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di Daniele Rosa
Intervista esclusiva con Antonio Ingroia

Abbiamo incontrato Antonio Ingroia nel corso di un convegno in Repubblica Dominicana chiamato come ‘guest speaker’ su un tema, quello del riciclaggio che, l’avvocato, giornalista, ex magistrato e politico conosce molto bene.
Con Ingroia, figura di spicco del panorama giudiziario italiano (impossibile dimenticare il suo lavoro, a fianco di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, nei più delicati processi di mafia italiani) abbiamo parlato proprio di riciclaggio, un fenomeno che tocca molti paesi caraibici e non solo il mondo intero.

Avvocato stiamo parlando di riciclaggio, ma come il fenomeno è cambiato in un mondo sempre più globalizzato?

La mafia in doppiopetto. 'La mafia è entrata in borsa' diceva Giovanni Falcone.

‘Conosco da tanti anni la pericolosità del fenomeno del riciclaggio e da un’angolazione particolare, che è poi stata riconosciuta a livello internazionale. Me ne sono occupato a lungo durante i miei anni a Palermo, da pm antimafia.
Sono passati ormai più di trent’anni da quando un magistrato esperto come Giovanni Falcone lanciò l’allarme: “la mafia è entrata in borsa”.
La sua diagnosi si fondava su precise e concrete risultanze investigative. Di tempo ne è passato, il sistema economico è cambiato, visto che siamo nell’epoca della globalizzazione'.

E come è cambiata la malavita, in special modo la mafia?
‘La mafia ha mutato atteggiamento e strategia. Una mafia meno sanguinaria, che ha abbandonato la contrapposizione frontale contro le istituzioni. Inoltre, minore attaccamento alla terra, e perciò, sul versante economico, meno investimenti in terre e palazzi, peraltro più agevolmente individuabili dagli inquirenti. In questo contesto è maturata la nuova fase evolutiva della mafia, entrata da anni in un processo di spiccata finanziarizzazione’.

La mafia in doppiopetto. Il riciclaggio come fenomeno globale.

E questo cambiamento cosa ha comportato?
‘Due conseguenze. In primo luogo, la “delocalizzazione” degli interessi e delle attività criminali della mafia, con una maggiore mobilità e competitività sui mercati illeciti internazionali. Il che, peraltro, è avvenuto in una fase cruciale dell’economia mondiale, quando è in atto un’accelerazione del processo di integrazione delle economie, ove all’interno del processo di globalizzazione dell’economia legale si determina una sempre maggiore interazione fra economia legale ed economia illegale. Con la conseguenza che nell’economia mafiosa ha acquisito sempre maggiore peso il ruolo dei “colletti bianchi”. Quel ceto di professionisti della finanza, di consulenti del riciclaggio, dai quali dipende la buona riuscita del reimpiego del denaro sporco introitato dalla mafia negli anni d’oro della grande accumulazione illecita. Anche questa è una mutazione di Cosa Nostra, sempre meno popolare, meno rurale, e sempre più borghese, più finanziaria.
Con la conseguenza che questo ceto professionale di mafiosi in doppio petto tende a divenire sempre più importante nella scala gerarchica dell’universo criminale. Se la mafia è entrata in borsa vent’anni fa, è certo non solo che non ne è mai uscita, ma che ci è rimasta a lungo e che ha sempre più espanso la sua presenza ed i suoi investimenti nei mercati borsistici’.

E quindi questa trasformazione come coinvolge il fenomeno del riciclaggio?
‘Nasce anche da qui, ovviamente, l’allarme sempre più crescente sulle dimensioni del fenomeno del riciclaggio. Ne consegue l’evoluzione della legislazione e degli strumenti di contrasto del fenomeno, sia quelli preventivi che quelli punitivi.
Occorre rafforzare azioni e strumenti per contrastare il riciclaggio del denaro sporco. Contrastando il riciclaggio si contrasta anche la criminalità organizzata, quella peggiore, quella che gestisce il traffico di droga, come il traffico di armi e di esseri umani. “Segui il denaro”, diceva Giovanni Falcone, perché il denaro lascia traccia, e seguire il denaro diventa il modo migliore per individuare i mafiosi dalla faccia apparentemente pulita’.

