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di Karim El Sadi
Per la Procura generale vi è un uomo che ha una "spiccata somiglianza” con Paolo Bellini
Al Processo Cavallini ordinata perizia sul video

La “fotografia” della Strage di Bologna si sta schiarendo sempre più facendo venire alla luce elementi, tasselli, imprevedibili e fondamentali per l’accertamento della verità su quella tragica mattina del 2 agosto di 38 anni fa. Ed è proprio grazie a una “fotografia” o meglio un fotogramma, raffigurante una persona presente alla stazione quel giorno, che la Procura Generale di Bologna ha appurato una “spiccata somiglianza” con un personaggio già tristemente noto alle cronache. Si tratterebbe di Paolo Bellini, 63 anni, ex primula nera di Avanguardia Nazionale, autore riconosciuto di omicidi e protagonista indiscusso di vicende oscure e rocambolesche. Nei suoi confronti, nei giorni scorsi, la procura ha chiesto la revoca del proscioglimento del 1992, in modo da riaprire le indagini ed eventualmente fare ricorso a procedure con mezzi tecnologici che all’epoca non esistevano, come un riconoscimento antropometrico.
Il fotogramma è stato estrapolato da un filmino amatoriale Super 8 di Arold Polzer, un turista svizzero, girato la mattina del 2 agosto, contenente riprese dei momenti immediatamente precedenti e successivi alla Strage. Prima il turista filmò dal treno l'arrivo in stazione sul primo binario, alle 10.13, 12 minuti prima dello scoppio. Poi il video prosegue, con immagini di poco dopo l'esplosione, e, andando verso la sala d'aspetto, vengono riprese una serie di persone presenti, mentre si inizia a scavare tra le macerie. Tra queste persone venne immortalato un uomo con i capelli ricci, i baffi e le sopracciglia folte, simile a com'era Bellini nelle foto segnaletiche. A questi, che negò la sua presenza, fu inizialmente attribuita una diretta partecipazione nell'attentato a Bologna la mattina del 2 agosto. Fornì un alibi che destò sospetti di falsità, ha ricordato la Procura generale nella richiesta di revoca della sentenza, ma fu prosciolto per mancanza di riscontri delle propalazioni accusatorie nei suoi confronti. Ma non finisce qui. Dietro la decisione della procura generale bolognese di rimettere mano a quel fascicolo su Paolo Bellini, chiuso il 28 aprile del 1992, ci sarebbe un altro fattore rilevante. Nel gennaio del 1996 Carlo Maria Maggi, ex capo di Ordine Nuovo, condannato per la Strage di Brescia e morto a dicembre, e suo figlio Marco, vennero intercettati mentre parlavano della strage. “Mambro e Fioravanti hanno fatto la strage”, per poi aggiungere “intanto lui ha fatto i soldi”. Dopodichè, sollecitato dal figlio, Maggi continuava il suo racconto: “Lo so perché è così. In pratica nei nostri ambienti... erano in contatto con il padre di ‘ sto aviere ... e dicono che portava una bomba, ecco!”.
Dunque a partecipare all’attentato ci sarebbe stato anche un "aviere" che portò l’esplosivo. Caso vuole che lo stesso Bellini era conosciuto negli ambienti di destra per la sua passione per il volo che, tra l’altro, lo aveva portato a “prendere il brevetto da pilota”.

Paolo Bellini tra i nomi del processo Trattativa
Il nome di Paolo Bellini però non appare solo tra le innumerevoli carte del processo sulla Strage alla Stazione di Bologna. A citare l’ex terrorista sono anche altre procure, come quella di Palermo, in relazione, però, a un altro scabroso processo, quello sulla Trattativa Stato-mafia. Di fatti la Procura generale, proprio tramite gli atti del processo Trattativa Stato-Mafia, ha accostato a Bellini un personaggio altrettanto misterioso da cui emergerebbe una "trama di oscuri rapporti”, Sergio Picciafuoco. I magistrati vorrebbero riprendere e approfondire questa relazione, alla luce delle indagini in corso. Picciafuoco, condannato in primo grado e poi assolto per la Strage, era presente in stazione il giorno della strage, fu ferito dall'esplosione e fornì una falsa identità al personale sanitario del pronto soccorso.
Tornando a Paolo Bellini e il processo di Palermo, lo scorso anno i magistrati durante la requisitoria, avevano parlato dell’ex terrorista nero come il protagonista di “una trattativa parallela”. "C'è stato un secondo piano di trattativa, che è passato alla storia, per semplificazione, come 'Seconda trattativa' o 'trattativa delle opere d'arte'. - aveva detto il pm Roberto Tartaglia - E’ un canale di trattativa assolutamente sincronico, perfettamente coincidente con le tappe temporali, con gli eventi della trattativa principale”. In breve Bellini, divenuto confidente dei carabinieri, nel 2014 disse per la prima volta in aula, di essersi proposto nel 1992 come talpa al maresciallo Roberto Tempesta, in servizio al Nucleo tutela patrimonio artistico, tra le fila di Cosa Nostra per recuperare opere d’arte rubate da quest’ultima. Con il lasciapassare del generale Mario Mori, allora vicecomandante del Ros Carabinieri, Bellini si sarebbe infiltrato quindi in Cosa nostra per poi tornare da Tempesta riferendogli che i corleonesi di Totò Riina minacciavano di compiere attentati ai monumenti artistici italiani. Di fatti nel 1993, esplosero bombe all’Accademia dei Georgofili a Firenze, al Padiglione d’arte contemporanea a Milano e in due basiliche a Roma. Anche se collaboratori indicano Paolo Bellini come l’ispiratore di quella strategia di attacco contro i patrimoni artistici. Sul punto però Bellini, sentito al processo, ha sempre negato “non ho mai pensato di organizzare un attentato alla Torre di Pisa. Fu Antonino Gioè che, pensando che non si poteva fare una trattativa reale con chi mi mandava da lui a recuperare le opere d’arte, non ritenendoli seri, buttò lì la storia della Torre di Pisa”. “Fu Gioè un giorno a dirmi: ‘Che cosa accadrebbe se sparisse la Torre di Pisa?’. Ma quando dissi al maresciallo Tempesta quella frase, che cosa fecero? Nulla di nulla”.

La Corte d’Assise chiede perizia su video post bomba
Intanto un altro filmato sta passando al vaglio degli addetti ai lavori. La Corte d’Assise di Bologna, che sta processando l’ex Nar Gilberto Cavallini per concorso nella strage del 2 agosto 1980, ha chiesto di effettuare una perizia su un video Vhs girato all’epoca da una televisione privata dopo lo scoppio della bomba in stazione. Il video, che dura circa 38 minuti, è stato ritrovato dal perito esplosivistico incaricato dalla Corte, Danilo Coppe. Nel filmato si vedono le prime immagini dei soccorsi, con l’arrivo di ambulanze e vigili del fuoco, i feriti sulle barelle e anche le ruspe che cominciano a rimuovere i detriti. L’obiettivo della Corte è quello di fare una perizia sul video, prima riversando la cassetta Vhs su un supporto moderno per aumentarne la definizione e poi effettuando una ricognizione con l’uso di software sui volti delle persone presenti nelle immagini.

Foto © Ansa

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