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di Davide de Bari - Video e Foto
La testimonianza del vicebrigadiere: “Stefano è stato preso a schiaffi e calci in faccia, poi mi minacciarono”

"Chiedo scusa alla famiglia Cucchi e agli agenti della polizia penitenziaria, imputati al primo processo. Per me questi anni sono stati un muro insormontabile". E’ iniziato così l’esame del supertestimone al processo Cucchi-bis davanti alla Corte d’Assise di Roma del vicebrigadiere, Francesco Tedesco, che dopo 9 anni ha rivelato il pestaggio nei confronti del geometra romano, Stefano Cucchi, da parte dei due suoi colleghi Raffaele D'Alessandro e Alessio Di Bernardo, imputati come lui di omicidio preterintenzionale. Tedesco è accusato anche di falso e calunnia insieme con il maresciallo Roberto Mandolini, mentre della sola calunnia risponde il militare Vincenzo Nicolardi.
Alla Corte, Tedesco ha raccontato tutti i momenti del pestaggio di Cucchi nella caserma della compagnia Casilina la notte del suo arresto a Roma, il 15 ottobre del 2009, dopo che il giovane si era rifiutato di sottoporsi al fotosegnalamento. "Cucchi si rifiutava di prendere le impronte, siamo usciti dalla stanza e il battibecco con Di Bernardo è proseguito. - ha detto - Mentre uscivano dalla sala, Di Bernardo si voltò e colpì Cucchi con uno schiaffo violento in pieno volto. Poi lo spinse e D'Alessandro diede a Cucchi un forte calcio con la punta del piede all'altezza dell'ano”. Proseguendo nella testimonianza ha anche riferito di aver cercato di fermare i due carabinieri: “Nel frattempo io mi ero alzato e avevo detto: 'Basta, finitela, che cazzo fate, non vi permettete'. Ma Di Bernardo proseguì nell'azione spingendo con violenza Cucchi e provocandone una caduta in terra sul bacino, poi sbattè anche la testa. Io sentii il rumore della testa, dopo aveva sbattuto anche la schiena. Mentre Cucchi era in terra D'Alessandro gli diede un calcio in faccia, stava per dargliene un altro ma io lo spinsi via e gli dissi a 'state lontani, non vi avvicinate e non permettetevi più”. Il carabiniere ha raccontato che dopo il pestaggio, cercò di aiutare Cucchi: “Aiutai Stefano a rialzarsi, gli dissi 'Come stai?' lui mi rispose 'Sono un pugile sto bene', ma lo vedevo intontito".

Dopo il pestaggio
Subito dopo avere assistito all'aggressione di Cucchi, Tedesco ha testimoniato di avere chiamato l'allora capo della stazione Appia, Roberto Mandolini, e "gli dissi cosa era successo. Mandolini mi chiese 'Come sta?'. Io replicai: 'Dice che sta bene ma è successo questo, questo e questo. Cucchi - ha proseguito Tedesco - sentì quella telefonata perché lo avevo sotto braccio. Quindi salii dietro sul defender con lui, mentre Di Bernardo e D'Alessandro stavano davanti. Cucchi non disse una parola, teneva la testa abbassata, io ero turbato e lui era sotto shock più di me". Mentre Di Bernardo e D'Alessandro "erano tranquilli, non erano spaventati più di tanto. Non erano preoccupati della telefonata che avevo fatto a Mandolini e mi dicevano: 'Non ti preoccupare parliamo noi con Mandolini’”. Poi ha continuato: “Arrivati alla stazione Appia, Mandolini chiamò D'Alessandro e Di Bernardo, io stavo con Stefano Cucchi, che era ancora stordito anche se cominciava a parlare un pochino con me”.



Il verbale pronto da firmare e le minacce del comandante
Il carabiniere ha poi parlato anche del verbale con le false dichiarazioni su quanto avvenuto: "In ufficio il verbale era già pronto e il maresciallo Roberto Mandolini mi disse: 'Firmalo che tra un paio d'ore devi andare in tribunale. Io lo firmai senza nemmeno leggere. Con me Mandolini faceva sentire il grado, se dovevo entrare in ufficio io dovevo chiedere permesso, se lo facevano D'Alessandro e Di Bernardo no. Cucchi non voleva firmare il verbale di perquisizione né il verbale d'arresto". Tedesco ha poi raccontato cosa ha vissuto in quei giorni: “Dire che ebbi paura è poco. Ero letteralmente terrorizzato. Ero solo contro una sorta di muro. Sono andato nel panico quando mi sono reso conto che era stata fatta sparire la mia annotazione di servizio, un fatto che avevo denunciato. Ero solo, come se non ci fosse nulla da fare. In quei giorni io assistetti a una serie di chiamate di alcuni superiori, non so chi fossero, che parlavano con Mandolini. C'era agitazione. Poi mi trattavano come se non esistessi. Questa cosa l'ho vissuta come una violenza". Il teste durante la sua deposizione ha anche raccontato di aver ricevuto delle minacce dal comandante della stazione. "Prima di andare dal pm per essere sentito dissi a Mandolini 'ma ora cosa devo fare?' e lui mi rispose 'non ti preoccupare, ci penso io, devi dire che (Cucchi, ndr) stava bene. Devi seguire la linea dell'arma se vuoi continuare a fare il carabiniere. Ho percepito quella minaccia come tanto seria e poi vedevo i colleghi tranquilli".