In questa lotta come si pone l’Italia?
‘L’Italia è stato uno dei Paesi all’avanguardia nel contrasto al riciclaggio, proprio come strumento per combattere più efficacemente la criminalità organizzata di tipo mafioso, avendo previsto il riciclaggio come delitto autonomo fin dagli anni ’70. Abbiamo un’esperienza di quasi mezzo secolo su questo strumento che negli anni ha subito evoluzioni, integrazioni ed aggiustamenti. Nel contempo, è cresciuta la sensibilità sul tema anche nel resto d’Europa e nel Mondo. Fondamentale la Convenzione ONU sottoscritta a Palermo il 12-15 dicembre 2000 e recentemente aggiornata, nell’ottobre 2018, a Vienna. Una strada certamente lunga ma siamo nella direzione giusta'.

E cosa non funziona ancora?
‘La mia esperienza di operatore giuridico che ha conosciuto diversi punti di osservazione ed esperienza, 25 anni di pm antimafia, poi Capo dell’Unità Investigativa della Commissione ONU contro l’Impunità in Guatemala, ed ora - ormai da diversi anni - avvocato, in Italia e fuori dall’Italia, mi fa dire che non tutto ancora funziona per il verso giusto.
Ho talvolta registrato dei casi clamorosi di ingiustizia, al punto che - parallelamente - non sono pochi i casi in cui - da una parte - criminali conclamati riescono a sfuggire alla giustizia e a godersi le proprie ricchezze illecite; e - dall’altra parte - ci sono onesti imprenditori, funzionari di banca, operatori economici in genere, che magari per ingenuità o superficialità si ritrovano ad avere violato una delle tante prescrizioni anticorruzione e perciò vengono sospettati di riciclaggio, se non addirittura processati, o arrestati pur essendo innocenti.Si tratta, insomma, come sempre di trovare un giusto equilibrio fra gli interessi e i valori contrapposti’.

Che occorre fare per evitare queste problematiche?
‘Vanno potenziate le legislazioni antiriciclaggio ed antiterrorismo, vanno introdotte regole per prevenire fenomeni di riciclaggio coinvolgendo sempre di più nell’opera di controllo gli operatori economici, banche, operatori finanziari, professionisti, che hanno l’obbligo di segnalare le “operazioni sospette” di riciclaggio, vanno responsabilizzati gli organismi collettivi e le persone giuridiche, prevedendo sanzioni a carico delle persone giuridiche che non esercitano i dovuti controlli sugli “individui”, anche con ruoli di vertice, che ne fanno parte. Però, non trasformiamo il diritto penale in quello che gli studiosi tedeschi (il grande Gunter Jakobs, per tutti) chiamano il “diritto penale del nemico”, un diritto penale del sospetto che rischia così di strozzare l’economia finendo per mettere paura e scoraggiare l’operatore economico pulito’.

Che futuro bisogna costruire per combattere il fenomeno del riciclaggio?
‘Il passato è stato un passato di guerra senza quartiere contro ogni forma di criminalità organizzata, il presente è il soddisfacente risultato dell’adeguamento ed armonizzazione delle tecniche legislative e investigative che si vanno globalizzando, il futuro che bisogna costruire è un futuro nel quale il Diritto diventi sinonimo di Giustizia effettiva, la Legge sia chiara, certa ed eguale per tutti, il Cittadino possa avere fiducia nello Stato e nelle sue Autorità e possa sentirsi sicuro perché protetto dallo Stato e non aggredito dallo Stato. L’operatore economico, imprenditore o investitore che sia, deve sapere che se è sporco verrà punito, ma se è onesto verrà premiato e mai sospettato. Così si costruisce la vera autorevolezza di uno Stato’.

Tratto da: affaritaliani.it

Foto © Imagoeconomica