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di Karim El Sadi e Davide de Bari
"I servizi segreti italiani facevano patti con i terroristi di 'Settembre Nero'"

Potere, mafia, terrorismo, sequestri di persona e segreti di Stato. Sono questi i temi di primissimo livello spiegati dettagliatamente dal magistrato Carlo Palermo fra le pagine del suo libro, "La Bestia" (ed. Sperling & Kupfer). Carlo Palermo, già giudice istruttore presso il Tribunale di Trento (prima) e di Trapani (poi), ha raccontato giovedì sera, presso la Libreria Binaria a Torino, quel sistema di terrore ideato dalle grandi potenze mondiali, funzionale alla creazione di un nemico comune da abbattere, in modo da portare a termine, nel mentre, quei reali obiettivi ai quali le grandi nazioni sono realmente interessate. Una "Bestia", appunto, che in pochi sono stati in grado di riconoscere. Carlo Palermo fu uno tra questi e per poco non finì tra le sue fauci una mattina di aprile di quasi 34 anni fa, con un attentato alla sua persona dove invece morirono una madre (Barbara Rizzo) e i suoi due figli (Giuseppe e Salvatore Asta). Ma è solo qualche anno fa, nel 2014, che il magistrato ha capito il perchè di quell'attentato, riuscendo a risalire a quelle ombre proiettate da quel sistema. "Due personaggi che erano presenti negli atti della mia vecchia inchiesta di Trento erano due terroristi palestinesi. Sono due nomi arabi che non hanno interessato nessuno, ma hanno fatto la storia, perchè sono stati presenti in momenti cruciali del percorso del nostro paese". Erano gli stessi "che in origine furono i fondatori dell’organizzazione terroristica "Settembre Nero"" e furono coloro i quali "raggiunsero con le autorità italiane l’accordo chiamato “Lodo moro”.
Ed è proprio da questi due terroristi arabi che Carlo Palermo, oggi avvocato, è riuscito a dare una chiave di lettura alla strage di Pizzolungo e a "ciò che è avvenuto nel '91-’92", compiendo un "salto indietro di altri 20 anni". I fatti di cui ha parlato l'autore del libro risalgono agli anni '70-'74, quando il Mediterraneo venne colpito da organizzazioni terroristiche di matrice araba. Tra queste il magistrato ha ricordato in particolare l'organizzazione palestinese "Settembre Nero", nota per il compimento di determinanti azioni violente caratterizzate da dirottamenti e sequestri di persona che raggiunsero l'apice con la strage delle Olimpiadi di Monaco. "Quel terrorismo lì, in particolare, toccò l’Italia e ci furono dei fatti terroristici che culminarono alla fine del 1973 con la strage di Fiumicino". Un episodio importante "perchè quell’organizzazione palestinese attraverso queste azioni ottenne, da apparati di governi, dei patti purchè non svolgessero altre azioni terroristiche verso altri Paesi". "L’Italia - ha continuato l'autore - è in una posizione chiave del Mediterraneo e fu un Paese particolarmente esposto a questo fenomeno e l’Italia dietro quelle minacce cedette e venne fatto un accordo che poi prese il nome di 'Lodo Moro'". In pratica un "patto tra apparati dei servizi segreti italiani e i terroristi del Settembre Nero che operavano sotto l'ombrello dell'OLP (Organizzazione per la Liberazione della Palestina, ndr)". Un ombrello che, secondo il giudice, serviva "per manovre a livello internazionale". Tramite il "Lodo Moro" i terroristi di "Settembre Nero" "potevano vivere e operare in Italia usufruendo del beneficio dell’impunità e quindi, dal nostro Paese, organizzare quello che volevano; anche attentati purchè non fossero indirizzati contro la popolazione italiana. Potevano comunque prepararli e farli contro quella ebraica". Questo patto, secondo l’ex giudice, ha "segnato la storia d'Italia" di questo parlò anche Aldo Moro, nel periodo in cui fu sequestrato dalle Brigate Rosse. "Fu lui, dalle carceri, a rivelare dalla prima all’ultima lettera che esisteva quest’accordo. Era un accordo in cui venivano dati dei benefici in Italia ai palestinesi che venivano arrestati e conseguentemente, Moro, chiedeva ai nostri governanti che allo stesso modo lui potesse essere scambiato con Brigatisti rossi". "Queste notizie però - ha affermato l'ex magistrato - non potevano essere accolte e accettate dal governo italiano". Ma il "Lodo Moro" non era