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L'ex boss catanese: "A Enna, nel 1991, la riunione per decidere le stragi"

"Verso la fine del 1991 Riina, in una riunione ad Enna dettò la linea e le direttive per le stragi. La chiamavano Commissione regionale con tutti i capi delle Province della Sicilia. Da quello che mi disse mio zio, Giuseppe Pulvirenti detto il Malpassotu, personalmente c'era Nitto Santapaola ed altri esponenti della mafia. Vennero decise tutte le strategie da intraprendere da lì a poco". E' il collaboratore di giustizia catanese Filippo Malvagna a deporre al processo in corso davanti alla Corte d'Assise di Caltanissetta, presieduta da Roberta Serio, che vede come imputato il superlatitante trapanese Matteo Messina Denaro. La primula rossa, già condannato per gli attentati del 1993, viene accusato di essere il mandante anche per quelle del 1992 che hanno portato alla morte Giovanni Falcone e Paolo Borsellino.

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Da sinistra: Giovanni Falcone, Paolo Borsellino e Antonino Caponnetto


Le minacce con la sigla "Falange Armata"
Malvagna, rispondendo alle domande del procuratore aggiunto Gabriele Paci, ha dunque parlato della nota riunione avvenuta ad Enna. "Mio zio mi disse che Riina era molto arrabbiato. E' in quell'occasione che disse la famosa frase 'si deve fare prima la guerra per poi fare la pace'. L'argomento era il fatto che le aspettative che erano state poste in essere sull'esito del maxi processo erano venute meno. In quella riunione si doveva trovare una soluzione e reagire a quell'attacco che Cosa nostra stava subendo mettendo in atto delle ripercussioni nei confronti delle istituzioni e della popolazione civile. Si dovevano fare delle minacce telefoniche, degli atti dimostrativi e questi dovevano essere tutti rivendicati con una sigla particolare che non avevo mai sentito prima: una certa Falange Armata". In particolare Malvagna ha ricordato alcune azioni che furono poste in essere dai catanesi: "Anche Santapaola espresse qualche perplessità ma tutti aderirono. Si dovevano creare dei gruppi di persone, possibilmente incensurate, per acquisire informazioni e dati su personaggi delle istituzioni, della politica e dell'imprenditoria e mettere in atto delle minacce intimidatorie o veri attentati per creare un ambiente di terrore. Ad esempio ricordo le minacce all'allora sindaco di Misterbianco (Antonino Di Guardo, ndr) che era un sindaco che attaccava sempre le nostre organizzazioni. Così incaricai alcuni componenti di fare delle telefonate di minaccia e di rivendicarle con la cosiddetta Falange Armata. E so che anche a Catania hanno fatto lo stesso".

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Il boss superlatitante, Matteo Messina Denaro


I catanesi e quel processo aggiustato con la massoneria
Malvagna ha anche ricordato che, dopo la strage di via d'Amelio, da Palermo fu detto "che bisognava stare fermi, e di non porre in atto omicidi o atti cruenti se non strettamente necessario. Io capii che c'era qualcosa in atto che aveva determinato questa situazione". Il pm non ha fatto ulteriori domande ma i verbali di precedenti processi sono stati acquisiti agli atti del processo. Ugualmente il collaboratore di giustizia, che ha detto di non aver mai conosciuto Matteo Messina Denaro, ha riferito dell'aggiustamento di un processo contro Santapaola e Mangion, per l'omicidio del sindaco di Castelvetrano. "Ricordo che loro furono indagati, perché fermati subito dopo l'omicidio. Però Santapaola non era preoccupato. Io so che per aggiustare questa cosa erano intervenuti esponenti di alto livello e mi fu detto che erano intervenuti esponenti della massoneria in contatto con i servizi segreti. Però chi sono queste persone non lo so".

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Benedetto "Nitto" Santapaola


La deposizione di Grazioso
Successivamente è stato ascoltato come testimone Giuseppe Grazioso che ha ugualmente riferito della riunione di Enna. "Io non partecipai ma ricordo che ci fu questa riunione per discutere dell'organizzazione mafiosa in Sicilia. Era di livello regionale e c'erano quasi tutti. Me lo disse mio suocero (il Malpassotu). C'era sicuro Benedetto Santapaola ma anche altri". Anche Grazioso ha confermato che fu stabilita la strategia delle stragi anche se non c'era una condivisione totale del piano: "Noi non eravamo tanto d'accordo perché a Catania non c'era l'usanza di commettere cose eclatanti ma non si potevano opporre alle cose dei palermitani. Noi, il gruppo Santapaola-Pulvirenti, eravamo amici con i corleonesi". Rispondendo ad una domanda del Pm Paci se per aggiustare i processi vi fossero canali e conoscenze con appartenenti alle logge massoniche o ai servizi di sicurezza ha dichiarato: "Per quanto riguarda l'esistenza di contatto con le cose massoniche so che qualche conoscenza c'era, perché l'ho sentito dire senza scendere sui nomi precisi. Sui servizi non lo so. Io una volta mi sono incontrato con persone inerenti i servizi ma ora non mi ricordo bene. La finalità di questo incontro? Loro chiedevano la consegna di mio suocero con l'accordo di sistemare i processi. Poi non si è fatto nulla perché mio suocero non accettò le condizioni di questa cosa qua".
Il processo è stato rinviato al 14 febbraio quando sarà sentito come teste l’ex funzionario di polizia, Gioacchino Genchi.

Foto di copertina: il tribunale di Caltanissetta

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