aldo Ercolano. L’ex braccio destro di Benedetto Santapaola, nonché l’uomo che ordinò l’omicidio di Scopelliti, è considerato da Maurizio Avolail punto di riferimento dei corleonesi” intesi come, ha precisato l’ex boss del clan dei Santapaola, “non solo i mafiosi di Corleone, ma tutti quelli che appoggiavano la strategia stragista”. In conclusione Avola si è soffermato sulla nascita di un partito che sarebbe dovuto sorgere dalle ceneri delle stragi. “Si parlava di questo partito nuovo dopo le stragi, la Sicilia doveva diventare indipendente e in questo era appoggiata dai clan americani. Si diceva che bisognava fare una 'cosa nuova', perché c’erano stati i morti, molti vecchi interlocutori erano stati eliminati come Lima. Il progetto era cambiare tutto e fare tutto nuovo, con nuovi referenti. Noi abbiamo contribuito con una serie di omicidi eccellenti”. “Nel ’94 - ha aggiunto Avola - io ero detenuto, ma D’Agata mi ha fatto sapere che fuori era tutto pronto che ci sarebbe stata una forza nuova e sarebbe andato tutto a posto. A portare avanti questi progetti erano massoneria e ambienti politici”. Quale? Come già aveva fatto in altre occasioni Avola ha identificato la nuova forza politica nel movimento “Forza Italia”, fondato da Silvio Berlusconi e Marcello Dell’Utri (condannato in via definitiva per concorso esterno in associazione mafiosa), che poi vinse le elezioni.

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