ben visto dagli Stati Uniti, storici alleati italiani, in quanto entrava in contrasto con la loro politica. Il "Lodo Moro" era, quindi, "un percorso che veniva seguito a livello sotterraneo e non riguardava solamente i terrorismo. Perchè le impunità creano collegamenti e quelli che avrebbero dovuto essere semplicemente dei patti di rilevanza solo in quel settore, si trasformarono in protezioni di attività più complesse, come il traffico di droga e armi". "Sono stati esattamente questi due palestinesi che tra il 2007-2008 hanno rivelato e confermato l’esistenza di quei vecchi patti che ancora oggi sono coperti da segreto di Stato. Non esistono delle ammissioni, ci sono alcuni magistrati che ci si sono imbattuti ma lo stato italiano preferisce non rispondere. Si possono intuire determinate risposte. Nel 2008 solo l’ex presidente Cossiga ne parlò ufficialmente".

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1991-92, si spostano gli equilibri. "Integralismo islamico il nuovo nemico"
Nello stesso anno in cui Cosa nostra fece esplodere l'autobomba per uccidere Carlo Palermo, avvenne un episodio di grande importanza, a dimostrazione del forte legame che univa l'Italia ai paesi arabi, anche in situazione di alta tensione. La crisi di Sigonella, ovvero il momento in cui terroristi palestinesi, autori del dirottamento della nave "Achille Lauro”, dove venne assassinato un cittadino ebreo americano (Leon Klinghoffer), vennero fatti atterrare nell'aeroporto di Sigonella, in Sicilia, dopo interminabili trattative. "L'Italia a Sigonella impedì agli americani di arrestare Abu Abbass (organizzatore del dirottamento della crociera, ndr). Fu il presidente del Consiglio Bettino Craxi il promotore di questa azione di opposizione. Ci fu un plauso da parte della nostra politica e dei nostri cittadini in quanto venne interpretata come azione di sgancio dalla politica italiana da quella degli Stati Uniti". Carlo Palermo ha ricordato altre figure oltre a Bettino Craxi, come Aldo Moro, Giulio Andreotti "che hanno contrassegnato la politica estera", anche in contrasto con quelli che erano i diktat degli Stati Uniti. Tutti uomini che ricoprivano alte cariche politiche "che hanno cercato di disegnare un determinato ruolo dell’Italia in una posizione più sganciata rispetto agli Stati Uniti e tutti e tre sono stati penalizzati in diverso modo". Nel frattempo anche la procura di Palermo con il pool del maxi processo e quella di Milano con "Mani Pulite" stavano mettendo il dito in quel sistema di cui ha parlato Carlo Palermo nel suo libro. E anche loro sono stati sistematicamente fermati. Tutti eventi incentrati in quegli anni, '91-’92, che "sembrano non avere punti di contatto ma in realtà hanno un anello di congiunzione". Tutti avvenimenti seguiti alla caduta del Muro di Berlino. Ovvero lo “stravolgimento degli equilibri su cui si reggeva il mondo", il cambio del nemico comune; "non più il comunismo ma l'integralismo islamico". "Serviva cambiare l’avversario perché l’imperialismo, per essere esercitato e per legittimare se stesso, deve combattere contro qualcuno" ha spiegato Palermo. Da qui si arriva dunque al 16 gennaio 1991, con la prima invasione americana in Irak, paese con il quale l'Italia aveva stretto negli anni buoni rapporti politici e economici. "L'Italia si trovò ad avallare l'azione autorizzata d'intervento contro l'Irak, andando contro i suoi interessi, ma si trovò a combattere contro un Paese che aveva fornito di armi. Saddam Hussein era stato armato dall’Italia ed era alleato dei libici e dei palestinesi". Inoltre, ha ricordato Carlo Palermo, "in quegli anni vennero uccisi a Tunisi due arabi garanti del 'Lodo Moro'". "In sostanza - ha spiegato l'ex magistrato - viene data una lezione e un taglio agli accordi fatti dall’Italia a livello segreto, a questi due si aggiunge il giorno dopo l’arresto di un loro sodale a Roma. Da allora, fino ad oggi, di questo arresto non si è sentita notizia. Non è stato detto che gli americani, per ottenere l’estradizione di questa persona, da Bush alla CIA sono intervenuti sui nostri politici, perché a loro serviva questo arabo per mostrare ai loro cittadini chi era il loro nemico, l'integralismo. Per il quale era stata avviata l'invasione".