Le annotazioni di Tedesco sul pestaggio
Tedesco ha parlato alla Corte di aver scritto “una annotazione il 22 ottobre parlando dell'aggressione ai danni di Cucchi e della telefonata a Mandolini ma non che era stato Nicolardi a consigliarmi di fare questa relazione”."Ho fatto due originali delle mie annotazioni - ha continuato - sono andato in questo archivio al piano di sotto della caserma. Ho protocollato un foglio scrivendoci 'Cucchi annotazione', poi ho preso i due fogli e li ho messi nel registro per la firma del Comandante, di colore rosso, che poi era destinata all'autorità giudiziaria. L'altra copia era destinata alla 'piccionaia', come la chiamavamo in gergo, dove conservavamo tutti gli atti dell'anno corrente". Il carabiniere ha poi detto che qualche giorno più tardi quella annotazione era sparita. “Non dissi nulla di questa cosa a nessuno, pensavo di essere convocato da solo. - ha spiegato - Invece nei giorni successivi andai nel registro e vidi che nella cartella mancava la mia annotazione. Mi sono reso conto che erano state cancellate due righe con un tratto di penna”.



La decisione di testimoniare
L’accusa rappresentata dal pm Giovanni Musarò ha rivolto al teste numerose domande sul perché il suo silenzio sia durato 9 anni. "Quando ho letto il capo di imputazione per questo processo - ha detto il vicebrigadiere - c'era esattamente quello che io avevo visto con i miei occhi. Ci ho pensato e ho capito che non riuscivo più a tenermi questo peso". Quindi la scelta di fare la denuncia che, insieme alla relazione di servizio sparita, é ciò che lo renderebbe credibile. "Non era facile denunciare i miei colleghi. Il primo a cui ho raccontato quanto è successo è stato il mio avvocato. - ha aggiunto - In dieci anni della mia vita non lo avevo ancora raccontato a nessuno". Un importante segno di incoraggiamento a parlare per Tedesco è stata la testimonianza del carabiniere Riccardo Casamassima, che ha consentito la riapertura delle indagini. “Io ho avuto paura perché, quando il 29 ottobre 2009 sono stato costretto a non parlare, mi sentivo in una morsa dalla quale non potevo uscire. - ha detto - Ho capito che il muro cominciava a sgretolarsi quando Casamassima ha cominciato a parlare e non mi sono sentito più solo come prima”. ”Per me è la vittoria umana di una persona che per anni ha cercato di poter raccontare i fatti ma le pressioni subite glielo hanno impedito", ha detto l'avvocato di Tedesco, Eugenio Pini.
Dopo la testimonianza di Tedesco, la sorella di Stefano, Ilaria Cucchi ha detto che “dopo dieci anni di menzogne e depistaggi” finalmente in un aula di Tribunale “è entrata la verità raccontata dalla viva voce di chi era presente quel giorno”. "Sentivo il carabiniere Tedesco descrivere come è stato ucciso mio fratello - ha continuato - e il mio sguardo cercava quello dei miei genitori che ascoltavano raccontare come è stato ucciso il loro figlio. E' stato devastante, ma a questo punto quanto accaduto a Stefano non si potrà mai più negare".


La lettera di Nistri alla famiglia Cucchi
Nello stesso giorno, il comandante generale dell’Arma, Giovanni Nistri, in una lettera invitata alla famiglia nelle scorse settimane si è schierato dalla parte dei Cucchi. "Mi creda - ha scritto il generale - e se lo ritiene lo dica ai suoi genitori, abbiamo la vostra stessa impazienza che su ogni aspetto della morte di Suo fratello si faccia piena luce e che ci siano infine le condizioni per adottare i conseguenti provvedimenti verso chi ha mancato ai propri doveri e al giuramento di fedeltà". A commentare la decisione di Nistri è stato il vice presidente del Consiglio Luigi Di Maio che ha detto: "Un messaggio, il suo, che è ben lungi dal poter essere interpretato come un'Arma "contro" i Carabinieri e che io, invece, considero un grande passo avanti dello Stato. Grazie, generale Nistri, per il suo gesto". Dopo le parole di Di Maio, il presidente del Consiglio dei ministri, Giuseppe Conte ha annunciato che “il ministero della Difesa è favorevole a costituirsi parte civile nel processo per la morte di Stefano Cucchi”.

Foto e Video © Imagoeconomica

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