Riciclaggio di denaro: l'asse Svizzera-New York
Durante il suo intervento Carlo Palermo ha parlato di un giro di affari che riguardava un asse tra Svizzera e New York. Le procure Siciliane e quella di Milano avevano messo il naso su questa tratta illecita dedita al riciclaggio di ingenti somme di denaro che riguardava la Svizzera, “un Paese specializzato nell'attività di riciclaggio". Indagini, quelle delle procure italiane, che "convergevano sulle stesse banche”. "Alla fine del 91 i magistrati delle procure siciliane e milanesi individuano esattamente dei conti attraverso i quali i proventi di queste operazioni, che avvenivano al nord e nel nostro paese, venivano spostati dalla Svizzera negli Stati Uniti in un conto" ha affermato Carlo Palermo. L'autore del libro ha ricordato in particolare, un personaggio di cui non ha fatto nome che aveva un ruolo chiave in questo business ."Chi ha eseguito materialmente queste operazioni non ha parlato davanti ai magistrati e ha preferito farsi 18 anni di reclusione, perchè quando venne arrestato gli venne detto di non parlare perché altrimenti sarebbe stato ucciso". "Quando è uscito di prigione - ha continuato l'ex giudice - mi ha cercato perchè ha letto alcune cose che ho scitto negli anni ’90 e si è messo in contatto con me per raccontarmi quello che non ha mai raccontato alla magistratura. Questo uomo era colui che eseguiva le operazioni di riciclaggio dalla Svizzera e New York dove aveva un avvocato che svolgeva delle attività di vigilanza e trasparenza sulla borsa di Wall Street. Quindi questa indagine dei magistrati palermitani, che proveniva dalle ricostruzioni del commercio planetario della droga, era il livello massimo in cui la magistraura d’Italia era arrivata, senza sapere fin dove erano arrivati in questa ricostruzione". I nomi ai quali sono giunti questi giudici, ha poi ricordato Carlo Palermo, "sono stati protetti e non hanno avuto più seguito le indagini, ciò è avvenuto alla fine del 1991".
"Agli stessi conti arriveranno nel 1992 i magistrati delle indagini "Mani Pulite" perché quei conti che portano lo stesso nome conducono allo stesso luogo, la Borsa di New York, quindi i soldi che arrivano dai traffici di droga si mescolano a quelli della politica". Una situazione, questa, dove il magistrato ad un certo punto si è "accorto che erano delle cose che avevo già visto”. "Come un cerchio e una circonferenza" che compie un ciclo e cambia gli scenari ma poi torna a nomi di personaggi che "erano già comparsi anni prima nel caso Moro". "Allora forse c’è un’altra storia - ha detto il magistrato - una regia esterna che ci è stata nascosta che non è venuta fuori nel '91. I nomi del livello superiore sono rimasti al di sopra delle indagini. Evidentemente è accaduto qualcosa, doveva essere cancellato ciò che era accaduto negli ultimi 25 anni. Perché - ha spiegato Palermo - se fosse uscita la storia sarebbero uscite le responsabilità che la regia esterna aveva dall’epoca passata a quel momento. Questo è stato il gioco nel 1991 ed è questo il motivo per il quale, nella ricostruzione che faccio, sono state bloccate le indagini. Bisognava illuminare un faro per cancellare l’altro e quindi quello che è avvenuto in Sicilia è servito per non far vedere ciò che si sarebbe dovuto vedere se le indagini fossero proseguite. Sono passati gli anni; è stata cancellata la Prima Repubblica; ci sono stati i cambiamenti e nel frattempo è cambiato l'avversario (l'integralismo islamico). Questa è la realtà della nostra storia - ha sentenziato Carlo Palermo - andiamo avanti con segreti che ci trasciniamo ancora dietro".

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Il nuovo processo sulla strage di Pizzolungo
In conclusione Carlo Palermo ha parlato del nuovo processo sulla strage di Pizzolungo del quale l'autore del libro ha confessato di "non aspettarsi granchè". Perchè "l’indagine sulla strage di Pizzolungo ha sempre avuto un trattamento un po' particolare rispetto alle altre stragi in quanto io sono sopravvissuto... perchè entra in gioco ciò che un sopravvissuto può dire", ha affermato il magistrato. Carlo Palermo ha poi parlato delle indagini che dovrebbero portare ai veri mandati degli omicidi di mafia. "Purtroppo nelle indagini svolte dalla magistratura esistono delle limitazioni che fanno sì che riesce molto più semplice cercare le dichiarazioni di qualche collaboratore di giustizia per ricostruire quella che si immagina possa essere la realtà. Ma questo sistema - secondo il giudice - non arriva fino in fondo". L'ex magistrato ha parlato di una "fruizione dei collaboratori di giustizia, cioè si crede di raggiungere una verità ma sfortunatamente si riesce ad accedere solo al livello più basso (di essa, ndr), quello conosciuto dai collaboratori di giustizia e non quello più elevato, che riguarda i livelli più elevati della criminalità, con le intersecazioni in altri settori con i servizi segreti, riciclaggio, massoneria. Questi settori - ha affermato- rimangono ai margini delle indagini". Tornando sulle indagini del nuovo processo sulla strage di Pizzolungo "ci sono delle dichiarazioni di una collaboratrice di giustizia che è figlia di un grosso personaggio che indubbiamente ha chiamato in causa un imputato di primo piano che è Vincenzo Galatolo. Però - ha precisato Carlo Palermo - teniamo presente che è un personaggio che appartiene a un determinato livello esecutivo anche se è tra i personaggi di Cosa Nostra siciliana e quella americana, però è sempre appartenente a un livello basso ed è difficile che vengano fuori i collegamenti più elevati. Queste purtroppo sono le difficoltà nei processi".

I segreti di Stato e le speranze di giustizia e verità
"Le mie speranze oggi sono che non si creda solamente che sono solo i giudici a risolvere i problemi di interpretazione della storia - ha proseguito Palermo - I magistrati hanno dei limiti e davanti a certi fenomeni criminali della storia hanno le mani legate". Successivamente ha parlato delle stragi e dei segreti che ancora non sono stati rivelati a partire dalla strage di Portella della Ginestra, del primo maggio 1947, "quando non era entrata ancora in vigore la nostra Carta Costituzionale". "Ci possono essere dei bossoli - ha affermato il giudice di Avellino - perchè dai bossoli si potrebbe capire che non erano quelli della banda di Giuliano ma erano i bossoli o dei carabinieri italiani o degli americani e questo farebbe leggere la storia della nostra Repubblica in modo diverso". Nella storia d'Italia "c'è una montagna di segreti, cambiano i politici ci si può illudere che vengano svolte delle attività di pulizia, che senza dubbio lo svecchiamento avviene ma gli apparati rimangono sempre gli stessi. Questa è la realtà sia nel nostro Paese che all'estero". "Si dice che la storia si inizi a scriverla solo dopo 30 anni - ha detto emozionandosi Carlo Palermo - ma io aspetto da ancora di più".

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